Un mondo diviso a metà: cosa succederà al mercato nei prossimi mesi?

Dopo i primi sei mesi dell’anno, gli equilibri stanno cambiando con gli Stati Uniti che iniziano a mostrare sintomi di un rallentamento. Ma cosa possiamo aspettarci per la seconda metà del 2024? Parola a Carmignac

Dopo i primi sei mesi del 2024 risulta chiara una cosa, il mondo è diviso a metà e anzi, gli equilibri iniziali si stanno ora invertendo. A definire questo nuovo panorama sono principalmente due fattori: il grado di persistenza dell’inflazione e la resilienza del mercato del lavoro. Da un lato, Regno Unito ed Eurozona, dopo una partenza in salita, sono riusciti a prendere il ritmo, al contrario, Giappone e Stati Uniti dopo un inizio anno in quarta, sono ora costretti a rallentare.

Stati Uniti: tra rallentamento e spinta dal governo

Mentre negli States l’inflazione continua a scendere, anche se ben più lentamente rispetto al Vecchio continente, i consumi stanno piano piano diminuendo: se ad inizio anno questi erano previsti al 2,5% per il 2024, ora le stime sono scese di un intero punto percentuale. Le difficoltà economiche, causate anche da tassi di interessi molto rigidi, iniziano forse a farsi sentire?
Secondo Raphael Gallardo, Chief Economist di Carmignac, “la debolezza dei consumi dovrebbe però essere parzialmente controbilanciata dalla ripresa degli investimenti delle imprese, trainata dalle politiche industriali del governo Biden”.
In ogni caso, visto il graduale rallentamento dell’economia statunitense, è ancora possibile che la Federal Reserve decida di tagliare i tassi di interesse quest’anno, ma non più di due volte.

Europa al taglio tassi: basterà per rinforzare l’economia?

Ad oggi l’eurozona si trova in una posizione privilegiata. La disinflazione guidata da una forte offerta e il ritardo nel recupero dei salari a fronte di un lungo periodo inflazionistico, hanno permesso alla Banca Centrale europea di muoversi in anticipo rispetto alla Fed e ridurre i tassi di interesse già a giugno, spingendo così la ripresa dei consumi.
Ma non solo, a giugno si sono tenute le tanto attese elezioni parlamentari europee e, visto lo spostamento a destra, ci si potrà aspettare un’accelerazione del rimpatrio dei processi produttivi, con quindi una rinnovata spinta per il sistema industriale europeo.

Giappone: un’economia che si muove ad un ritmo tutto suo

L’entusiasmo di inizio anno per il Giappone inizia a raffreddarsi, si è forse trattata di una falsa partenza? L’indebolimento dello yen non sembra infatti placarsi: lunedì 1° luglio la moneta giapponese ha infatti toccato il minimo di quasi quattro decenni contro il dollaro americano. Ma non solo, mentre il dollaro ha guadagnato lo 0,31% contro lo yen, vendendo a 161,3765, il livello più forte dal dicembre 1986, l’euro è salito dello 0,58% rispetto alla valuta giapponese, passando di mano a 173,3685, il suo massimo punto dal 1992.
Gli effetti sono chiari guardando al mercato interno: in una economica dove i costi per le importazioni di materie prime rappresentano il 10% del Pil, il poter d’acquisto dei consumatori sta crollando.
Il governo di Tokyo è subito sceso in campo con delle politiche volte al rafforzamento della valuta locale, ma potrebbe non bastare. In una simile situazione la Bank of Japan si potrebbe veder costretta ad un nuovo inasprimento monetario.

Cina verso la ripartenza, ma il protezionismo occidentale preoccupa

Lo scorso anno è stato molto complicato per la Cina e il governo ha deciso di correre ai ripari creando un nuovo stimolo interno con politiche a breve termine sia per riattivare i consumi, sia per spronare il settore immobiliare. Però questi driver interni potrebbero avere vita breve. Inoltre, il sistema delle esportazioni che è da sempre un perno fondamentale per l’economia del Dragone, sta trovando davanti a sè moltissimi ostacoli. Dopo le crisi delle catene di approvvigionamento che hanno attraversato il mondo tra la pandemia di Covid e lo scoppio di vari conflitti in Europa e nel Mediterraneo allargato, sono sempre di più i Paesi occidentali che stanno optando per una politica protezionista, cercando di sviluppare nei propri confini un settore industriale in grado di rispondere alle necessità interne, senza dover più dipendere dalla grande fabbrica cinese.

Ma secondo Gallardo, a definire l’andamento del mercato, non sono solo le questioni interne, i fattori geopolitici saranno uno dei traini principali per le economie nei prossimi anni. La guerra in Ucraina, ad esempio, si è trasformata in una seconda guerra fredda, non più limitata agli scontri sul campo, ma una vera battaglia commerciale, finanziaria e tecnologica.
Insomma, “il nuovo modello geopolitico alimenta i rischi di shock inflazionistici legati all’offerta, ma determina anche un ciclo di investimenti delle imprese mentre, sullo sfondo, Stati Uniti e Cina cercano reciprocamente di superarsi in termini di armamenti e tecnologia”, conclude l’esperto.

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