Il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, guidato in campagna elettorale dal 28enne candidato premier, Jordan Bardella, sta consolidando il suo comando nei sondaggi, a pochi giorni dal primo turno delle elezioni legislative del 30 giugno in Francia. Secondo la media dei sondaggi elaborata dall’Economist e aggiornata al 26 giugno, il RN ha raggiunto il 37% nelle intenzioni di voto, dopo essere partito dal 34% all’inizio della campagna elettorale indetta il 10 giugno, all’indomani della sconfitta alle europee del partito sponsorizzato dal presidente francese, Emmanuel Macron.
Bardella, che ha fatto sapere che diventerà capo del governo solo in caso di maggioranza assoluta, difficilmente potrà raggiungere un’asticella tanto alta. Tuttavia, il ridimensionamento parlamentare del partito del presidente francese sembra già scritto: il gruppo Ensemble, che unisce al suo interno i centristi, è attualmente terzo nei sondaggi con il 21% dei consensi, alle spalle del Nuovo Fronte Popolare guidato da Jean-Luc Melenchon, dato al 29%.
Il 7 giugno il secondo turno elettorale, che vedrà impegnati nuovamente i partiti che ottengono almeno il 12,5% al primo turno, potrebbe offrire qualche chance in più al RN – anche se la gran parte degli analisti ritiene che non si formerà alcuna maggioranza chiara nel nuovo parlamento francese.
Questo aprirà un ventaglio di scenari possibili dal punto di vista puramente numerico, ma che dipenderanno di fatto dai negoziati di partito.
Le premesse dei mercati
Al momento, il rendimento del titolo francese decennale è al 3,157%, un livello superiore di appena 5 punti base rispetto a quello pre-elezioni europee (7 giugno). La gran parte dello shock prodotto dall’arrivo a sorpresa delle elezioni anticipate sembra essere rientrato sul fronte obbligazionario, mentre lo stesso non si può affermare per la Borsa francese, che rispetto ai livelli pre-europee ha ceduto il 5,26%. “Il premio di rischio più elevato per la Francia è giustificato” e “potrebbe permanere o aumentare anche dopo le elezioni qualora la formazione del governo rimanga incerta o la traiettoria politica resti indeterminata”, ha affermato Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors, “attualmente questo è probabile, fattore che suggerisce come il nervosismo del mercato francese peserà sull’euro e sulle azioni europee per i prossimi mesi, non solo dopo le elezioni”.
Gli scenari più probabili e le relative conseguenze
L’esito che potrebbe risultare preferibile per il mercato, secondo Hentov, sarebbe rappresentato da una vittoria del RN, assumendo che questo traguardo si accompagni a “programmi fiscali per tranquillizzare i mercati ed evitare una (grave) controversia con Bruxelles”, in quello che l’analista di State Street definisce lo scenario “Meloni” alla francese. Come per l’Italia, l’UE ha avviato ai danni della Francia l’iter della procedura d’infrazione che potrebbe, in assenza di programmi volti a contenere la spesa pubblica, incrementare i rendimenti dei titoli di Stato francesi.
Da parte sua, il leader del RN Bardella ha diffuso, il 25 giugno, un documento programmatico dal quale molte delle più controverse proposte avanzate in passato sono state rimosse: dall’uscita della Francia dalla Nato, alla proposta di riavvicinamento alla Russia (nemmeno nominata). Sulla politica estera, che comunque resta prerogativa del presidente Macron e non del premier, il RN propone di mantenere inalterato il controllo della Francia sulle sue difese nucleari – escludendo “il trasferimento di competenze verso l’Ue”. Dal punto di vista economico, uno dei punti controversi del programma del RN rimane il proposito di abrogare la riforma pensionistica di Macron, un obiettivo condiviso con la sinistra del Fronte Popolare.
Sulla base dei sondaggi attuali, l’esito elettorale più probabile rimane il governo di minoranza di inflienza centrista, date le poche possibilità che la formazione di destra possa raggiungere la maggioranza assoluta. La debolezza di un esecutivo di minoranza, tuttavia, “difficilmente potrebbe promuovere un percorso fiscale credibile”, ha affermato Hentov.
Secondo l’analista di Ebury, Michał Jóźwiak, l’impatto di mercato delle elezioni francesi sarà, nella migliore delle ipotesi, neutrale. In particolare, lo scenario meno ribassista sarebbe costituito proprio da un parlamento privo di maggioranza, ma con un risultato superiore alle aspettative per la coalizione di Macron: questo potrebbe dare una spinta all’euro dell’1-2% sul dollaro.
Nel caso il governo di minoranza fosse formato da un leader della destra o della sinistra, invece, i compromessi necessari per l’ottenimento della fiducia ridurrebbero di molto le ambizioni dei rispettivi programmi – con minori impatti per il bilancio pubblico e sui mercati. Secondo Jóźwiak, l’esito più ribassista si verificherebbe con una maggioranza netta del Fronte Popolare, il partito che ha avanzato il programma più oneroso per le casse pubbliche. Si tratta, allo stesso tempo, del risultato meno probabile.
Come prepararsi alla turbolenza francese
Dal punto di vista operativo, le mosse difensive come l’acquisto di oro e di asset denominati in dollari possono essere considerate un argine appropriato contro il rischio di un esito elettorale che porti la Francia verso un orientamento economico più espansivo, ha affermato Gregor Hirt, Global CIO Multi Asset di Allianz Global Investors. Qualora Bardella accettasse l’incarico anche in assenza di una maggioranza assoluta, sconfessando quanto affermato in campagna elettorale, è verosimile aspettarsi un atteggiamento prudente.
“Il RN”, ha affermato Hirt, “potrebbe essere incentivato ad essere visto come moderato e responsabile per incrementare le sue chance nelle elezioni presidenziali del 2027”. L’esperienza della premier britannica Liz Truss, le cui promesse di sgravi fiscali in un contesto di inflazione elevata avevano fatto scappare gli investitori dai titoli di Stato nazionali, dovrebbe essere una lezione da considerare per i partiti di stampo più populista, ha aggiunto Hirt. “La Francia non ha effettuato grandi riforme alla sua economia, in particolare al mercato del lavoro, durante la crisi del debito sovrano europeo del 2009-10”, ha affermato, “la prospettiva di un governo populista che cerchi di aumentare ulteriormente la spesa pubblica è tossica per i mercati in questo contesto”.