Nella sua versione definitiva la tassa sugli extra profitti diventa “sostituibile” con un rafforzamento del capitale: per Mediobanca questa sarà la scelta più battuta
Per gli stessi consigli d’amministrazione pagare l’imposta anziché rafforzare il capitale potrebbe essere una giudicata una scelta lesiva degli interessi degli azionisti, che potrebbero decidere di sfidare legalmente tale decisione
La tassa sugli extraprofitti bancari, pur nella sua versione emendata, ha ottenuto l’ultimo via libera dal parlamento ed è pronta a entrare in vigore.
Il decreto asset, approvato il 4 ottobre alla Camera, ha chiuso l’iter del provvedimento finito nel mirino degli esponenti del settore bancario e della stessa Banca centrale europea. Nella sua versione definitiva, l’imposta straordinaria sugli extra profitti metterà le amministrazioni delle banche di fronte a un bivio: o pagare l’imposta allo Stato o rafforzare il patrimonio per un ammontare pari a 2,5 volte di quello che sarebbe l’importo.
Dal momento che la tassa viene calcolata in proporzione variabile, a seconda dell’andamento dei profitti, e offre un’alternativa al suo effettivo pagamento, non è stato possibile per la Ragioneria di Stato fare una previsione di quello che sarà il suo gettito. Ma non è tutto.
Per gli stessi consigli d’amministrazione pagare l’imposta anziché rafforzare il capitale potrebbe essere una giudicata una scelta lesiva degli interessi degli azionisti, che potrebbero decidere di sfidare legalmente tale decisione.
Pochi incentivi a pagare effettivamente la tassa
Secondo una nota di Mediobanca del 4 ottobre, le banche dovrebbero essere in grado di evitare il pagamento della tassa prevista dal governo, essendo in grado di “accumulare riserve sufficienti per evitare l’imposta” e “allo stesso tempo mettere in pratica i loro piani sulla distribuzione dei dividendi”.
Mentre Mps è per ora l’unica banca ad aver fatto capire che opterà per il rafforzamento di capitale, Mediobanca afferma che si potrebbe “ipotizzare un potenziale rischio legale per le banche che decideranno per il pagamento dell’imposta, pur avendo la possibilità di non pagarla”. Possibilità che si apre nel momento in cui i profitti sono tali da consentire un rafforzamento di capitale pari a 2,5 volte il costo dell’imposta.
Con queste premesse, l’idea che l’imposta straordinaria sulle banche possa aiutare il governo a far tornare i conti appare sempre più lontana, visto che, nella sua formulazione definitiva, l’imposta avrà “un gettito fiscale dalla tassa sulle banche inferiore a quello inizialmente previsto”, ha previsto Mediobanca. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aveva dichiarato di attendersi fino a 3 miliardi di gettito dall’imposta straordinaria.
L’imposta sugli extra profitti, come funziona
Nella sua versione approvata dal parlamento, la tassa sugli extraprofitti preleverà un’aliquota pari al 40% della differenza osservata nel margine di interesse fra il 2021 e il 2023 per la parte eccedente il 10%. La somma dovuta non potrà superare lo 0,26% delle attività ponderate per il rischio. In alternativa, le banche potranno incrementare il proprio capitale per un importo pari a 2,5 volte la tassa. Tali riserve non potranno essere distribuite sotto forma di dividendi, se non pagando l’imposta prevista in origine, maggiorata per il tasso d’interesse sui depositi della Bce.
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