Il barile di petrolio Brent è arrivato a un massimo di giornata di 78,73 dollari al barile e segna un rialzo superiore al 2% all’indomani della decisione combinata dell’Opec+ sulla proroga degli attuali tagli di produzione in essere, alla quale si è aggiunta una riduzione aggiuntiva della produzione di petrolio da parte dell’Arabia Saudita che ha spiazzato il mercato. Il barile è successivamente rientrato in area 77 dollari, con un rialzo dell’1,3%,.
Il 4 giugno il cartello allargato dei Paesi esportatori di petrolio ha concordato un’estensione temporale degli attuali tagli all’output dal 2023 fino alla fine del 2024. Si tratta, sulla carta, di 3,66 milioni di barili al giorno di riduzione, pari al 3,6% della domanda globale: un valore comunque teorico se si considera che la maggioranza dei Paesi Opec non sta producendo ai livelli massimi consentiti dalle quote (com’è possibile osservare dal grafico in basso).
La scena è stata dominata, però, dall’Arabia Saudita che ha aggiunto un ulteriore taglio unilaterale da 1 milione di barili al giorno per il mese di luglio, decisione “preventiva” finalizzata alla stabilizzazione del mercato che potrà essere successivamente prorogata. La mossa, riducendo ulteriormente l’offerta attesa di greggio ha provocato un’immediata reazione al rialzo per il barile.
Complessivamente, i tagli totali alle quote dell’alleanza sono saliti a 4,7 milioni di barili giornalieri per il mese di luglio, corrispondenti circa al 5% della capacità globale teorica.
Una risposta alle spinte ribassiste degli ultimi mesi
“Il mercato petrolifero si trova ad affrontare i venti contrari derivanti da una riapertura non uniforme dell’economia cinese, dai problemi bancari degli Stati Uniti, dagli alti tassi di interesse e dalla forte crescita della produzione di petrolio al di fuori dell’Opec+, tra cui Stati Uniti, Canada, Brasile, Norvegia e Guyana”, ha dichiarato Jim Burkhard, responsabile della ricerca sui mercati petroliferi di S&P Global Commodity Insights, “per quanto riguarda i fondamentali della domanda e dell’offerta di petrolio a livello mondiale, il taglio probabilmente amplierà il deficit di offerta precedentemente previsto per il terzo trimestre di quest’anno“.
Le decisione assunte domenica da Opec+ e Arabia Saudita “sono coerenti con la capacità del gruppo di proteggere e sfruttare preventivamente il suo potere di determinazione dei prezzi insolitamente elevato (data la scarsità di investimenti al di fuori dell’Opec)”, hanno commentato gli analisti di Goldman Sachs. La capacità di ridurre la produzione e influenzare i prezzi è aumentata negli ultimi anni, con l’uscita della concorrenza di gran parte dello shale oil americano. Il cartello Opec+, che include anche Paesi alleati come la Russia, produce circa il 40% del greggio globale.
Lo scorso aprile l’Opec+ aveva concordato tagli volontari alla produzione per 1,66 milioni di barili al giorno, spingendo il petrolio verso un recupero poi rivelatosi effimero. Dall’inizio dell’anno il Brent ha ceduto il 10%, mentre il ribasso sale al 35,5% negli ultimi 12 mesi.
Secondo gli analisti, tuttavia ci sono i presupposti per prevedere un recupero nella seconda metà dell’anno, nel quale si andrebbe a verificare una progressiva disparità fra domanda e offerta di petrolio, favorevole a una ripresa dei costi dell’oro nero.
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Petrolio, per gli analisti punterà verso l’alto: la variabile cinese
Lo scenario futuro del mercato petrolifero è fortemente influenzato dall’andamento della domanda proveniente dalla Cina: degli 1,9 milioni di barili di domanda aggiuntiva in arrivo quest’anno oltre 1 milione dovrebbe arrivare dal Dragone, aveva ricordato il 1° giugno l’head of commodities strategy di Ing, Warren Patterson. Il fatto che il taglio “preventivo” annunciato dall’Arabia Saudita giunga a poca distanza dalle notizie di rallentamento della ripresa cinese sembra in qualche modo collegato alle prospettive di crescita cinese. Ad aprile la produzione industriale è cresciuta del 5,6% in Cina, contro il +10,6% previsto. “Se la domanda cinese di petrolio dovesse deludere questo potrebbe cambiare l’equilibrio globale in modo significativo, con un mercato non così stretto come previsto”, aveva scritto Patterson riferendosi alla possibilità di dover rivedere al ribasso le stime sul futuro andamento del barile in senso meno rialzista.
L’impatto delle ultime decisioni dell’Arabia Saudita su prezzo del petrolio per i prossimi mesi “compensa in parte alcuni rischi ribassisti per le nostre previsioni di prezzo di dicembre 2023 e aprile 2024, pari a 95 e 100 dollari al barile”, hanno aggiunto gli analisti di Goldman Sachs, citando fra gli elementi che potrebbero deprimere il prezzo del petrolio “la futura domanda cinese dovuti alla debolezza del settore petrolchimico globale”.
Secondo gli analisti di Goldman, che hanno annunciato una possibile revisione al rialzo delle attese sui prezzi petroliferi, la traiettoria del greggio punta verso l’alto da qui a fine anno, con un balzo previsto (secondo le previsioni non ancora aggiornate) del 23% circa per il Brent.