Misurare l’impatto della cultura, e più nello specifico delle imprese culturali e creative, è un’attività complessa, che deve necessariamente considerare non soltanto l’impatto che queste imprese hanno da un punto di vista economico ed occupazionale, ma anche e forse soprattutto il valore aggiunto che queste imprese possono creare in termini di contributo ad altri settori dell’economia, grazie all’apporto della creatività che caratterizza, nel nostro paese, il Made in Italy.
Questo è lo sfidante obiettivo che si pone il rapporto “Io sono Cultura” di Fondazione Symbola, UnionCamere, Centro Studi Tagliacarne e Deloitte, redatto in collaborazione con l’Istituto Credito Sportivo e Culturale, Fondazione Fitzcarraldo e Fornasetti. Giunto alla sua XIV edizione, il Rapporto, presentato nella sua ultima release a Roma il 19 settembre del 2024, evidenzia l’impatto della cultura e della creatività, riaffermando il ruolo strategico che il settore può avere nella ripresa e sviluppo economico e sociale del Paese.
L’impatto della cultura: il rapporto di Fondazione Symbola
L’impatto delle industrie culturali e creative è sicuramente un argomento fondamentale per tutti i paesi ma, specialmente in Italia, la cultura e la bellezza sono tratti identitari radicati nella società e, in quanto tali, possono essere la chiave per dare nuova linfa allo sviluppo economico e sociale. Se l’importanza della cultura e il suo ruolo centrale sono quindi ormai riconosciuti, spesso le analisi disponibili mancano di riscontri tangibili, il che potrebbe indurre a sottovalutare il suo reale impatto.
Al contrario, il rapporto “Io sono Cultura” mette in luce quanto la creatività sia una componente vitale dell’economia e della società: il settore culturale e creativo è una vera e propria filiera in cui operano soggetti privati, pubblici e del terzo settore per un totale di più di 280 mila imprese, tra cui più di 30 mila sono non-profit. Nel 2023 il sistema produttivo culturale e creativo italiano ha registrato una crescita significativa, con un valore aggiunto di 104,3 miliardi di euro (+ 5% rispetto al 2022), mentre gli occupati nel settore sono oltre 1,5 milioni, il 3,2% in più rispetto al 2022.
I dati degli ultimi anni dimostrano che questo settore, oltre a essere un generatore significativo di occupazione e a contribuire notevolmente al PIL italiano, è particolarmente rilevante in quanto motore di attivazione economica di altri settori, dal più immediato turismo, alla manifattura creative-driven ossia quella industria che ha incorporato competenze creative nei processi produttivi, traducendo la bellezza in oggetti.
L’effetto economico della cultura e della creatività non si limita quindi alla ricchezza creata dalle attività che ne fanno propriamente parte e per capirne la vera influenza bisogna considerare che per ogni euro di valore aggiunto prodotto dalle attività culturali e creative se ne attivano 1,8 in altri settori economici, raggiungendo in totale un impatto economico diretto e indiretto di 296,9 miliardi di euro. Questi dati si rivelano particolarmente sorprendenti se confrontati con la spesa pubblica culturale annua: l’Italia destina al settore solo l’0,8% del PIL (percentuale pressoché invariata dal 2016 al 2022), sensibilmente al di sotto della media europea dello 1,1%.
Come misurare la cultura e il suo impatto economico
L’effetto moltiplicatore della cultura appena citato è sicuramente sorprendente ma bisogna considerare come questo settore al contempo incida su molteplici altri aspetti di eguale importanza, quali competenze, diversità e inclusione. Come ha sottolineato Valeria Brambilla, AD di Deloitte & Touche SpA, oggi abbiamo a disposizione nuovi strumenti di misurazione che ci permettono di valutare in maniera più completa il contributo della cultura allo sviluppo sostenibile, come viene suggerito dall’UNESCO in riferimento all’Agenda 2030 dell’ONU. Questo permette di governare e valorizzare al massimo i molteplici benefici che la cultura genera, ottimizzando così l’allocazione delle risorse private, pubbliche e del Terzo Settore. Secondo l’Agenda 2030, la cultura deve essere riconosciuta come vero e proprio promotore di sviluppo sostenibile ed in quest’ottica risulta vitale supportare adeguatamente questo settore per favorirne una crescita continua.
D’altro canto, il settore culturale e creativo dovrebbe impegnarsi sempre di più a rendicontare i diversi tipi di impatto che esso genera, non solo economici ma anche sociali e di governance (ESG). Maggiore trasparenza in merito agli impatti generati permette di coinvolgere adeguatamente gli stakeholder, dimostrare il valore della propria attività e garantire una gestione responsabile delle risorse. Tali aspetti risultano particolarmente importanti in un settore dove molte organizzazioni sono pubbliche e ricevono sussidi statali in virtù del loro contributo al benessere generale.
Anche secondo Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, cultura e creatività possono giocare un ruolo cruciale nell’affrontare nuove sfide globali, inclusa quella del cambiamento climatico. L’Italia con i suoi 296,9 miliardi di valore aggiunto legati al settore cultura, sembra avere tutti i requisiti necessari per essere un protagonista del nuovo ‘Bauhaus’, iniziativa voluta dalla Commissione Europea per rinsaldare i legami tra cultura e creatività e i mondi della produzione, della scienza e della tecnologia orientandoli verso la transizione ecologica indicata dal Next Generation EU. Possiamo solo auspicare che queste ricerche possano contribuire a un più integrato modello di gestione della cultura, a favore di tutti gli stakeholder.