Come petrolio e coronavirus spingono la transizione green

Mobilità ridotta, stop alla circolazione, strutture produttive chiuse e calo dei consumi. Risultato: acque più limpide, risorse meno stressate, aria più pulita. E così, nel caos generale dei mercati, la sostenibilità trova terra fertile per accelerare il proprio corso. In che modo?

Prezzo del petrolio ai minimi da 18 anni e lockdown globale per arginare i contagi da coronavorus, due acceleratori del processo di transizione verso un’economia più green. A sottolinearlo sono gli esperti di Lombard Odier Investment Managers, che guardano ai recenti avvenimenti di mercato in un’ottica costruttiva.

Transizione green: i comparti del domani

Al centro dell’interesse degli esperti si trovano le energie rinnovabili, le tecnologie green (biomateriali, agricoltura di precisione, proteine alternative, manifattura pulita/snella) e le infrastrutture per l’abilitazione dei processi (trasmissione/distribuzione, stoccaggio e sistemi digitali), senza tralasciare l’emergente economia basata sull’idrogeno. “La rivoluzione pulita si basa, molto semplicemente, su una proposta economica fondamentalmente più valida di quella dell’industria del passato, che non sarà minacciata dalle turbolenze di mercato cui assistiamo oggi”. Entriamo quindi nel dettaglio.

I fattori chiave della transizione: politiche, coronavirus, petrolio

A spingere nella direzione della sostenibilità saranno, a detta degli esperti, alcuni fattori chiave dei quali già si iniziano a scorgere gli effetti.
In primo luogo, il ruolo di governi e banche centrali, impegnati in politiche a supporto dell’energia rinnovabile e della transizione verso un mondo a zero emissioni. L’Unione europea ha già annunciato il proprio “Green Deal” da 1.000 miliardi di dollari, concepito per portare il blocco a zero emissioni entro il 2050, “una transizione che dovrebbe essere riconosciuta anche a livello legislativo nel futuro più prossimo”. Parallelamente, gli istituti centrali stanno valutando l’introduzione di un “fattore di supporto ecologico” a livello di politiche macroprudenziali, “che potrebbe disporre la necessità di prediligere attività e strumenti finanziari verdi tramite misure sui requisiti patrimoniali, regole relative alle garanzie collaterali o piani di Qe”.
In secondo luogo, l’ottimizzazione dei costi a livello di energie rinnovabili e l’efficientamento delle batterie (specie per quanto concerne la mobilità pulita). Secondo quanto riportato dagli esperti, “i costi delle tecnologie verdi sono scesi dell’80% rispetto al biennio 2008/09, durante l’ultima grande tornata di stimoli fiscali che avevano avuto come beneficiari principali le infrastrutture verdi. Ci attendiamo quindi una rapida escalation di stimoli fiscali volti alla transizione verso un mondo a basso carbonio” un modo per incentivare gli investimenti e contrastare l’impatto recessivo di Covid-19.
Terzo fattore, tra i più rilevanti, la consapevolezza da parte dei consumatori verso un mondo più sostenibile. Un cambiamento dei comportamenti a sostegno della transizione che spinge ad un consumo a impatto zero e che apre nuovi sbocchi di mercato alle realtà del settore
Quarto punto d’attenzione, l’epidemia di Wuhan, trasformatasi in pandemia globale, ha spinto al ribasso la domanda di prodotti ad alta intensità di carbonio, palesando un’inefficienza di fondo: la lunghezza delle supply chain. “Covid-19 ha messo a nudo quanto siano effettivamente estese le catene di approvvigionamento”. Di conseguenza, “potremmo assistere ad una delocalizzazione dei centri produttivi e a qualche forma di de-globalizzazione. A sua volta, questo potrebbe determinare un calo dei fabbisogni di trasporto, dalle navi, ai camion e al trasporto aereo”.
Infine, il calo della domanda di petrolio, che difficilmente tornerà ai picchi del passato. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, entro il 2020 la domanda di petrolio diminuirà per la prima volta in dieci anni, per effetto del rallentamento economico cinese e delle restrizioni imposte sul settore di viaggi e turismo a livello mondiale. Non solo: gran parte del petrolio è prodotto tramite processi altamente dannosi in termini di cambiamento climatico, sia esso petrolio artico, sabbie bituminose o combustione di metano dovuto al fracking. Il rischio per i produttori è che il pesante impatto ambientale delle attività condotte sia penalizzato dall’impegno collettivo ad investire in un’economia a zero emissioni. “In questo scenario, i prezzi del petrolio potrebbero restare bassi. Questo, a sua volta, indirizzerebbe i capitali verso opportunità economicamente più attraenti nel settore energetico, consentendo la riallocazione degli indispensabili finanziamenti dai combustibili fossili verso investimenti più ecologici”.

 
Ulteriori approfondimenti? Ascolta il podcast di Giancarlo Fonseca, head of distribution Italy Lombard Odier IM

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