Nel vocabolario del marketing finanziario, la parola “megatrend” si accompagna a rivoluzioni più o meno dirompenti, molto coperte dai media. Queste tendenze profonde, nella logica di chi le racconta, dovrebbero diventare redditizie opportunità d’investimento a lungo termine.
Nella sostanza, investire su una serie di megatrend potrebbe premiare, rispetto alla normale diversificazione in fondi o Etf azionari se, alla lunga, si concretizza una performance superiore alla media. Alla prova dei fatti, però, molti dei megatrend più pubblicizzati in passato si sono rivelati più un freno alla performance che una spinta.
Il metodo di confronto
We Wealth ha analizzato otto megatrend prendendo come riferimento l’indice tematico che viene tracciato dall’Etf specializzato con le maggiori masse in gestione, quello su cui più denaro è stato investito, secondo i dati della piattaforma JustETF.
Successivamente, si è confrontato l’andamento di ciascun indice, dalla sua creazione al 29 luglio 2024, con quello dell’S&P 500, il più popolare riferimento per le azioni americane. Ogni confronto, dunque, vede periodi di riferimento differenti, con alcune ovvie limitazioni.
All’atto pratico, infatti, è molto difficile che si investa in un megatrend nelle fasi precoci: più spesso si “sale a bordo”, quando l’onda è ormai alta. Questo fattore dovrebbe in qualche modo favorire, in questo confronto, gli indici tematici rispetto all’S&P 500.
D’altro canto, l’indice azionario americano è stato particolarmente forte nell’ultimo decennio, fatto che ha reso molto difficile, anche per i migliori professionisti, la possibilità di conseguire performance ancora più alte.
Inoltre, le performance assolute non trasmettono fino in fondo quanta volatilità si sia dovuta ‘digerire’ per battere il mercato: tipicamente, cavalcare un megatrend significa concentrare il portafoglio sulle sorti di un singolo settore, aumentando gli alti e bassi del portafoglio e, quindi, il rischio di uscire con le ossa rotte.
Megatrend, un solo (inaspettato) vincitore
Al netto di tutte queste premesse, solo il megatrend del metaverso è riuscito, dal 2012 a oggi, a fare nettamente meglio dell’S&P 500, anche se si considera il ritorno assoluto (total return) generato dai dividendi e dalle altre forme di remunerazione generate dalle aziende contenute nell’indice. Si parla di una performance del 778% contro un S&P 500 total return a +295%. Il tema blockchain è riuscito a offrire una leggera sovraperformance, mentre il megatrend delle auto elettriche è, restando generosi, più o meno neutrale. Gli altri megatrend osservati — acqua, idrogeno, invecchiamento della popolazione ed esplorazioni spaziali — hanno tutti ampiamente sottoperformato l’indice azionario americano nei rispettivi periodi di osservazione. In coda alla classifica, poi, si trova forse quella che per molti sarà l’evidenza più sorprendente: il megatrend più dannoso per il portafoglio si è rivelato essere l’energia pulita. Benché la transizione energetica abbia avuto alcuni momenti di forte impulso, dal 2009 a oggi questo indice settoriale ha perso circa il 30%, mentre l’S&P 500 total return ha generato una performance del 783%.
La scelta di indici settoriali differenti avrebbe potuto cambiare l'esito del confronto, anche se la scelta di selezionare i più diffusi nei portafogli mostra il risultato che nella pratica è più rilevante: chi sceglie di scommettere su un settore specifico, spinto dai propri interessi o dalla prospettiva di una rivoluzione epocale (l'energia verde, ad esempio, può rispondere a questi requisiti), avrà poche probabilità di "fare meglio" del più banale investimento diversificato.
Il problema del megatrend, tuttavia, è anche il suo punto di forza: può essere sorretto da un'efficace narrazione di marketing e, a monte, da un'interessante racconto giornalistico sulle ultime tendenze. Alcune delle idee finanziarie più efficaci per la maggioranza dei piccoli risparmiatori, tuttavia, sono anche quelle più semplici e spesso un po' banali.