Resilienza, questione di supply chain (e mercato domestico)

Resilienza: capacità di un individuo di reagire di fronte a traumi e difficoltà. Abilità che nel 2020 coinvolge le imprese e i governi di tutto il mondo nella ripresa dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica. Con un sorvegliato speciale: la supply chain

L’incertezza costringe a risposte immediate. Ma, soprattutto, a misure il più locali possibile. Un esempio? La gestione della supply chain durante le fasi più acute dell’emergenza provocata dalla crisi sanitaria. Con la produzione bloccata in Cina ed esportazioni diradate, diversi paesi hanno infatti dovuto riorganizzare la propria catena di distribuzione, cominciando a produrre più localmente quei beni che fino a quel momento venivano importati (specialmente dall’oriente). La morale, a mesi di distanza dall’inizio dell’emergenza? I mercati locali possono essere più resilienti di quanto immaginato.
Un concetto che per i governi di tutto il mondo è ora più importante che mai. Infatti “da un punto di vista governativo, la resilienza delle supply chain è ora diventata una questione di sicurezza nazionale”, sottolineano gli esperti di Fidelity International. E se “le attività transfrontaliere continuano, c’è un maggiore desiderio di garantire velocità e sicurezza delle catene di distribuzione all’interno dei confini nazionali”.
Ma come si rafforza la resilienza di una nazione e della sua economia, a partire dalla supply chain? Sia le imprese che i governi giocano un ruolo decisivo. Da un lato, in futuro “le aziende guarderanno non soltanto a una maggiore efficienza della catena di distribuzione, ma anche alle diverse forme che questa potrà prendere”, ha sottolineato Andrew McCaffery, Global Cio, Asset Management di Fidelity International. I governi, invece, “si concentreranno in certi settori chiave e su come potranno promuovere le attività all’interno dei confini nazionali”.

Cina, attenzione al mercato domestico

Proprio su quest’ultimo punto un esempio viene dalla Cina, che fin dal 2006 è alla ricerca di strategie per incrementare la quota di spesa interna all’interno dell’attività economica. L’ultima, accennata per la prima volta in maggio dal Presidente Xi Jinping, mira alla creazione di un modello a ‘doppia circolazione’. In primis, una forte domanda interna e innovazione come principali motori dell’economia; poi, il mantenimento dei mercati esteri e degli investitori stranieri come seconda spinta alla crescita.
Tuttavia, per aumentare la spesa interna del paese sono necessarie politiche che assottiglino le disuguaglianze sociali ed economiche tra le popolazioni rurali più e quelle urbane più agiate. Misure che stanno dando i propri frutti: nel 2019, infatti, il Pil pro capite cinese superava i 10,000 dollari per la prima volta nella storia. I risultati? Sempre lo scorso anno la spesa dei consumatori cinesi contribuiva al 57,8% della crescita del Pil rispetto al 35,3% del 2008.

Europa, una supply chain sostenibile

Altra possibilità per una ripresa più forte e stabile arriva dall’Europa. In questo caso la strategia, però, è puntare sulla sostenibilità. Un trend che, sebbene fosse già in corso, è ora stimolo per affrontare la crisi con un occhio al futuro e riprogettare l’economia di tutta l’eurozona. E come coinvolgere verticalmente più settori con un raggio d’azione più ampio possibile? Una risposta, tra le altre, è guardare con attenzione alla supply chain delle aziende.
Tuttavia, ai tempi del Covid-19 “è meno una questione di lunghezza e geografia della catena di distribuzione e più una questione di governance e controllo”, sottolineano gli esperti Fidelity International. “Il Covid-19 ha costretto il commercio a considerare sempre più i fattori Esg. Le aziende devono ora prendere queste istanze molto più seriamente di quanto fatto finora, in quanto stanno riguardando non solo le supply chain ma anche la reputazione, e stanno avendo un impatto più tangibile sul costo del capitale”, ha concluso Romain Boscher, Global Cio, Equities di Fidelity International.

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