Dal mercato primario al secondario: borsette di lusso per tutti?
Nel 2013, Lvmh, vendeva 10 miliardi di euro in pelletteria. Dieci anni dopo, nel 2023, la cifra era più che quadruplicata. I miliardi di euro di ricavi lo scorso anno diventano infatti 42 (+320%), parte del più ampio bacino del giro d’affari del lusso (abbigliamento e pelletteria, circa 200 miliardi di dollari annui). A corollario di una tale crescita del mercato primario, è conseguita l’esplosione del mercato secondario, soprattutto per le borse di lusso. Un mercato che piattaforme quali RealReal e Vestiaire Collective hanno alimentato abbondantemente: per bypassare le liste d’attesa, per far spuntare all’acquirente “l’affare”, per concedere a tutti il sogno del lusso.
Il rischio dell’autentico falso nel mercato delle borse di lusso
In tutto ciò, poteva il mercato delle contraffazioni restarsene tranquillo? Niente affatto. Anzi, i contraffattori si sono specializzati sempre di più, fino a creare dei “superfalsi”, o superfake, se si preferiscono gli inglesismi, talmente simili ai pezzi originali (anche per numero di punti e cuciture) da rendere davvero problematica la distinzione fra vero e falso e da incentivare la nascita sulle reti sociali di gruppi specializzati per controllare la qualità dei falsi. Su Reddit, le (e gli) acquirenti usufruiscono di gruppi appositi per controllare la qualità delle borse ordinate direttamente dalla Cina via WeChat. Il prezzo? È pari al 10% di quello di listino, ovvero il 90% in meno del prezzo ufficiale.
Perché il super falso potrebbe battere l’autentico nel mercato delle borse di lusso di seconda mano
La risposta sta in un fenomeno noto in microeconomia: l’asimmetria informativa (che agevola gli imbroglioni). Cos’è l’asimmetria informativa? È quella situazione che si verifica quando in una transazione una delle parti è in possesso di maggiori informazioni sul bene o servizio in questione rispetto alle altre.
Il rischio del falso nel mercato delle borse di lusso: un parallelo con le auto usate
Un concetto che il premio Nobel per l’economia George Akerlof illustra nel suo seminale articolo del 1970 The Market for “Lemons” (lemon, “limone”, nel gergo Usa vuol dire “bidone”), come ricorda l’Economist. Nel suo modello, Akerlof suppone che esistano solo quattro tipi di automobili: auto nuove e auto usate, auto buone e auto cattive.
L’economista parte dal presupposto che il proprietario di un’auto imparerà solo con l’esperienza se l’auto acquistata è un bidone o meno. Non essendo consapevoli della qualità delle auto al momento dell’acquisto, i potenziali acquirenti offriranno tutti lo stesso prezzo, che l’auto sia buona o cattiva (perché pagare di più, se questo non elimina il rischio incorrere in una fregatura?). Il prezzo terrà dunque conto della possibilità che l’auto possa rivelarsi una fregatura. L’appiattimento dei prezzi comporta però una conseguenza diretta: i venditori delle auto migliori saranno incentivati ad abbandonare il mercato, facendo scendere ulteriormente le quotazioni delle auto usate. In tal modo i “bidoni” scacceranno dal mercato dell’usato le auto decenti.
Tornando al mercato delle borse di lusso usate…
Nel mercato delle borse di lusso di seconda mano, il rischio del falso potrebbe replicare il fenomeno che si manifesta in quello delle automobili usate. La presenza di terze parti “certificatrici” indipendenti potrebbe ovviare al problema. È vero che le stesse case produttrici forniscono certificati di autenticità, ma sarebbe utile che ci fosse un supporto esterno. Al riguardo, sempre l’Economist, ricorda la recente causa di Chanel contro What Goes Around Comes Around (wgaca, negozio vintage di New York). Secondo la maison di Mademoiselle Coco, il negozio, nella vendita di alcune sue borse del suo marchio, pur proponendosi di aver fornito “una garanzia di autenticità al 100%”, avrebbe smerciato delle contraffazioni.
Chanel contro wgaca, negozio vintage di New York
La questione inizia nel 2012, quando 30.000 documenti di autenticità (di quelli inclusi in ogni borsa Chanel) vengono rubati dal magazzino di una delle fabbriche prodotto dell’azienda. In quell’occasione, la maison decide di cancellare dal suo database quei numeri di serie, attribuendone degli altri alle borsette da cui erano stati sottratti. A un certo punto però, Joseph Bravo, directeur des opérations accessoires di Chanel, racconta di aver ricevuto dalla polizia di Firenze la richiesta di identificare una delle schede di certificazione rubate, infilata in una borsa falsa. È allora che la maison fornisce le prove che 50 borse con numeri di serie annullati erano state vendute da wgaca. Il 6 febbraio 2024 la giuria si esprime a favore di Chanel, riconoscendo all’azienda un risarcimento di 4 milioni di dollari per violazione del copyright e altre infrazioni.
Questioni legali sono in corso anche fra la stessa Chanel e la piattaforma di rivendita RealReal. Seth Weisser, fondatore di wgaca, tiene a sottolineare che «il verdetto di oggi non riguardava la vendita di prodotti contraffatti, ma la vendita di articoli il cui certificato di autenticità era stato annullato dalla stessa Chanel». Una vicenda che dimostra quanto sia difficile per i terzi autenticare i prodotti di lusso.
Un sapore aspro (come quello dei limoni di Akerlof)
È un esito che scontenta tutti. Le piattaforme di rivendita, sicuramente. I marchi ufficiali. E gli acquirenti. Un mercato di rivendita solido fornirebbe un motivo in più per acquistare una borsa di lusso. Mentre una maglietta bianca è un bene di puro consumo, una borsa di lusso non lo è: è un asset che può conservare nel tempo il suo valore, quando non addirittura rivalutarsi (in casi particolari, soprattutto se si tratta di borse Hermès). Sarebbe forse il caso di affidarsi alle case d’asta e ai loro specialisti, rinunciando al “prezzo stracciato” che, per il vero lusso, resta una chimera.
E, per chi vuole sognare, segnaliamo la classifica delle 10 borse più care del 2023 vendute in asta.
(In apertura, una delle deliziose Hermès andate in asta da Christie’s Hong Kong il 25 maggio 2024)