L’entusiasmo scatenato dall’intelligenza artificiale potrebbe aver gonfiato il recupero azionario osservato negli indici, secondo il capo strategist di Morgan Stanley, Mike Wilson
Venerdì i dati sul mercato del lavoro americano hanno, tuttavia, offerto elementi incoraggianti sul possibile atterraggio morbido dell’economia
Rispetto ai minimi dello scorso anno, l’S&P 500 ha recuperato il 20% lunedì 5 giugno, un risultato che potrebbe far pensare all’addio del “mercato orso”. Nelle definizioni degli addetti ai lavori il mercato ribassista si definisce come una correzione pari almeno al 20% dai precedenti massimi. Non c’è accordo sul fatto che il risultato inverso, che si è adesso concretizzato, possa necessariamente indicare l’inizio di un mercato rialzista, ossia destinato a muoversi ancora verso l’alto. Da inizio anno al 5 giugno l’S&P 500 ha realizzato un rialzo dell’11,31%, mentre il Nasdaq Composite è balzato del 26,85%.
Una buona parte delle sorti favorevoli per l’S&P 500 sono dipese, finora, dalle performance esuberanti di alcuni titoli tecnologici, a partire da Nvidia e Meta, in rialzo rispettivamente del 168 e del 125%. Circa il 90% del rialzo osservato nell’indice S&P 500 è riconducibile alle performance di un pugno di azioni: Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia, Tesla e Alphabet.
Tuttavia, circa la metà dei titoli nel listino americano di riferimento si trovano in territorio negativo, al 5 giugno. L’azione media appartenente all’S&P 500 è cresciuta meno del 3%, decisamente meno rispetto all’andamento generale dell’indice. In altre parole, il rialzo è stato particolarmente disomogeneo e sbilanciato in favore dei titoli tecnologici, in particolare alcuni produttori di chip come Nvidia e Advanced Micro Devices.
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L’attesa sulla Fed, dopo il rallentamento dei salari
Venerdì i dati sul mercato del lavoro americano, molto attesi dagli investitori per capire quale direzione potrebbe prendere la Fed nella sua prossima riunione del 13-14 giugno, hanno mostrato ancora una volta un incremento sopra le attese dei nuovi occupati (339mila in più a maggio, contro i 190mila previsti). Anche se questo elemento potrebbe spingere misure più restrittive da parte della Federal Reserve, Wall Street ha accolto con favore la notizia sul rallentamento nella crescita dei salari al 4,3%, dal precedente 4,4%. Salari in accelerazione tendono a spingere in alto i prezzi. Il rallentamento è stato considerato più importante nella valutazione delle future decisioni del Fomc, che potrebbe evitare ulteriori rialzi nella speranza di osservare un raffreddamento dell’inflazione unito a una disoccupazione contenuta: il miglior scenario per l’economia e per gli affari delle imprese.
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Mercati in recupero, un falso segnale?
Non mancano però i timori sul fatto che il recupero dell’azionario americano possa aver lanciato falsi segnali “toro”. “Ci aspettiamo ancora una correzione tattica”, ha affermato in una nota di lunedì Mike Wilson, chief equity strategist di Morgan Stanley, anticipando un calo temporaneo nell’ordine del 10%. La previsione di Wilson, noto per un’impostazione prevalentemente pessimista, è che la recessione degli utili societari si verificherà entro quest’anno e che questa non si stata ancora “prezzata”. In altre parole, che gli investitori si apprestino a rivedere le proprie valutazioni delle società quotate negli Stati Uniti, in particolare nel comparto tecnologico che fin qui ha regalato soddisfazioni. Secondo Wilson c’è l’impressione diffusa che “i titoli tecnologici abbiano già vissuto la fase peggiore della recessione degli utili lo scorso anno e che ora possano sperare in un’accelerazione della crescita nella seconda metà del 2023”, ma “non siamo d’accordo con questa conclusione”, ha dichiarato nel podcast di commento ai mercati del 5 giugno. “Sebbene quest’anno vi saranno indubbiamente singoli titoli che registreranno un’accelerazione della crescita grazie alla spesa per l’Ia, non riteniamo che ciò sia sufficiente a modificare in modo significativo la traiettoria dell’andamento ciclico generale degli utili”.
Buona parte degli investitori in fondi attivi che utilizzano come parametro di riferimento l’S&P 500 potrebbero volersi augurare che il mercato toro non sia già tornato. Le aspettative di recessione e di possibili perdite sull’azionario hanno spinto buona parte dei fondi attivi ad accrescere la liquidità in portafoglio, una mossa difensiva che non paga se il mercato si riprende prima del previsto. Da inizio anno, indicano i dati di Morningstar riportati dal New York Times, solo il 27% dei fondi attivi sta realizzando performance migliori dell’S&P 500, contro una media del 40% dal 2000 a oggi. Essere stupiti dall’arrivo dell’orso, o dalla sua precoce partenza, è più facile di quel che sembra.