Il primo Speedmaster
Bisogna tornare indietro di una dozzina d’anni rispetto all’allunaggio dell’Apollo 11, tornare sulla terra, e fare visita a una cittadina del Canton Berna, Svizzera. Era il 1957 quando gli orologiai di Bienna diedero alla luce l’ultimo segnatempo della trinità Omega: affianco all’Omega Seamaster 300 (CK2913) – segnatempo di immersione – e all’Omega Railmaster (CK2914) – segnatempo antimagnetico per ingegneri – fa la sua comparsa lo Speedmaster (CK2915). Speed, ne indica la specificità. Master, la destinazione professionale. Ispirato agli orologi integrati nei cruscotti delle macchine sportive italiane dei tardi anni ’50, lo Speedmaster era concepito per catturare la velocità. Era il primo cronografo ad avere il tachimetro sulla lunetta, anziché sul quadrante. Quest’ultimo nero, con larghe lancette a punta denominate “Broad Arrow”, posato su una cassa in acciaio da 38mm.
Gli 11 test della Nasa
L’avventura dell’Omega nello spazio non può che non iniziare a Houston, Stati Uniti. Erano i primi anni sessanta quando due funzionari della Nasa in incognito visitarono diverse gioiellerie della capitale del Texas, fra cui Corrigan’s, all’epoca principale punto vendita di orologi e gioielli della città. Cercavano orologi la cui precisione era tale da sopperire ad eventuali guasti delle navicelle in orbita. Ne identificarono diversi. Tre passarono allo step successivo: Longines Wittnauer (calibro 13 ZN), Rolex Daytona (calibroValjoux 72) e Omega Speedmaster (calibro 321). Per diventare l’orologio ufficiale della Nasa – lo Speedmaster era già andato in orbita nel 1962 con Walter Schirra – era necessario superare 11 test: sopportare basse e alte temperature (sotto i 18 gradi per 4 ore e sopra i 71 per 48 ore), reggere decompressione e sovrappressione, un’umidità relativa pari almeno al 95%, un’atmosfera satura di ossigeno, avere una buona resilienza gli urti. Il Rolex fallì le prove di umidità e pressione, il cristallo del Longines si deformò nel corso della prova ad alta pressione, mentre lo Speedmaster superò tutti i test.
Cosa si può fare in 14 secondi?
“Houston, abbiamo un problema”. Aprile 1970, Luna. L’orologio forse più famoso della storia deve la sua fama non solo all’Apollo 11. Due versioni e due missioni lunari successive, lo Speedmaster salvò letteralmente la vita dell’equipaggio dell’Apollo 13. A fronte di un guasto tecnico che ne impedì l’allunaggio, si rese necessaria una correzione di traiettoria e dunque l’accensione del motore del modulo lunare per 14 secondi: non un secondo in più, non uno in meno (il margine d’errore tollerato era del 10%: 8,4 centesimi di secondo). Fuori uso le attrezzature di bordo, il tempo fu misurato con lo Speedmaster di un membro dell’equipaggio. L’operazione riuscì perfettamente e in seguito l’Omega fu insignita dello “Snoopy Award”, la massima onorificenza che la Nasa riconosce ai propri astronauti. Nel 2003 l’Omega lanciò una versione celebrativa dell’accaduto: lo Speedmaster “Eyes on the starts” (Ref. 3578.51.00), più comunemente noto come Snoopy. Furono prodotti 5441 esemplari: una scelta precisa che rimandava alla durata della missione: 142 ore, 54 minuti e 41 secondi. La cassa è quella del normale Speedmaster da 41,5 mm. in acciaio ed equipaggiata con vetro esalite. Al suo interno il calibro 1861 a carica manuale. La versione aggiornata del 2015 si caratterizza per tre chicche: la figura di snoopy disteso nel quadratino crono alle ore 9, la scritta “What you could in 14 seconds?” sulla curva del quadrante in alto corrispondente ai primi 14 secondi, ed infine la scritta “Failure is not an option” al centro del quadrante.