Come riassorbire decenni di politiche accomodanti

Cambio di marcia sulle politiche monetarie? Non è così facile. Volatilità di mercato accentuata e perdurare di politiche fiscali accomodanti tendono ad ostacolare il ritorno di una normalità pre pandemia. La view di Didier Saint-Georges, Carmignac

Politiche monetarie espansive, consistenti e a lungo termine, con un effetto collaterale: la difficoltà nel tornare ad un contesto di normalità. Una situazione risultata chiara a partire dalla seconda metà del primo trimestre 2021, quando sui mercati è iniziato ad aleggiare il rischio di un possibile rialzo dei tassi d’interesse a lungo termine prima delle attese, legato ad un crescente timore di un surriscaldamento dei prezzi.

Come riassorbire decenni di politiche accomodanti

“Un regime di mercato che dura da decenni non è così facilmente reversibile” ha commentato Didier Saint-Georges, Head of Portfolio Advisors, Managing Director and Member of the Strategic Investment Committee, nella seconda Carmignac‘s Note di marzo 2021. “All’inizio è normale che vi sia un aumento della volatilità: quella sui mercati obbligazionari è già ampiamente un dato di fatto; quella sui mercati azionari ne è invece la logica conseguenza”.
Anche la storia non aiuta. La situazione che i mercati vivono oggi è ben diversa anche dalla crisi finanziaria 2008. All’epoca, a fronte di una politica monetaria estremamente accomodante, le politiche fiscali attuate furono molto modeste, limitate dalle opinioni sul rigore finanziario. “Ciò ha determinato crescite economiche poco brillanti e quindi scarsa crescita dei salari”.
Al contempo, “i tassi bassi hanno dopato gli asset finanziari. La crisi 2020 ha per la prima volta sconvolto questo approccio, costringendo i governi a voltare radicalmente le spalle al rigore di bilancio”. Un cambio di regime che, grazie agli aiuti governativi, ha innescato un aumento delle aspettative d’inflazione e che ha portato i mercati azionari ad ammortizzare il rialzo dei rendimenti obbligazionari, sulle crescenti attese di un rialzo dei tassi di interesse da parte della banca centrale americane prima del previsto (nel 2023).

No a giudizi prematuri

“È ancora eccessivamente prematuro giudicare se alla fine la correzione dei mercati obbligazionari soffocherà l’ottimismo degli economisti dopo il 2021. Tuttavia, per il momento il cambio di regime dei mercati esorta a essere prudenti sia sui mercati obbligazionari che su quelli azionari” sottolinea Saint-Georges.
Se l’attuale contesto di mercato si confermasse, inoltre, l’aumento dell’inflazione ridurrà i tassi d’interesse reali (tassi nominali meno inflazione) e allo stesso tempo renderà il debito più accettabile, aumentando ancora di più l’interesse verso i titoli azionari.
“Si pone quindi il problema: tassi d’interesse reali negativi e proseguimento del quantitative easing a un ritmo invariato possono essere sempre meno giustificati in un’economia che sta crescendo a un tasso compreso tra il 5% e il 6%, quando le Banche Centrali rischiano di rovinare il contesto preannunciando l’inasprimento della loro politica monetaria?”.
Di certo, spingendo a rialzo i tassi reali a lungo termine, “i mercati stanno indicando alla Fed che l’immobilismo presenta un costo crescente” aggiunge in chiusura l’esperto di Carmignac.
In uno scenario ancora incerto, accanto ai titoli che beneficeranno della riapertura delle economie, “conserviamo preziosamente in portafoglio i titoli growth, per i quali riteniamo che la visibilità sui risultati e il loro pricing power, in caso di aumento dell’inflazione, possano rappresentare punti di forza importanti in tutti gli scenari”.

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