Bitcoin, termometro di paura per le banche centrali

Bitcoin sulla rampa di lancio. Ma ancora con qualche difficoltà all’orizzonte. La criptovaluta è volubile, difficilmente utilizzabile come divisa di pagamento e troppo volatile per ritenersi strumento di investimento

Il possibile rientro della politiche monetarie altamente accomodanti da parte delle banche centrali ha spinto i mercati a portarsi in una posizione di difesa. La paura è che, con le loro azioni, le istituzioni stiano gradualmente monetizzando il disavanzo pubblico, ovvero finanziando in via permanente la spesa eccessiva dei governi come strumento a sostegno delle economie.
Un problema non secondario se si considera che, storicamente, la monetizzazione del debito ha portato ad un aumento incontrollato dell’inflazione.

Cripto, barometro di sentiment economico

“Le criptovalute sono diventate il barometro del sentiment di politica monetaria aggressiva da parte delle banche centrali e di repressione finanziaria” ha commentato Luca Paolini, Chief Strategist, Pictet Asset Management. “Nell’ultimo decennio, le banche centrali hanno sostenuto le loro economie sulla scia della crisi finanziaria globale, facendo scendere i tassi di interesse e i rendimenti obbligazionari al di sotto del tasso di inflazione e imponendo di fatto agli investitori rendimenti negativi una volta rettificati per l’inflazione.
L’incertezza legata alle monete tradizionali, assieme al boom degli acquisti online e un mondo a tassi a zero, ha accresciuto l’interesse nel bitcoin e ridotto il costo opportunità del detenere beni che non generano reddito. Tuttavia, il troppo recente track record delle valutazioni non rende facile un’analisi storica dei prezzi, come invece si è fatto negli anni con l’oro. A tal proposito, ha precisato Paolini, “la criptovaluta ha mostrato una modesta correlazione positiva con le azioni e l’oro, e una correlazione negativa con i Treasury Usa e il dollaro”.

Il bitcoin si fa strada come mezzo di scambio

Nel frattempo, il bitcoin si è fatto strada: aziende, banche e società di pagamenti hanno iniziato ad utilizzare il bitcoin per il suo scopo originale: come mezzo di scambio. Alcuni esempi arrivano da Tesla, Mastercard o BNY. Anche il Cme (Chicago mercantile exchange), operatore di derivati statunitense, offre oggi futures su bitcoin: un passo avanti verso un mercato più liquido e gestibile. Ma non è abbastanza
Il bitcoin rimane uno strumento scomodo all’utilizzo. Il taglio di un bitcoin è eccessivamente alto, le transazioni non sono abbastanza rapide (tra le tre e le nove al secondo), l’utilizzo è ancora poco diffuso e sono innumerevoli i casi di persone che smarriscono la propria password per accedere al proprio portafoglio in bitcoin: come sottolineato dal New York Times, si stima che circa il 20% della criptovaluta si trovi in un “limbo”.
Inefficiente” per riprendere le parole del segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen.

Bitcoin attira sia investitori, che regolatori

Questione di tempo? Probabile. “Più il bitcoin attirerà l’interesse speculativo degli investitori dilettanti, più probabilmente i regolatori che hanno il compito di proteggere i consumatori interverranno. Sebbene non sia ancora considerato un potenziale rischio sistemico per il sistema finanziario, si tratta di un mercato abbastanza grande da attirare l’attenzione dei regolamentatori”.
Ad intaccare il futuro del bitcoin potrebbe inoltre essere la vera consapevolezza dell’innovazione sottostante: una divisa basata su un sistema di trasmissione anonimo in blocchi (la blockchain) potrebbe far comodo a istituzioni e governi. Un dollaro digitale, ad esempio, “potrebbe portare a pagamenti più rapidi, sicuri ed economici” offrendo l’anonimato ai propri utenti, precisa Paolini.

Bitcoin, esistono solo 21 milioni di unità

“L’attrattiva principale per il bitcoin rimarrebbe quindi la sua disponibilità limitata, con un tetto massimo di 21 milioni di unità. E ci vuole una potenza di calcolo ancora superiore per estrarre ogni ulteriore Bitcoin, rendendo questa valuta immune al tipo di deprezzamento delle valute tradizionali che molti dei suoi sostenitori temono” ha aggiunto l’esperto di Pictet AM.
Anche in tal caso, tuttavia, resta una incognita: la produzione di bitcoin (attività di mining) impiega fonti di energia non rinnovabili, per un apporto complessivo di elettricità che, riporta la Bbc, è pari a quello dell’Argentina. Uno spreco che in un mondo indirizzato alla sostenibilità dovrà essere presto colmato con nuovi investimenti.

 
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