La holding, di primo o di secondo livello, può svolgere un ruolo chiave nella riorganizzazione dei patrimoni d’impresa e familiari: si tratta di uno strumento che consente di effettuare operazioni di ingegneria finanziaria (fusione, scissione, conferimento di aziende e partecipazioni) in regime di irrilevanza fiscale. E che consente di raggiungere diversi obiettivi in termini di ottimizzazione del possesso, della gestione e della protezione degli asset. Di cosa parliamo nello specifico? “Con il termine holding si fa riferimento a veicoli societari che detengono partecipazioni societarie e, normalmente, altri beni, tipicamente immobili o beni intangibili (come marchi o brevetti) – dice Pietro Ebreo, dottore commercialista e revisore legale, partner di Ebreo & Partners e Adjunct Professor di Fiscalità delle Imprese Gsom Politecnico di Milano – A seconda delle funzioni e degli obiettivi, le holding possono essere pure o miste (se queste ultime svolgono anche delle funzioni operative a favore delle società del gruppo); costituite da società commerciali (di capitali: spa, sapa, srl; o di persone: snc, sas) oppure da società ed enti non commerciali (società semplici, fondazioni, trust); o costituite da soggetti residenti o non residenti in Italia”.
Holding che operano su due livelli
Le riorganizzazioni aziendali conducono di norma alla creazione di holding che operano su due livelli: il primo livello è quello delle holding industriali, dove normalmente convergono le partecipazioni nelle società operative del gruppo oltre agli assets d’impresa non rischiosi. Le holding di famiglia sono holding di secondo livello in cui normalmente convergono le partecipazioni nelle holding industriali e, normalmente, anche i beni diversi da quelli tipici industriali.
“Le operazioni attraverso le quali normalmente si crea una holding sono diverse e dipendono dalle situazioni e motivazioni concrete – spiega Ebreo – Semplificando, si può operare “costruendo sotto”, attraverso spin-off di azienda attuati normalmente mediante conferimento di compendi aziendali dalla società operativa esistente in una o più società di nuova costituzione. In tal caso, la società conferente si spossessa dell’azienda ottenendo in contropartita le partecipazioni nella società conferitaria e divenendo così una holding di partecipazioni. Sovente viene trasferito alla conferitaria soltanto il compendio produttivo, lasciando in capo alla holding determinati beni statici, tipicamente gli immobili”.
I rischi civilistici e fiscali restano sulla conferente
Questo genere di spin-off, per altro verso, consente di non trasferire i rischi civilistici e fiscali dalla società conferente alla conferitaria in quanto gli stessi gravano sul “soggetto” (società conferente) e non sull’”oggetto” (azienda conferita); ciò rende la conferitaria particolarmente appetibile per un possibile acquirente in ipotesi di operazioni di M&A, avendosi un contenitore nuovo con un contenuto privo di rischi soggettivi. “Un’alternativa è quella che si realizza “costruendo sopra”, mediante conferimenti di partecipazioni da parte dei soci della società operativa in una (o più) società normalmente di nuova costituzione che diviene la holding – continua Ebreo – In tal caso i rischi civilistici e fiscali rimangono in capo alla operativa, aspetto che, naturalmente, viene tenuto in considerazione nelle operazioni di M&A. Successivamente a tale operazione è possibile trasferire dalla società operativa alla holding i beni statici attraverso operazioni di scissione. Le operazioni citate avvengono in regime di neutralità (formale o sostanziale) senza che gli eventuali plusvalori emersi con l’operazione rilevino ai fini fiscali”. Naturalmente, in funzione delle situazioni concrete possono essere effettuate operazioni più articolate, ma sempre fruendo del regime di neutralità fiscale.
La neutralità fiscale delle operazioni straordinarie
“La neutralità fiscale delle operazioni di riorganizzazione presuppone il naturale disallineamento tra i valori civilistici dei beni rivalutati e quelli fiscali dei medesimi che mantengono il valore storico non rivalutato – spiega ancora Ebreo – Tuttavia, è prevista la possibilità di allineare i due valori rivalutando, anche ai fini fiscali, i beni d’impresa con imposte sostitutive determinate con aliquote inferiori rispetto a quelle delle imposte ordinarie (Ires/Irap) sui redditi d’impresa, così da potere beneficiare di legittime ottimizzazioni fiscali”. Un esempio aiuta a capire meglio: se il valore civilistico rivalutato del bene è di 1000 e il correlato valore storico fiscale è di 150, è possibile allinearli mediante l’applicazione su 850 (1000 – 150) dell’imposta sostitutiva. L’importa sostitutiva ha attualmente aliquote del 12%, 14% o 16% ed è dunque ben inferiore alla corporate tax complessiva che per le holding può attestarsi al 28,65% (Ires, 24% e Irap, 4,65%), con il conseguente pieno riconoscimento anche ai fini fiscali dei componenti di reddito collegati ai beni (ammortamenti o plus/minusvalenze). “Con la Riforma fiscale in corso di attuazione, tuttavia, tali rivalutazioni avranno un ridimensionamento di convenienza essendo previsto un innalzamento delle aliquote delle imposte sostitutive”, avvisa Ebreo.
Share deal vs asset deal
Nelle operazioni di M&A le holding possono essere funzionali ai due schemi tipici per il trasferimento di complessi aziendali: lo share deal, e cioè la vendita di partecipazioni societarie (“contenitore dell’azienda”) o l’asset deal, la vendita vera e propria di aziende o rami (“contenuto della società”). “Nelle ipotesi di share deal, le holding (sia di primo che di secondo livello) consentono al venditore, se ricorrono le condizioni di legge, di ottenere delle ottimizzazioni derivanti dalla applicazione della Pex (participation exemption) – spiega Ebreo – che nelle società di capitali comporta una tassazione delle plusvalenze su partecipazioni con l’aliquota finita dell’1,2% (tassazione minima di sistema), che si ottiene applicando l’aliquota Ires del 24% sul 5% (ovvero sulla quota imponibile della plusvalenza, essendo il 95% restante esente). Le plusvalenze su partecipazioni non sono soggette a Irap. Ove le partecipazioni vengano cedute da persone fisiche o società di persone residenti, le operazioni di share deal avrebbero una tassazione più elevata, fino al 26%”. Per converso, nelle ipotesi di asset deal, la vendita di azienda genera sul venditore la tassazione massima al 24% della plusvalenza realizzata, “se cedente è una società di capitali; talvolta tale situazione può trovare una mitigazione qualora il venditore disponga di perdite fiscali pregresse da utilizzare a riduzione della plusvalenza”.
La fiscalità nelle operazioni straordinarie via holding
Per quanto detto, nelle operazioni di M&A esiste un trade-off tra la posizione del venditore, normalmente interessato al realizzo di plusvalenze soggette alla Pex (1,2%), e quella del compratore che, invece, acquistando direttamente l’azienda (e non le partecipazioni, bene non ammortizzabile) ottiene un recupero di parte del corrispettivo sotto forma di minori imposte, in correlazione ai minori utili derivanti dalla imputazione a conto economico degli ammortamenti dei beni ammortizzabili costituenti l’azienda acquisita, tipicamente l’avviamento e i beni intangibili (marchi, brevetti). “Sotto tale profilo, le ipotesi di spin-off di azienda e cessione della partecipazione nella società conferitaria consentono di allineare le posizioni del venditore e compratore, stante la possibilità di effettuare rivalutazioni ai fini fiscali e di non trasferire alla conferitaria i rischi civilistici e fiscali della conferente. Con in più la “patente” normativa di non elusività dell’operazione”, conclude Ebreo.