Dopo un 2022 “brillante”, il private debt italiano ha tirato il freno: nella prima metà del 2023 è calata la raccolta e ci sono state molte meno operazioni di investimento. L’aumento del costo del denaro ha reso più costoso indebitarsi, con ripercussioni anche sul mercato del private debt, il cui tasso medio a livello europeo supera saldamente il 7% secondo i dati raccolti da Deloitte. In queste condizioni la domanda di credito privato da parte delle imprese si è raffreddata e, in attesa di una futura diminuzione dei tassi: per ora, le aziende preferiscono dare fondo alla propria liquidità.
Nel primo semestre dell’anno il private debt italiano ha raccolto 316 milioni di euro, contro i 410 milioni dell’anno precedente (-22,9%) e i 578 milioni del secondo semestre 2022 (-45,3%). Il numero delle operazioni si è ridotto a 68, contro le 137 dell’anno precedente – una contrazione cui si è affiancata una maggiore dimensione dei singoli investimenti, per un totale di 1.328 milioni di euro investiti (-7%). I 66 rimborsi registrati nel semestre hanno avuto un valore di 127 milioni di euro, in aumento del 10% rispetto ai 116 milioni della prima metà del 2022. Sono questi i dati principali messi in luce nell’ultimo rapporto sul private debt realizzato dall’Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt (Aifi).
Uno scenario meno favorevole rispetto all’anno scorso
“Ci aspettavamo un risultato del genere”, ha dichiarato il presidente di Aifi, Innocenzo Cipolletta, ricordando il difficile quadro economico per le operazioni dei mercati privati. “I rialzi dei tassi a raffica e la loro permanenza su livelli elevati ha generato titubanze da parte delle imprese nel procedere ai processi di investimento”, ha aggiunto il presidente, “nel private debt il costo del denaro ha un’importanza significativa” e “molte imprese hanno una situazione di liquidità relativamente abbondante”. Il successo del private debt osservato nel 2022, infatti, è anche figlio di tassi di riferimento che rendevano “relativamente più conveniente indebitarsi”.
Secondo Andrea Azzolini, director di Deloitte debt advisory, è improbabile che la seconda metà dell’anno possa mostrare un’inversione di questa tendenza, con un andamento della raccolta che si prevede ancora asfittico per il private debt. A influenzare queste attese è la persistenza dei tassi d’interesse su livelli elevati e un possibile aumento del tasso d’insolvenza delle imprese, dovuto rallentamento economico. Secondo Cipolletta, comunque, l’andamento dei default resterà comunque controllabile – tenuto conto anche delle garanzie pubbliche sui prestiti.
Il (grosso) peso degli attori pubblici
Il private debt italiano resta un mercato dominato da attori istituzionali, con un “minimo” apporto degli investitori individuali e dei family office (che dal 2019 hanno investito complessivamente 250 milioni). In particolare, il settore pubblico (con il decisivo apporto della Cassa depositi e prestiti), ha rappresentato il 63% della raccolta del private debt nel primo semestre, seguito da banche (12%), fondi pensione e casse di previdenza (10%) e assicurazioni (7%).
Cdp è il primo investitore italiano nei fondi di credito, ha ricordato Andrea Nuzzi, head of corporate and financial institution di Cassa depositi e prestiti, le delibere di credito generano un effetto di attrazione tale per cui per ogni euro investito da Cdp si arriva a 4,5 euro di raccolta complessiva.
LE OPPORTUNITÀ PER TE.
Con tassi previsti alti a lungo, come conviene investire?
Il metaverso rappresenta un’opportunità di investimento: come fare?
Gli advisor selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi.
TROVA IL TUO ADVISOR
Private debt, gli obiettivi delle operazioni
La metà delle operazioni di private debt effettuate nel primo semestre sono state finanziamenti, il 47% sottoscrizioni di obbligazioni e il restante 3% strumenti ibridi. Il 55% dell’ammontare investito ha riguardato operazioni per la realizzazione di buy out, per un controvalore di 705 milioni, in calo del 29% rispetto al primo semestre 2022. Seguono per rilevanza le operazioni con obiettivo lo sviluppo delle società, che hanno attratto 505 milioni, pari al 39% del mercato e in un aumento del 51%. Il restante 6% è stato destinato al rifinanziamento del debito. In media un’operazione di private debt ha una durata poco inferiore ai sei anni, in continuità con i dati del passato, ma si osserva una crescita media dei tassi d’interesse applicati. A livello italiano, Aifi non ha potuto raccogliere dati sufficienti per fornire un’indicazione numerica.
!function(){“use strict”;window.addEventListener(“message”,(function(a){if(void 0!==a.data[“datawrapper-height”]){var e=document.querySelectorAll(“iframe”);for(var t in a.data[“datawrapper-height”])for(var r=0;r<e.length;r++)if(e[r].contentWindow===a.source){var i=a.data["datawrapper-height"][t]+"px";e[r].style.height=i}}}))}();