- Una ricerca commissionata da Bper a Ipsos rivela che solo un cliente su tre tratta di queste tematiche apertamente con il proprio private banker
- Rossi (Mps): “Con Prometeia abbiamo rilasciato una piattaforma che si collega a quella tradizionale di consulenza e abilita un’analisi delle esigenze di protezione dei clienti”
Da un lato c’è il concetto dell’autoassicurazione, quel metodo di gestione alternativa del rischio che consiste nell’accantonare somme di denaro in vista di eventuali perdite future. Una tendenza radicata tra i clienti private, racconta Fabrizio Greco, chief private e wealth management di Bper e ceo di Banca Cesare Ponti intervenuto in occasione della conferenza organizzata da Aipb e Prometeia. Dall’altro lato, i consulenti finanziari mostrano una certa ritrosia a trattare di polizze con i loro clienti. “Lavorano in una logica totalmente reattiva”, dice Greco: fondamentalmente, aspettano che si verifichi un evento che inneschi il dialogo col cliente. Ma cosa li frena?
Perché i consulenti non parlano di polizze
“I nostri banker sono italiani, sono scaramantici, hanno la moneta precauzionale per le proprie famiglie e loro stessi non si assicurano. Hanno tendenzialmente una cultura dell’asset management, quindi parlano di mercati finanziari, duration, volatilità, difficilmente di assicurazioni”, interviene Carlo Giausa, vice dg wealth management, advisory & solutions di Mediobanca Premier. Ma c’è anche un altro tema da considerare, secondo Francesco Rossi, responsabile private banking di Banca Monte dei Paschi di Siena. I banker, sostiene Rossi, sono abituati a restare nella loro zona di comfort: vanno dal cliente, osservano il portafoglio e i risultati, vendono al cliente quei risultati. Non riescono a passare da una situazione di positività a una situazione in cui devono suscitare l’esigenza di protezione. In più, aggiunge Rossi, non sono stimolati sul fronte economico. Un aspetto menzionato anche da Greco. “I nostri banker, grazie alla componente finanziaria dell’offerta, portano a casa ricavi – non per loro ma per gli intermediari – fino ai due milioni di euro e quindi non possono essere interessati a parlare di premi assicurativi da 5-7mila euro”, ricorda infatti il manager di Bper.
Polizze: le strategie di Mps, Bper e Mediobanca
La chiave di ingaggio dei banker, secondo Greco, deve essere un’altra: spiegare loro che, in questo modo, libererebbero risorse per investire l’immensa mole di liquidità che giace al momento sui conti correnti dei clienti in attesa del “non si sa mai”. C’è poi anche il tema della formazione da considerare, necessaria per le reti al tavolo, ma non abbastanza. “Abbiamo fatto valanghe di corsi con i consulenti, ma è servito a poco. Abbiamo insegnato loro a far nascere quei bisogni, sfruttando il rapporto di fiducia con i clienti, ma anche questo ha restituito scarsi risultati”, sostiene Rossi. “Perciò, dal mio punto di vista la soluzione è soltanto una: automatizzare i processi. Ed è la direzione verso cui sta andando Mps. Con Prometeia abbiamo rilasciato infatti una piattaforma che si collega a quella principale di consulenza e che consente di fare un’analisi delle esigenze di protezione dei clienti. Se lasciamo l’iniziativa ai banker, non andiamo da nessuna parte”, prosegue il banchiere.
Dello stesso avviso Giausa, che raccomanda più investimenti non solo in risorse umane ma anche in risorse tecnologiche. “Le competenze dei banker possono crescere fino a un certo punto. La tecnologia aiuta. Se sono abituati alla loro suite di consulenza finanziaria, occorre fornire loro strumenti che facilitino quel cambio culturale di cui abbiamo bisogno come industria”, afferma. In questa direzione, secondo Greco, sarebbe necessaria la costruzione di una tassonomia dei rischi da assicurare sufficientemente facile da utilizzare. “I banker devono fare i conti con una marea di termini tecnici molto complessi. Avere una tassonomia che consente di categorizzare i rischi e capire quali sono le aree già coperte e quali no, sarebbe una buona base di partenza. Se poi il tool fosse integrato con la piattaforma di investimento, sarebbe l’ideale”.
Articolo tratto dal n° di ottobre di We Wealth.
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