Imprese e fallimenti: triplica il tasso di insolvenza

Fallimenti d’azienda in crescita, interventi riparatori delle banche centrali e una sorta di equilibrio precario che non rinfranca gli animi. Dopo Hertz, Cirque du Soleil e il colosso statunitense dei magazzini, Neiman Marcus, imprese ed investitori (specie quelli nel credito aziendale high yield) si chiedono a cosa si andrà incontro nei mesi a venire

Tasso di insolvenza americano triplicato rispetto allo scorso anno e passibile di nuovi incrementi. Giunto a ridosso della soglia del 6,2%, secondo Shannon Ward, gestore di portafoglio a reddito fisso di Capital Group, esso potrebbe arrivare a toccare il 10% nei prossimi mesi (restando però al di sotto del picco dell’11% toccato tra il 2008 e il 2010). In tal senso, è bene guardare ciò che sta sotto ai numeri.

La relazione imprese – fallimenti

Covid-19 ha inaspettatamente colpito il tessuto aziendale mondiale, spingendo, anche nei casi in cui di evidenti difficoltà economiche all’orizzonte non se ne scorgevano, le realtà di settore a contrarre nuovo debito, ricorrere alle proprie linee di credito revolving o sfruttare programmi di aiuti governativi. Se il sostegno monetario potrà in tal senso tamponare una difficoltà momentanea, ciò potrebbe non essere però sostenibile nel lungo termine.
Oltre al blocco delle attività e dei trasporti, cui si lega il grosso delle difficoltà aziendali, anche le imprese (specie quelle di minori dimensioni) hanno dovuto fare i conti con altre sfide: in primis, l’innovazione (e la necessità di nuove infrastrutture tecnologiche); in seconda analisi, il prezzo delle materie prime in calo (e la conseguente difficoltà per tutto ciò che si lega al comparto energetico). Che tutto il disagio derivi però dalla pandemia è errato anch’esso.
“Alcuni settori, quali quello petrolifero, erano in difficoltà già prima della pandemia. Le società al dettaglio reali con ampia presenza fisica sono invece alle prese con il massiccio spostamento verso l’e-commerce” ha spiegato l’esperta di Capital Group. “Nel settore dell’energia, lo scisto e il fracking hanno suscitato un considerevole entusiasmo e gli investitori hanno investito grandi capitali in queste società quando i prezzi del petrolio erano più alti. Ma ora quell’entusiasmo si sta ritorcendo contro”.
C’è poi una fetta di attività che ancora non ha avuto modo di valutare a pieno gli effetti della pandemia: “Le società immobiliari potrebbero dover affrontare il problema del mancato pagamento dei canoni di affitto da parte dei rivenditori al dettaglio“. E i negozi più piccoli che contano sul traffico dei grandi magazzini e che non hanno una forte presenza online “registreranno difficoltà quando i grandi anchor store andranno via”.

Le opportunità create dalla crisi

Per quanto la pandemia abbia portato molte aziende ad affrontare una diminuzione del proprio merito creditizio, “al 31 luglio 2020 il mercato dei titoli con rating BB è cresciuto fino a raggiungere circa il 55% del mercato high yield”. Per tale ragione, “stiamo effettuando investimenti in questo mercato, in particolare con le nuove emissioni high yield in rialzo del 48% rispetto allo scorso anno”.
Secondo il gestore, ulteriori opportunità possono essere rinvenute anche più in basso nella fascia dei rating high yield, un mercato in cui “molti investitori non hanno il tempo, la competenza o la flessibilità di mandato per investire” e che, per taluni versi, lo rende più attraente dal punto di vista delle occasioni.
Bisogna però stare attenti al quadro d’insieme, con una postilla: il sostegno monetario non durerà per sempre.
Se si guarda al mercato americano, l’obiettivo finale della Federal Reserve è chiaro: preservare i mercati dei Treasury dal tilt, evitare che i mutui precipitino (come accaduto nella crisi 2008) e assicurarsi che le grandi società investment grade siano in grado di rimborsare il proprio debito. “I programmi di acquisti obbligazionari hanno contribuito alla riapertura dei mercati ad aprile e hanno aiutato molte società ad accumulare la liquidità necessaria per superare la crisi. Hanno anche infuso ad altri creditori la fiducia nel prestito, pertanto il quantitativo effettivo di debito acquistato dalla Fed è stato limitato”.

C’è da preoccuparsi delle insolvenze?

“Le persone si concentrano comprensibilmente su eventi di primo piano, come fallimenti e insolvenze. Ma nonostante l’aumento del tasso di insolvenza, le insolvenze sono rare e le società in gravi difficoltà costituiscono un piccolo sottoinsieme dell’universo high yield“.
Malgrado l’aumento delle insolvenze, infatti, “i rendimenti della classe di attivi high yield sono stati solidi negli ultimi mesi. L’indice high yield che seguiamo è tornato al 25,5% dal punto più basso di marzo e al 31 luglio 2020 è in rialzo dello 0,64% per l’anno”.
In particolare “nel lungo termine, i rendimenti sulle obbligazioni high yield possono offrire agli investitori un significativo incremento del reddito rispetto ad altri investimenti nel debito, e per alcuni investitori le obbligazioni high yield funzionano bene nell’ambito di un portafoglio diversificato”.

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