Le regole del gioco nella consulenza patrimoniale sono in evoluzione e chi ne ha fatto la propria professione farebbe bene a non sottovalutare la portata del cambiamento.
In ballo non c’è solo la Ris, la Retail investment strategy, che lo scorso 22 aprile ha superato il via libera dell’Assemblea plenaria di Strasburgo al testo di riforma proposto dalla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Ue (leggi).
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L’iter proseguirà con il lavoro del Consiglio e con i successivi negoziati interistituzionali, che porteranno a un documento condiviso, non prima di fine anno.
Il regolamento Fida e il futuro dell’Open finance.
All’orizzonte, però, c’è anche l’Open finance, che vedrà la luce a partire dal 2025, quando è attesa la versione finale del Regolamento europeo Fida (Financial Data Access): previo consenso dell’interessato, le istituzioni finanziarie saranno tenute a fornire alle terze parti autorizzate l’accesso ai dati di credito e debito del cliente, le informazioni relative ai suoi investimenti, assicurazioni, pensioni e criptovalute.
“L’Open finance cambierà le regole del gioco nell’industria della consulenza finanziaria”, ha detto Mauro Panebianco, partner di PwC Italia, Asset & Wealth Management Advisory Emea Leader, in occasione di un recente evento organizzato con Aipb. “Il quadro competitivo sarà molto diverso”, ha ribadito il presidente dell’Associazione italiana private banking, Andrea Ragaini, citando i dati di un’indagine condotta dalla stessa Aipb sugli operatori dei servizi dedicati ai grandi patrimoni: l’Open finance aumenterà la competizione (72%) e la trasparenza sui costi (66%), portando a un rafforzamento del modello di consulenza evoluta (il 100% dei rispondenti è d’accordo).
I nuovi modelli di servizio abilitati dall’open finance
L’accesso regolamentato ai dati dei clienti infatti sarà esteso dall’area dei pagamenti – dov’è confinato oggi – a tutti i servizi finanziari, attivando nuove opportunità (e potenziali sfide) per i player dell’industria. Si parla, ad esempio, di servizi di consulenza sulle masse non gestite direttamente. Di analisi comparativa su performance e costi commissionali. E, più in generale, di una migliore valutazione delle esigenze dei clienti.
I nodi che restano da sciogliere
“Non possiamo restare troppo seduti – ha detto Ragaini – ma dobbiamo cavalcare il cambiamento, senza rinunciare a porre l’attenzione su ”: quali saranno gli utilizzi ammessi e quelli vietati da parte degli utilizzatori di dati? In questa categoria saranno inclusi anche operatori diversi dai soggetti finanziari autorizzati ai servizi di investimento e credito? Quale tutela sarà offerta sui segreti commerciali e i diritti di proprietà intellettuale relativi ai dati elaborati dagli operatori che saranno ora condivisi?
Questioni complesse che saranno chiarite auspicabilmente dal legislatore europeo nei vari passaggi della normativa. Tutto questo s’intreccia, poi, allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che sarà un importante fattore abilitante dei nuovi servizi nell’era dell’Open finance, perché consentirà di elaborare e integrare una grande mole di informazioni, da tradurre in applicazioni concrete.
Come cambia il ruolo dei consulenti finanziari
I consulenti finiranno per essere schiacciati da software sempre più potenti? Tutt’altro: il private banker assumerà un ruolo chiave – ricorda Ragaini – perché sarà chiamato a spiegare alla clientela i benefici generati dalla condivisione di un’ampia gamma di informazioni finanziarie riservate: cioè, in estrema sintesi, un servizio di maggiore qualità e realmente personalizzato.
I punti di convergenza tra Ris e Open finance
Da questo punto di vista, si possono intravedere alcuni punti di convergenza tra l’Open finance e la Retail investment strategy: garantire un rapporto qualità-costi ragionevole e un servizio che tuteli il “migliore interesse del cliente” privato sono infatti i due pilastri su cui l’Europa sta provando a ridisegnare il settore della consulenza finanziaria.
È vero che la bozza approvata dal Parlamento ha introdotto alcune modifiche destinate a complicare il quadro – vedi l’ipotesi di benchmark di costo (e autorità di vigilanza) differenziate per i prodotti “domestici”, commercializzati in un solo Paese, e per quelli distribuiti in più stati membri. Ma i principi cardine del “best interest” e del “value for money” (rapporto qualità-prezzo) sono ribaditi e rafforzati (leggi). Suggeriscono una revisione dei modelli di business e si sposano, potenzialmente, con alcuni dei nuovi servizi autorizzati dall’Open finance.
Ovviamente sarà compito di banche private e reti attrezzarsi velocemente al duplice cambio di scenario e scegliere come posizionarsi: se è vero che l’arena competitiva è in evoluzione – ed è vero – ci saranno, come sempre accade, vincitori e vinti.