L’effetto crescita del Pil pro capite sul mercato indiano

Banche, beni di consumo, information technology (IT) e farmaceutica sono alcuni dei settori in focus per lo sviluppo dell’India nel lungo termine. La chiave per la crescita? L’aumento del Pil pro capite e i suoi effetti. Ne parliamo con UTI International

Penetrazione del comparto Bfsi (Banking, financial services and insurance) inferiore rispetto agli altri paesi in via di sviluppo; reddito pro capite a livelli bassi; spesa interna in ambito IT ancora grande quasi quanto quella esterna; domanda di prodotti farmaceutici bassa rispetto ai livelli globali. Nonostante gli interessanti tassi di crescita, il mercato indiano resta indietro su alcune aree di sviluppo strategico, da monitorare in un’ottica di ripresa post-covid.

India e la questione del Pil pro capite

Secondo quanto riportato dal Fondo monetario internazionale (Fmi) nell’ottobre 2020, il Pil pro capite indiano si attesta a 2.031 dollari, livello significativamente inferiore rispetto ad altri mercati emergenti, tra cui Russia ($10.792), Cina ($11.713), Messico ($8.403), Brasile ($6.728) e Sud Africa ($5.236).
“Un aumento del reddito pro capite” sottolinea Ajay Tyagi, gestore del fondo UTI India Dynamic Equity Fund, “porterebbe a una maggiore domanda di servizi bancari, assicurativi e creditizi, ancora molto bassa nel Paese se guardiamo altri mercati emergenti. A questa, potrebbe fare seguito una crescita dei business bancari del settore privato che, pur mantenendo una sovraperformance stabile in termini di crescita del credito, rappresentano una quota minoritaria rispetto agli istituti pubblici (banche Psu, Public sector undertaking)”.

Consumi in crescita e boom dell’IT: implicazioni

A livello di consumi, l’aumento del reddito pro capite spingerebbe ad un maggior consumo di prodotti di migliore qualità, nonché di prodotti per la cura della persona. “Aziende con marchi noti, forti sul lato della distribuzione, sono oggi nella posizione migliore per sfruttare l’aumento della domanda” prosegue Tyagi. Per esempio, i consumi elettronici in India sono passati da una penetrazione di mercato del 23% nel 2012, al 32% nel 2020, mentre la voce della distribuzione organizzata dei beni alimentari è cresciuta dall’1,5% al 5% nello stesso periodo, mettendo in evidenza non solo la crescita che hanno avuto le moderne catene di supermercati ma anche l’ampio margine di mercato che possono ancora guadagnare inglobando i più piccoli e tradizionali negozi di alimentari, che insieme dominano il mercato con una quota che supera il 90%.
Interessanti prospettive provengono anche dal comparto IT: “il business digitale rappresenterà circa il 60% della spesa tecnologica globale nel 2025, rispetto al 10% del 2014, con un Cagr (Compound annual growth rate) del 24%”. Secondo i dati Nasscom, Edelweiss Research, la quota di mercato dei servizi IT in India è oggi pari al 14% circa di quella globale, con ampi margini di crescita potenziale. Da attese, per il settore IT indiano il business digitale peserà circa il 38% del totale delle prospettive al 2025.

Comparto farmaceutico più di nicchia

Particolare attenzione merita infine il comparto farmaceutico. Nel periodo 2006-2020, il consumo di farmici indiano è cresciuto ad un Cagr del 11,6% circa. Nonostante ciò, la spesa pro capite per i prodotti farmaceutici è rimasta bassa rispetto ai livelli globali: parliamo di 20 dollari l’anno, di gran lunga inferiore alla spesa americana ($1.100) e a quella media a dei mercati emergenti ($175).
“Le spese sanitarie aumentano man mano che i paesi diventano più ricchi, presentando grandi opportunità di crescita. La maggiore incidenza di malattie legate allo stile di vita, l’aumento della consapevolezza sanitaria e la crescita di assicurazioni sanitarie porteranno daranno ancor più slancio al settore” precisa l’esperto di UTI International. Dal canto loro, gli operatori indiani in ambito farmaceutico si stanno gradualmente spostando verso aree di nicchia, in cui la concorrenza è minore e il potere di determinazione dei prezzi è maggiore (soluzioni per l’oncologia, iniettabili, prodotti transdermici, topici e biosimilari).

La soluzione di UTI International

In un contesto sfidante, il fondo UTI India Dynamic Equity Fund investe in aziende di alta qualità, aventi la capacità di sostenere un elevato rendimento del capitale impiegato (Roce). Ma non è tutto: mentre le aziende di alta qualità mirano a creare valore economico, un’attività ad alta crescita consente di sfruttare questo valore economico. È per questo motivo che il terreno di caccia preferito del fondo per la selezione dei titoli è l’intersezione tra qualità e crescita.
“In qualità di investitori bottom-up, crediamo non sia necessario cambiare l’allocazione settoriale a causa di fattori macroeconomici, concentrandoci invece sulle attività sottostanti. Pertanto, non cerchiamo di prevedere i settori che saranno più o meno favoriti nel breve periodo e non guardiamo la composizione del benchmark”. Un esempio? “Non investiamo in nessuna compagnia oil & gas, mentre queste pesano più del 12% nell’indice, in quanto nessuna azienda opera in questo settore supera i nostri criteri di qualità e crescita, al momento”.

UTI India Dynamic Equity Fund

Anche le società a media e piccola capitalizzazione hanno ottenuto buoni risultati rispetto alle grandi capitalizzazioni nell’ultimo anno e questo si riflette ora nelle loro valutazioni. “La nostra filosofia consiste nell’acquistare aziende resilienti, con flussi di cassa alti e consistenti, bilanci solidi e in grado di resistere a grossi ribassi dell’economia come abbiamo assistito lo scorso anno. In generale, crediamo che l’impatto della seconda ondata da coronavirus in India si farà sentire maggiormente sulle aziende più deboli che sono indebitate e che non hanno una generazione di cassa sufficienti per sostenersi”.

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