Credito corporate europeo: uno sguardo al 2021

La forte azione di governi e banche centrali ha salvato un anno che inizialmente si prospettava come ‘horribilis’. Così il 2020 lascia il posto ad un 2021 dai toni incerti: da dove ripartire? L’analisi degli esperti di Ver Capital sul mercato del credito corporate europeo

Il 2020 sarà ricordato come un anno unico nel suo genere, determinato dal ritmo scadenzato delle misure di stimolo (sia fiscale, che monetario) e dalla reazione di aziende e settori alla forza dirompente della tecnologia, unico mezzo di comunicazione (e, in alcuni casi, di profitto) nel lockdown generalizzato.

In un mercato caratterizzato da tassi a zero, anche nel 2021 gli investitori potrebbero spostarsi su asset a maggior rischio per perseguire obiettivi di rendimento migliori, non senza considerare i rischi di fondo.

Tourist investors in cerca di yield

“L’incredibile immissione di liquidità nei mercati ed i tassi di interesse al loro minimo storico stanno spingendo e continueranno a spingere alcuni investitori di circostanza (cosiddetti tourist investors) a cercare rendimento in asset class alternative” ha commentato Alberto Gesualdi, Partner di Ver Capital Sgr. C’è di più: “le banche avranno limiti alla distribuzione dei dividendi fino a fine anno prossimo, cosa che potrebbe favorire gli investimento nelle obbligazioni corporate”.

Emissioni di bond: boom 2020

Il 2020 è stato un anno complessivamente positivo per le emissioni di bond high yield che, come sottolineato da Antonio Montano, Analyst di Ver Capital, “hanno toccato il 2° più alto livello dal 2006, il 14% in più rispetto al 2019. Tra le società emittenti si annoverano anche alcune delle realtà più resilienti del mercato che sono riuscite opportunisticamente a rifinanziare il proprio debito. Complessivamente nel 2020 le emissioni sono state pari a circa 85 miliardi di euro, un numero rilevante se si pensa al contesto macroeconomico”.

Guardando alla chiusura d’anno, “il 2020 dovrebbe far registrare un rendimento positivo al mercato high yield europeo intorno al +2,2%, mentre per gli euro loan ci si attende qualcosa in più, intorno al +2,5%. Si tratta di cifre importanti contestualizzando ciò che è successo nel 2020”.

Mercati: there is no alternative

In un mercato caratterizzato da circa 17 mila miliardi di bond con rendimento negativo, ha proseguito Edoardo Stazi, Analyst di Ver Capital, “si ripropone un contesto simile agli anni scorsi riassunto con l’acronimo TINA, There Is No Alternative, ad indicare che, per ottenere rendimenti interessanti , gli investitori sono ‘costretti’ a ricercarli in asset class come l’equity o corporate high yield”. Inoltre, ha aggiunto Stazi, “l’asset class Euro hy rappresenta un miglior relative value anche rispetto all’equity. Se, infatti, prendiamo, come proxy del rendimento del mercato azionario dell’EuroStoxx 50, il reciproco del price/earnings oggi pari all’+1,9% risulta ben inferiore al rendimento del segmento Euro hy corporate che offre un rendimento pari al 3,5%.

Infine, anche se i rendimenti del segmento hy americano sembrano più alti (circa il 4,4%), oltre al costo della copertura, tra i due segmenti c’è una differenza fondamentale: i tassi di default europei sono minori di quelli americani e hanno tassi di recovery più alti. In un contesto di incertezza, “ciò dovrebbe far traslare parte degli investitori dall’America all’Europa”.

Il mix di portafoglio high yield

Sempre restando al credito corporate, i titoli con rating BB rendono oggi tra il 2,3 e il 2,5%, mentre le singole B hanno uno yield medio del 4,6% circa. “È un carry di tutto rispetto” facendo riferimento alle BB: “molte aziende BB sono ex falling angels, con un potenziale di ripresa maggiore e rischio contenuto. Per ottenere il giusto mix di portafoglio” ha ricordato Stazi “è necessario inserire, insieme ad aziende con bilanci solidi, anche realtà legate ai settori più penalizzati dalla pandemia ma che al contempo offrono rendimenti interessanti, come nomi ciclici e finanziari. Il tutto, condito da una buona convessità di portafoglio volta a limitare i rischi di coda”.

Di fronte all’imprevedibilità e alle incertezze dei mercati, è più che mai necessario creare strategie con cui gli effetti negativi dei tail events possano essere attenuati o neutralizzati.

La resilienza dei corporate loans

“Se guardiamo al mercato dei corporate loan”, ha precisato Davide Cingi, Analyst di Ver Capital “nel 2020 abbiamo assistito ad una ascesa dei prezzi costante dal punto di minimo toccato a fine marzo 2020. La rotazione dai nomi difensivi a quelli ciclici registrata nell’equity nell’ultima parte dell’anno, non è stata però una vera e propria rotazione nel mercato dei loan: i nomi più ciclici, che erano rimasti indietro in termini di prezzo, hanno infatti ripreso vigore sulle notizie del vaccino, determinando un ritorno in territorio positivo tra ottobre e novembre, senza che ciò impattasse negativamente sui nomi anti-ciclici, i quali avevano infatti già ampiamente recuperato la fase di debolezza”.

Al netto di ciò, “l’unico mese di performance negativa per i corporate loans è stato marzo, a riprova della resilienza del comparto”.

Analisi settoriale: sguardo al 2021

Per aumentare i rendimenti medi sarà quindi opportuno tornare su segmenti più ciclici, facendo però una selezione approfondita di quali, tra le realtà penalizzate dalla crisi pandemica, saranno in grado di tornare ad operare a pieno regime con fondamentali pressoché inalterati. Infatti, ha continuato Stazi, “se nel 2020 la variabile più importante nelle scelte di portafoglio è stata l’esposizione settoriale (non il rating), con il 2021 tornerà d’importanza anche la scelta del rating”.

Se il vaccino dovesse essere efficace “ci aspettiamo un aumento delle allocazioni di portafoglio verso nomi ciclici e singole B, direzione che abbiamo iniziato a vedere già da ottobre/novembre 2020”.

Preferire il cherry picking

A livello settoriale, è opportuno fare un’ulteriore precisazione: “Settori quali le telco, il food, i software, la tecnologia in generale e quelli più resilienti alla crisi da coronavirus restano ancora validi anche nel 2021, seppur con rendimenti più compressi. Ad essi” ha precisato Gesualdi, “andranno però ad affiancarsene altri; infatti le minor incertezze sullo sviluppo della pandemia forniscono opportunità interessanti su aziende legate a settori più ciclici. Queste ultime infatti, in un contesto macroeconomico con tassi pari a zero, possono apportare un valido contributo, da un punto di vista rischio-rendimento, alla costruzione di portafogli ben bilanciati. In generale, in Ver Capital prediligiamo ancora una strategia di tipo cherry picking di singoli titoli, andando a selezionare di volta in volta e di comparto in comparto le migliori opportunità del momento. Dopo un anno in cui diverse aziende hanno bruciato cassa, andare sull’intero settore con una strategia index investing potrebbe essere più rischioso”.

La potenza del dry powder

Per gli investimenti in special situation, “il rendimento atteso su un debito distressed si è ridotto vertiginosamente rispetto a marzo ed aprile. Ad oggi solo il 3% del mercato Euro HY presenta ritorni superiori al 10%. Ciò si lega sostanzialmente alla liquidità presente nei mercati sia pubblici che privati. Se, infatti, da una parte gli investitori del mercato pubblico sono spinti dalle banche centrali a scendere nel segmento hy, dall’altra le disponibilità nelle mani dei private equity, il dry powder, permettono di iniettare nuova liquidità nelle società che nel 2020 sono state impattate dal Covid.

Infine, entrando in un 2021 più stabile, l’elevata liquidità e il dry powder dovrebbero non solo continuare a supportare i prezzi ma anche le attività di LBO e di M&A, grandi assenti del 2020.

Il tema inflazione: prospettive

Sul tema dell’inflazione si dibatte molto ultimamente nelle maggiori testate giornalistiche. L’aumento dell’inflazione è tradizionalmente associato alla frase Keynesina “too much capital chasing too few goods”. Spesso ci si sofferma solo sulla prima parte della frase che effettivamente è confermata dalla ingente liquidità presente nel mercato. Tuttavia spesso si sottostima la seconda parte ovvero quella legata all’offerta dei beni, che grazie alla globalizzazione è in continuo aumento. “Probabilmente, il contesto dei primi mesi del 2021 sarà deflattivo per poi avere un overshooting nel corso dell’anno dovuto alla ripresa dopo le chiusure causate dal Covid. Normalizzando per questo probabile aumento temporaneo dell’inflazione, nel breve periodo vediamo comunque l’inflazione come un rischio di coda con valori al di sotto dei target delle banche centrali. È bene, tuttavia, sottolineare che l’inflazione è un fattore non lineare e tende a manifestarsi in maniera improvvisa. “ ha appuntato Stazi.

Tra i fattori che limiteranno l’incremento del livello dei prezzi nel breve termine è la composizione proprio dell’indice CPI, molto del quale, direttamene o indirettamente legato alla componente real estate che sperimentato un andamento decrescente nei prezzi.

Loans vs short-term, un hedge naturale

Nel campo del credito, i prodotti principali per trarre vantaggio da un ritorno dell’inflazione sono i leveraged loans, prodotti short term e bond floaters. I loan, ha spiegato Montano, possono essere la giusta scelta per investitori istituzionali attenti a trarre beneficio da eventuali movimenti a rialzo dell’inflazione, mentre gli strumenti short-term sono adatti ad investitori con una view difensiva in quanto oltre a offrire una copertura implicita al rischio di rialzo inflazione rispondono ad esigenze di volatilità contenuta.

Credito corporate europeo: scenari

La differenza tra oggi e il 2010, appena dopo la Grande crisi finanziaria, riguarda anzitutto il tema delle politiche fiscali, “che sono state molto restrittive negli Anni ’10, soprattutto in Europa, mentre ci si attende una fase espansiva nel breve e medio periodo. Ciò comporterà un aumento del ‘debito pubblico’ a valori che in qualche misura dovrà essere reso sostenibile. Per permettere ciò, è lecito attendersi che l’aumento del deficit si accompagnerà a politiche monetarie che rimarranno espansive. Ciò dovrebbe dare una spinta alla crescita economica, tenendo contemporaneamente bassi i tassi reali: come conseguenza di ciò, un rialzo dell’inflazione nel medio periodo, oltre che verosimile, sarebbe anche auspicabile, in quanto permetterebbe di ridurre il rapporto debito/Pil” ha concluso Cingi.

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