Il significato delle parole della finanza per l’investitore

L’ABC dell’educazione finanziaria parte da concetti chiave come rischio, rendimento, durata e molti altri. Vi sono però degli acronimi che non possono essere dati per scontati: eccone 10 che l’investitore non può non conoscere

Pic, Pac, Pir, Btp, Ipo: sono alcuni degli acronimi del mondo finanziario che catturano l’attenzione dei media e degli investitori ogni giorno ma che spesso sembrano molto distanti e di difficile comprensione. Secondo una ricerca della Banca d’Italia del 2018 infatti, solo il 30% delle persone in Italia ha un livello adeguato di educazione finanziaria. Una percentuale che Pictet AM è determinata a far crescere attraverso un impegno concreto. Anche perché, secondo la casa di gestione, una corretta educazione finanziaria genera da sola rendimenti superiori dello 0,5%. È tempo quindi di mettersi a studiare: ecco 10 acronimi che l’investitore, esperto o alle prime armi, non può non conoscere.

Le parole della finanza: 10 acronimi

IPO

L’Initial Public Offering (Offerta Pubblica Iniziale in italiano) è un termine che riceve spesso notevole attenzione mediatica perché costituisce un momento di passaggio cruciale per una società. L’IPO è infatti lo strumento tramite cui una società riceve l’autorizzazione a diffondere i titoli tra il pubblico, requisito fondamentale per “quotarsi” su un mercato regolamentato. È un’operazione molto complessa, divisa in più fasi dalla durata complessiva di circa 4-6 mesi e che coinvolge diversi enti e attori. In Italia può prendere due forme: l’Offerta di pubblica vendita (vendita di vecchie azioni a nuovi investitori, obiettivo è un ricambio dell’assemblea dei soci) e l’Offerta di pubblica sottoscrizione (creazione di nuove azioni da vendere a nuovi investitori, obiettivo è raccogliere nuovi capitali).

PE

Il rapporto Price/Earnings (Prezzo/Utile in italiano) è utilizzato dagli investitori per valutare le aspettative di crescita di una società. Al numeratore vi è il prezzo del titolo sul mercato mentre al denominatore vi sono gli utili realizzati o attesi per azione: maggiore il rapporto che ne consegue, maggiore è la crescita attesa. Questo perché il pe è considerato come il numero di anni in cui l’investitore potrà recuperare il capitale investito (nel caso di utili costanti nel tempo), ma soprattutto perché più il rapporto è alto più il mercato crederà nella possibilità per la società di incrementare ulteriormente i propri utili nel tempo. Più gli utili crescono, più gli anni di “attesa” si riducono.

DY

Il Dividend Yield (Dividendo/Prezzo in italiano) è utilizzato dagli investitori per valutare il posizionamento di un’impresa rispetto a una o più imprese concorrenti. Al numeratore vi è l’ultimo dividendo annuo per azione (o il dividendo atteso) mentre al denominatore vi è il prezzo del titolo: un Dy stabile o crescente nel tempo è indice di forza dell’azienda. Nel confronto tra due o più imprese quindi, un Dy più elevato rende più appetibile l’investimento per due possibili casi: dividendi più elevati o un prezzo minore a causa di una sottovalutazione del titolo stesso.

YTD

Year To Date (anno in corso in italiano) è il periodo di tempo che intercorre dall’inizio di un esercizio alla data corrente. Solitamente l’inizio dell’esercizio coincide con il primo giorno del calendario, ovvero il 1° gennaio, ma è possibile che l’esercizio sia riferito all’anno fiscale, il cui inizio può essere deciso in maniera arbitraria. È usato dagli investitori per analizzare la performance di un titolo o dei bilanci di una società o il variare di un trend nel corso del tempo.

PIC

Se si ha a disposizione molta liquidità (es. un’eredità) il Piano di Investimento di Capitale potrebbe essere un investimento ideale. Si tratta di un versamento in un’unica soluzione di una certa somma di denaro. Per tale motivo è quindi indicato all’investitore in grado di sopportare un rischio elevato: la capitalizzazione finale del Pic potrebbe dipendere in grande parte dal momento in cui si decide di effettuare l’investimento, ma attenzione al market timing!

PAC

Il Piano di Accumulo del Capitale è uno strumento simile al Pac (servono entrambi ad aumentare il valore dell’investimento nel tempo) ma al posto di un’unica somma vengono effettuati versamenti costanti (mensili, bimensili, ecc…) anche in piccole rate. È ideale per l’investitore che, nel medio-lungo termine, vuole accumulare un capitale maggiore rispetto alla somma dei singoli versamenti periodici effettuati. Proprio perché permette di “spalmare” il rischio in un periodo maggiore di tempo (riducendo la probabilità di acquistare nei momenti meno favorevoli del mercato), il Pac è adatto all’investitore più avverso al rischio.

PIR

I Piani Individuali di Risparmio sono strumenti introdotti in Italia nel 2017 per avvicinare il risparmio privato all’imprenditoria del Paese; attualmente si differenziano in ordinari e alternativi. Il PIR ordinario investe almeno il 70% del capitale in titoli (sia azioni che obbligazioni) emessi da imprese italiane o europee stabilite in Italia di cui almeno il 5% in aziende non presenti negli indici Ftse Mib e Ftse Mid Cap. Il PIR alternativo differisce per alcune specifiche tecniche, come la soglia annua massima di investimento (più alta), la percentuale di capitale in titoli di aziende non quotate (tutto il 70% e non più solo il 5%), il vincolo di concentrazione degli investimenti (doppia), rendendo lo strumento più rischioso e adatto quindi ad una clientela dall’elevata disponibilità finanziaria (affluent e private). Entrambi beneficiano di consistenti vantaggi fiscali.

BTP

Spesso al centro dell’attenzione mediatica, i Buoni del Tesoro Poliennali vengono collocati sul mercato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano. Sono obbligazioni a medio-lungo termine (i più comuni variano da 5, 7 a 10 anni) e le loro cedole vengono pagate due volte l’anno. Se si somma il reddito fisso derivante dalla cedola con la differenza tra il prezzo di emissione del titolo e quello di rimborso si può calcolare il rendimento del BTP. Se la differenza tra il rendimento dei BTP a 10 anni e quello dei Bund (il corrispettivo decennale tedesco) è alta, significa che vi sono dei dubbi sull’affidabilità dell’Italia nel pagare tra 10 anni il debito contratto oggi.

BOT (e CCT e CTZ)

Al pari dei BTP, i Buoni Ordinari del Tesoro sono obbligazioni collocate sul mercato dal MEF di breve-medio termine: le più comuni sono di 3, 6 e 12 mesi. A differenza dei BTP, i BOT non staccano una cedola periodica. Se si sottrae il prezzo di emissione al prezzo di rimborso si può calcolare il rendimento del BOT. Il prezzo di emissione è detto “a sconto” perché è sempre inferiore al valore nominale dello strumento, che è invece pagato al momento del rimborso. CCT e CTZ sono altre tipologie di titoli di Stato. I Certificati di Credito del Tesoro sono titoli a tasso variabile generalmente dalla durata di 7 anni con pagamento di cedole semestrali (sulla remunerazione incide l’Euribor maggiorato di uno spread e lo scarto di emissione, ovvero la differenza tra il valore nominale e il prezzo di emissione). I Certificati del Tesoro Zero Coupon sono invece titoli obbligazionari di 24 mesi privi di cedola il cui rendimento è la differenza tra il valore di rimborso pari al 100% del valore nominale e il prezzo di emissione.

SDG

Nel 2015 l’Onu ha individuato 17 Sustainable Development Goals (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in italiano) che dovranno essere raggiunti entro il 2030 per promuovere il benessere umano e proteggere l’ambiente. Si concentrano principalmente nelle 5 P: Persone (eliminare povertà e garantire dignità), Prosperità (agio economico e armonia con la natura), Pace, Partnership (collaborare per raggiungere gli obiettivi) e Pianeta (bene da proteggere). Anche le imprese potranno incorporare questi obiettivi nei loro modelli di business affinché investimenti, innovazione, tecnologia e collaborazioni siano in futuro totalmente sostenibili.

 
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