Materie prime pronte al rimbalzo, le 3 ragioni per investire

I recenti record registrati da alcune materie prime, come il rame, sono segnali che qualcosa sta cambiando? Sì, secondo T. Rowe Price, che prevede un periodo di forti rendimenti per questa classe di attività nel prossimo decennio. Ecco le ragioni

Cacao, rame e gas. Sono solo alcune delle materie prime che nei mesi scorsi hanno toccato nuovi massimi, risvegliando l’interesse da parte degli investitori, che ora si interrogano se questi movimenti siano solo momentanei oppure segnali di una nuova forza. Il dubbio è lecito, visto che negli ultimi anni le commodities hanno riportato una significativa sottoperformance rispetto ai titoli azionari (americani): dal 1° gennaio 1981 al 30 aprile 2024 l’S&P500 è salito cumulativamente di oltre il 3.600%, mentre l’S&P GSCI, l’indice dei prezzi delle materie prime, ha guadagnato solo il 390% .

Un risultato che può aver indotto alcuni investitori a escludere questa classe di attività dal portafoglio. Ma ora potrebbe essere giunto il momento di rivedere questa posizione, perché secondo T.Rowe Price, qualcosa sta cambiando. “I rialzi delle materie prime sono stati relativamente modesti per un lungo periodo di tempo, ma ora potremmo trovarci di fronte a un nuovo contesto”, afferma Tim Murray, Capital Markets Strategist, Multi-Asset Division della casa di gestione americana.

L’esperto, infatti, individua tre fattori che potrebbero sostenere le commodities e favorire una inversione di tendenza nel prossimo decennio. Non sarebbe certo la prima volta. In passato ci sono già stati lunghi periodi in cui le materie prime hanno fatto meglio delle azioni, in particolare nel decennio inflazionistico degli anni ’70. E oggi la storia potrebbe ripetersi.

I 3 fattori che favoriranno le materie prime nei prossimi 10 anni

Più nel dettaglio, secondo Murray, potremmo essere sulla cuspide di un altro periodo di forti rendimenti delle materie prime, grazie a tre “mega tendenze” emergenti:

  • Deglobalizzazione. L’aumento delle barriere commerciali, unito alle interruzioni della catena di approvvigionamento osservate durante la pandemia Covid, ha portato a una parziale inversione della globalizzazione, facendo salire l’inflazione.
  • Decarbonizzazione. La spinta verso l’energia verde implica la necessità di sostituire i vecchi combustibili ad alto contenuto di carbonio. È dunque probabile che le forniture energetiche si restringano.
  • Intelligenza artificiale. Le applicazioni di AI richiedono un’enorme potenza di elaborazione dei computer, che potrebbe far crescere la domanda di energia. Non per niente, Microsoft ha stretto un accordo con Constellation Energy per ricevere energia nucleare in uno dei suoi data center.

“Si intravedono già i segnali di vento di coda per i prezzi delle materie prime”, insiste Murray, ricordando come i futures del rame e del gas naturale abbiano registrato un forte aumento negli ultimi mesi. A maggio, sulla piazza di Londra le quotazioni del rame hanno superato la soglia storica di 11mila dollari a tonnellata e sulla Borsa di New York il rialzo è stato ancora più impetuoso, considerando che in sei mesi il metallo ha evidenziato un balzo di oltre il 30%.

Il gas naturale, invece, solo lo scorso aprile ha toccato il massimo da sei mesi e in prospettiva non sono esclusi nuovi rincari, considerando che la produttività petrolifera statunitense potrebbe aver raggiunto il picco: “I progressi della tecnologia di scisto – avverte Murray – hanno permesso alle compagnie di estrarre più petrolio, anche se il numero di impianti di perforazione in servizio è diminuito drasticamente. Tuttavia, le principali misure della produttività petrolifera sono diminuite costantemente nell’ultimo anno”.

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