- Storicamente i titoli azionari hanno registrato performance migliori in seguito a riduzioni graduali dei tassi, rispetto a quelle più ripide tipiche delle crisi economiche
- A registrare i rendimenti più elevati a un anno dalla prima sforbiciata ai tassi di interesse sono i beni di consumo non ciclici: sovraperformano il benchmark del +7,7%
L’intervento di Jerome Powell, a Jackson Hole quest’estate, non ha lasciato dubbi: “È giunto il momento di adeguare la politica monetaria. La direzione di marcia è chiara e i tempi e il ritmo dei tagli dei tassi dipenderanno dai dati in arrivo, dalle prospettive in evoluzione e dall’equilibrio dei rischi”, furono le parole del numero uno della Federal Reserve. In altre parole, via alla prima sforbiciata al costo del denaro dopo una lunga stretta monetaria iniziata a marzo 2022. Il dato sull’inflazione statunitense di agosto – diffuso mercoledì – ha evidenziato un rialzo maggiore della componente core rispetto alle attese (si parla del +0,3% mese su mese contro lo 0,2% previsto dal consensus). Non abbastanza da mettere in discussione l’atteso ritocco al costo del denaro. Ma cosa significa per le Borse?
Fed verso un taglio dei tassi: l’impatto sulla Borsa
Indipendentemente dall’intensità dell’intervento, storicamente i titoli azionari hanno registrato performance migliori in seguito a riduzioni graduali dei tassi, rispetto a quelle più ripide tipiche delle crisi economiche. Allo stesso modo, anche i settori reagiscono in modo diverso, a causa del cambiamento della domanda dei consumatori e della sensibilità ai tassi di interesse. Per scoprire quali potrebbero beneficiare più di altri della prossima mossa della Fed, Visual Capitalist ha analizzato i dati di PinPoint Macro Analytics sulla performance media di ciascun settore rispetto all’intero mercato azionario 12 mesi dopo il primo taglio dei tassi di interesse, dal 1973 al 2024.
In testa i beni di consumo non ciclici: +7,7%
A registrare i rendimenti più elevati, come evidenziato nella tabella sottostante, sono i beni di consumo non ciclici: a un anno dalla prima sforbiciata ai tassi di interesse, i titoli del settore hanno sovraperformato il benchmark del +7,7%, grazie alla domanda costante di prodotti di prima necessità. Si tratta tra l’altro dell’unico settore dell’S&P 500 che ha restituito mediamente rendimenti positivi durante le fasi di recessione dal 1° dicembre 1960 al 30 novembre 2019. Durante le fasi di rallentamento – considerate un picco del ciclo economico, in cui la crescita inizia a diminuire ma l’economia non è necessariamente in contrazione – hanno inoltre registrato una performance media del +15% nello stesso periodo.
Nella top3 dei settori che registrano i rendimenti medi più elevati a 12 mesi dal primo taglio dei tassi ci sono anche i beni di consumo ciclici (+7% rispetto al benchmark) e la tecnologia (+5,2%). In realtà, il settore tecnologico sottoperforma il mercato a due mesi dalla sforbiciata (-0,8%), a tre mesi (-3,1%), a sei mesi (-3,4%) e a nove mesi (-1,6%) per poi rimbalzare nell’arco dell’anno. Da sottolineare che alcune delle maggiori società tech di oggi hanno resistito all’aumento dei tassi di interesse grazie alle ampie riserve di liquidità e all’interesse degli investitori per i titoli legati all’intelligenza artificiale. Sul versante opposto, a incassare la peggiore performance media rispetto al mercato più ampio a un anno dal primo taglio ai tassi di interesse sono energia (-6,2%), utility (-7,6%) e finanza (-8,2%).