Cina, dallo shock alla crescita. Benvenuti nel nuovo decennio

La Cina rialza la testa nel secondo trimestre, con un Pil tornato a crescere a giugno del 3,2% su base annua contro attese del 2,5%. Con quali occhi guardare ora ad un (non più giovane) Dragone?

Lasciati indietro i cattivi ricordi di quel -6,8% di marzo, Pechino ha ribadito la propria disponibilità ad intervenire con nuove misure di stimolo volte a rafforzare e ridare energia al tessuto economico del Paese qualora ve ne fosse bisogno. Per fare un confronto tra l’attuale crisi e ciò che accadde nel 2008, durante la Grande crisi finanziaria, l’economia cinese subì un rallentamento di 5 punti percentuali, raggiungendo un minimo di crescita pari al +6% su di un periodo di 12 mesi.

Cina, una ripresa graduale

“Lo shock sulla crescita dovuto al Covid-19 è senza precedenti e la ripresa in corso è graduale e segmentata” ha commentato Prakriti Sofat, Emerging Markets Fixed Income Economist, Goldman Sachs Asset Management.
Nonostante il miglioramento dei principali indicatori macro (indice manifatturiero Pmi a giugno sopra la soglia dei 50 e produzione industriale in crescita del 4,8%), rimangono le preoccupazioni legate al calo dei consumi e dell’export. “I consumi sono in via di miglioramento, ma c’è una certa cautela dovuta alle preoccupazioni per l’occupazione e la crescita del reddito. Le esportazioni saranno le ultime a risollevarsi, poiché la domanda esterna per la Cina subirà un impatto negativo a causa delle ricadute globali del coronavirus”.

PBoC meno presente di Fed e Bce

Diversamente dal passato, la risposta cinese allo stato di crisi è stata molta meno aggressiva. Sia gli stimoli fiscali che le politiche monetarie (con un tasso privilegiato d’interesse fermo da aprile al 3,85%) risultano deboli rispetto alle decisioni prese dagli altri istituti centrali (Fed americana e Bce in primis), ma anche rispetto alla risposta della Cina durante la Gfc(Crisi finanziaria globale). “Lo stimolo fiscale annunciato dall’inizio del Covid-19 è stato di circa l’1,2% del Pil, mentre durante la Gfc è stato di 10 punti del Pil. I tagli dei tassi sono stati di 30 punti base nel ciclo attuale rispetto ai tagli di 150 punti base della Federal Reserve statunitense. La risposta della politica monetaria cinese è stata contenuta a causa del riconoscimento di un margine di manovra più ridotto, poiché i livelli di debito in Cina sono oggi molto più elevati rispetto a dieci anni fa”.
Mentre le stime del Fondo monetario internazionale parlano di una crescita cinese dell’1,2% nel 2020 “noi prevediamo una crescita tra il -1 e l’1% nello stesso anno. Nel 2021 ci aspettiamo una forte ripresa” ha aggiunto l’esperto.

Consumi e servizi: il 55% dell’economia

Consci del fatto che difficilmente torneremo a vedere livelli di crescita cinese pari a quelli di inizio millennio, negli ultimi 10 anni la Cina si è riorganizzata: consumi e servizi rappresentano ora quasi il 55% dell’economia. “Questo cambiamento nel modello di crescita continuerà e forse riceverà un impulso favorevole dall’epidemia del virus. Vedremo anche nuove tendenze come un maggior consumo di servizi nel settore sanitario, nell’istruzione online e nell’intrattenimento, ma un calo strutturale dei viaggi d’affari”. Relativamente alle vendite, in Cina il 23% degli acquisti al dettaglio avviene già online, percentuale che tenderà a crescere negli anni futuri.
Inoltre, nel settore manifatturiero, “vedremo una maggiore integrazione a monte, già avviata a causa della guerra commerciale. La domanda interna complessiva è stata un importante motore di crescita e costituirà un elemento trainante per la Cina a fronte di un indebolimento della crescita globale. L’attenzione a lungo termine sulle riforme è fondamentale per aumentare la produttività e sostenere la crescita potenziale”.

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