Primo obiettivo, completare l’unione bancaria per prevenire e gestire situazioni di dissesto. Secondo, approvare una tabella di marcia per il rafforzamento dell’unione monetaria. Anche attraverso la riforma del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, che diventerà il principale strumento per prevenire le crisi temporanee di liquidità degli Stati. Il Mes infatti si prevede fornirà fino a 60 miliardi di euro al Fondo di Risoluzione Unico per le banche e forse potrà ricapitalizzare direttamente gli istituti. A maggio, i ministri del Tesoro dei Paesi europei hanno trovato un punto di incontro proprio su questo. Alcuni di questi, però, chiedono il coinvolgimento preventivo dei parlamenti nazionali in caso ve ne sia necessità.
Completare l’Unione bancaria priorità per Ue
Secondo Elke Koenig, presidente del comitato di Risoluzione Unico, “è ora di arrivare alle conclusioni”. Intervenuta oggi a Milano per un convegno dell’Efma, l’European Financial Management Association, la presidente ha indicato le prossime elezioni europee come termine ultimo per completare il lavoro sull’Unione bancaria. “Siamo partiti bene ma abbiamo perso ritmo, e ora servirebbe un altro sprint per arrivare alla fine. Spero la vedremo il prima possibile”. Sono infatti passati quasi due anni dall’avanzamento delle proposte da parte della Commissione. La Koenig sottolinea poi l’importanza dell’introduzione di una salvaguardia dei depositi in una cornice internazionale, “senza la quale non avremo mai una vera Unione. Penso che una risposta più chiara ci sarà dopo il summit di domani”.
A luglio poi “partirà un confronto tra parlamento, commissione e consiglio Ue sul pacchetto bancario: mi auspico che queste discussioni siano concluse sotto la presidenza austriaca e votate prima che si torni alle elezioni al Parlamento europeo”. Quindi prima di maggio 2019. “Penso che tutti siano consapevoli del fatto che dobbiamo arrivare a una conclusione nell’interesse dell’industria e di tutti“. E’ bene, secondo Elke Koenig accelerare le trattative perché una volta implementata la normativa “le direttive dovranno comunque essere trasposte negli ordinamenti nazionali, e come minimo ci vorranno altri 18 mesi”. Con la spada di Damocle della fine del quantitative easing a pendere sulle teste degli Stati.
Effetto domino scongiurato
Se i lavori sull’Unione procedono a rilento, però, i meccanismi che impediscono a una banca in fallimento di contagiare le altre, sembrano essere ormai debellati. “Possiamo essere fiduciosi del fatto che il fallimento di una banca non dovrebbe causare un effetto domino sulle altre. La legislazione messa in atto ha effetti positivi sull’economia a livelli di sicurezza“, precisa la Koenig.
Tempo di fusioni
I tempi sono quindi propizi “per un nuovo round di fusioni bancarie in Italia”, secondo Giorgio Gobbi, capo del servizio Stabilità finanziaria della Banca d’Italia. “Siamo in una situazione in cui abbiamo oggettivamente gli strumenti per affrontare le crisi delle banche più grandi. Per le più piccole è più difficile affrontarle ma è un problema che dovremo affrontare a livello di norme con l’introduzione di nuovi strumenti”. Ma nel frattempo, prosegue Gobbi a margine del convegno annuale Efma, “le aggregazioni sono necessarie perché sta cambiando il mondo, cambia la tecnologia, perché ci sono economie di scala che in passato non c’erano. C’è bisogno di aumentare l’efficienza, i ricavi e quindi se le aggregazioni portano maggiore efficienza e consentono di ridurre i costi e avere gestioni, di aumentare il reddito delle banche, che poi serve per la capitalizzazione e non per i profitti, ben vengano le aggregazioni”.
Nodo migranti
Nelle stesse ore proprio dall’Italia arriva uno stop. Il premier Giuseppe Conte ha infatti bloccato le conclusioni della prima parte del vertice, spiegando che l’Italia darà un voto sull’intero documento, compresa la parte relativa al problema migranti, ancora in discussione. In mancanza di un accordo su questo fondamentale punto, il premier si dice pronto a porre il proprio veto.