Il calo del Nasdaq? Questione di “affollamento” tech

Titoli tech al centro della scena, non più per i numeri da capogiro sui listini, ma per quella domanda ricorrente tra gli investitori: siamo ormai giunti al giro di boa?

In un anno dominato dal comparto tecnologico, il ribasso dell’11% registrato dall’indice Nasdaq nelle prime tre settimane di settembre ha portato con sé non pochi interrogativi. Gli investitori hanno iniziato a chiedersi se quella appena vista sia la fine della leadership delle large cap americane (Facebook, Apple, Amazon, Microsoft, Netflix e Alphabet, per citarne alcune) o se si tratti, più in generale, di un indebolimento strutturale dei titoli growth.

Verso la fine del comparto tech?

Come sottolineato da David Eiswert, gestore di T. Rowe Price Funds Sicav – Global Focused Growth Equity, “la recente volatilità non rappresenta lo scoppio di una bolla azionaria o, più nel dettaglio, di una bolla delle azioni growth. Piuttosto, stiamo assistendo a un ribilanciamento del sovraffollamento” che ha interessato quei titoli growth che hanno performato meglio negli ultimi mesi, spingendo il rally del mercato.

Complessivamente, infatti, a inizio settembre Apple, Amazon e Microsoft assieme sono arrivati a pesare il 36% dell’indice Nasdaq; i tre, con l’aggiunta di Facebook e Alphabet, hanno invece raggiunto il 22% dell’S&P500.

Un “insolito” rally della tecnologia

Il rally della tecnologia (tra il 15 e il 20% da inizio anno e a +55% circa dal minimo della pandemia) si deve anzitutto ad una circostanza “insolita”, per cui le società tecnologiche più note sono state in grado di performare “prima, durante e dopo la crisi, se pur con il supporto di risultati migliori a livello di vendite, utili e flussi di cassa”.

Dal 2007 ad oggi, infatti, i free cash flow dei titoli growth (rispetto all’indice Russell 1000) sono saliti del 142% rispetto al 16% cumulato delle aziende value, mentre gli utili per azione hanno incassato una crescita dell’89% contro il 5% dei value.

Come monetizzare l’innovazione

A favore della spinta tecnologica, ha commentato l’esperto di T. Rowe Price, stimoli monetari finalizzati all’innovazione (che sbloccano a loro volta capacità produttiva) e il deterioramento del ciclo ‘normale’ di crescita e inflazione, che offrono maggiori possibilità di monetizzare l’innovazione tecnologica.

“A nostro avviso le attuali valutazioni non sono estreme, anche se in certi casi hanno raggiunto livelli cari. Siamo quindi consapevoli della necessità di gestire i rischi legati alle valutazioni, sebbene vi siano buone ragioni dietro l’espansione dei multipli a partire dai minimi raggiunti a marzo”.

Titoli tech: chi vince in portafoglio

A livello di portafoglio, “abbiamo ridotto le posizioni in alcuni dei vincitori più noti della pandemia, in particolare laddove le valutazioni erano aumentate tanto da diventare un rischio, come nel caso di Netflix”.

Per quanto concerne invece colossi quali Amazon e Facebook, “siamo convinti stiano ancora monetizzando il proprio modello di business meno di quanto potrebbero, considerando i recenti investimenti che dovrebbero portare ad un aumento dei margini nei prossimi anni.” Inoltre, ha concluso l’esperto, “manteniamo una view costruttiva anche su Apple, dato il solido ciclo di uscite di nuovi prodotti in arrivo”.

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