Giappone: l’assenza di diversità di genere costa caro

Nel corso degli anni, la diversità di genere è passata dall’essere una questione morale a una questione di crescita economica e commerciale. Capiamo cosa significa con LGIM

L’ultimo aggiornamento del glass-ceiling index, l’indice pubblicato ogni anno dall’Economist che stila la classifica dei paesi più avanti in materia di uguaglianza di genere (gender equality), parla chiaro: Svezia, Islanda e Finlandia occupano la pole position. A fondo gara, il Giappone, superato solo, in peggio, dalla Corea del Sud. Ma il problema non si esaurisce qui. Sempre il Giappone si è assicurato il 120° posto su 156 paesi analizzati nel rapporto 2021 sul divario di genere mondiale del Global Economic Forum. Un dato che delude ancor più se raffrontato a 15 anni fa, quando, nel 2006, si attestò per la medesima categoria al 79° posto su 115 paesi.
In un contesto in cui la diversità di genere nei consigli di amministrazione acquista importanza, Tokyo e il suo indice di riferimento potrebbero subirne le conseguenze. “Affermiamo da oltre un decennio che, in qualsiasi realtà, la diversità di prospettive e opinioni è essenziale per un buon processo decisionale” spiega Aina Fukuda, Japan ESG Manage di Legal and General Investment Managers. “Oltre a sembrare una cosa di buon senso, numerosi studi lo confermano con correlazioni che indicano che le aziende con leadership diversificata mostrano una sovraperformance finanziaria guidata da crescita e innovazione superiori, nonché da un rischio inferiore”.

Cosa dicono i report

In base al rapporto McKinsey Global Institute sulla gender equality, nel decennio 2015 – 2025 la riduzione o la totale eliminazione delle disuguaglianze di genere avrebbe un impatto sulla crescita economica globale stimata tra i 12 e i 28 mila miliardi di dollari. Al contempo, secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum, mercati già ben sviluppati come quello nordamericano non vedranno l’uguaglianza di genere prima di altri 150 anni, con un elevato impatto sulla prosperità dell’economia o della società.

Il rischio del deficit demografico

“La promozione della diversità cognitiva dovrebbe essere una priorità per il Giappone, dove consigli di amministrazione e team di leadership sono solitamente dominati da uomini giapponesi più anziani”. Inoltre, sottolinea l’esperta d LGIM, “notiamo che la diversità di genere non è solo una questione di successo per le aziende giapponesi: è proprio una questione di sopravvivenza. La popolazione giapponese ha raggiunto il picco nel 2008 e quelli di età pari o superiore a 65 anni ora rappresentano più di un quarto del totale”.
Alcune stime prevedono un deficit dei lavoratori, che dovrebbe tradursi entro il 2030 in un buco di quasi 6,5 milioni di persone. Le aziende giapponesi devono quindi “semplicemente” trovare nuovo personale, attingendo anche dalla popolazione femminile.

I passi avanti, flebili, del Giappone

In questo quadro vi è comunque un aspetto positivo.
Nel 2003, il governo ha fissato un obiettivo 2020 che mirava ad aumentare la percentuale di donne in posizioni di leadership al 30% entro il 2020. Target assolutamente mancato. In compenso, nel dicembre 2020 il Gabinetto ha approvato un nuovo piano quinquennale che sostanzialmente ha prorogato la data per il raggiungimento di tale obiettivo entro, al massimo, il 2030. “Nel corso degli anni, la diversità di genere è passata da una questione morale a una questione di crescita economica e commerciale” sottolinea Fukuda.

Effetto gender equality sul Topix

Sebbene la maggior parte delle società quotate in Giappone non abbia ancora nominato una donna nel proprio consiglio direttivo, il numero di consigli di amministrazione di soli uomini di aziende incluse nel Topix 100 (Tokyo stock price Index delle 100 aziende più capitalizzate sul mercato) è diminuito da 37 nel 2017 a 11 nel 2020; discorso analogo per il Topix Mid 400, sceso da 223 a 111 nello stesso periodo.
“Un anno fa, abbiamo esteso al Giappone la nostra politica di voto sulla rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione” ha concluso Aina Fukuda. Le implicazioni di tale mancanza di diversità sono fonte di preoccupazione per gli investitori a lungo termine.

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