Febbre da AI sui mercati, ma occhio a questi 4 rischi

La performance di Nvidia, che da inizio anno ha fatto un +159%, è l’emblema di questa febbre scatenata sui mercati dall’intelligenza artificiale. Per quanto sia valido il potenziale di questa innovazione nel lungo termine, Capital Group solleva qualche dubbio sulla solidità di movimenti così forti e veloci. Siamo sicuri che vada tutto bene?

La febbre da AI sui mercati continua a salire, raggiungendo temperature shock. Da inizio anno Nvidia, il principale produttore di chip per l’intelligenza artificiale, segna un +159% a Wall Street e non per niente il mese scorso è diventata la prima azienda al mondo per capitalizzazione, superando la soglia dei 3.000 miliardi di dollari. Anche gli altri giganti tecnologici, come Microsoft, e Amazon, tra i partecipanti più visibili alla costruzione dell’AI, hanno visto le loro azioni balzare in avanti.

Ma fino a che punto questa euforia continuerà? Capital Group solleva qualche dubbio sulla solidità di questi movimenti così forti e veloci. “Per quanto creda nel potenziale a lungo termine dell’AI, ho imparato a essere scettico quando i titoli si spingono così lontano e così velocemente”, avverte Chris Buchbinder, equity portfolio manager della casa di gestione americana, ricordando quanto successo in passato con altre grandi innovazioni. Una su tutte l’avvento di internet.

“Alla fine degli anni ’90, durante il boom tecnologico e delle telecomunicazioni, ero un analista che si occupava di società di tlc – continua l’esperto – Ricordo di aver visto l’enorme entusiasmo per il potenziale di internet di trasformare l’economia. Sfortunatamente, c’era uno scollamento tra l’entusiasmo immediato degli investitori e i reali benefici economici che ne derivavano anni dopo”.

In altre parole, sebbene internet abbia avuto un impatto notevole sull’attività economica, i ritorni non si erano visti subito e gli investitori erano diventati impazienti. Oggi, come allora, ci troviamo in un periodo di grande entusiasmo per l’intelligenza artificiale e, senza mettere in dubbio l’importanza e la validità di questa innovazione nel lungo termine, è bene che a questo punto del ciclo gli investitori siano selettivi e inizino a considerare attentamente anche i rischi.

Quali? Capital Group ne indica quattro:

1. Spesso si sopravvaluta l’impatto a breve termine della tecnologia

Il primo rischio deriva dalla tendenza a sovrastimare l’impatto dell’innovazione tecnologica nel breve periodo e a sottostimare invece quello nel lungo periodo. Secondo Capital Group, questa distorsione è spiegata dalla curva della produttività: perché quando viene introdotta una nuova tecnologia, gli investimenti sono molto elevati ma l’adattamento a nuovi strumenti richiede tempo e dunque possono passare diversi anni prima che si realizzino benefici economici tangibili. In altre parole, gli effetti sulla produttività si vedono solo dopo un certo periodo di tempo.

“Credo che tra dieci anni l’AI avrà trasformato il nostro modo di fare business. Ma questo non significa che i ritorni si vedranno immediatamente o che l’intelligenza artificiale sia una scala mobile a senso unico per le aziende”.

2. Il ritmo degli investimenti dipenderà dai risultati

A questo primo rischio è legato il secondo. Ad oggi i giganti tecnologici Microsoft, Meta, Alphabet e Amazon hanno investito decine di miliardi di dollari in infrastrutture per l’AI, ma potranno continuare a farlo solo se vedranno un ritorno tangibile sul loro investimento sotto forma di crescita dei ricavi e degli utili. Il dubbio, quindi, in questo caso è: i ritorni dell’AI arriveranno nei prossimi anni o due? “Mi aspetto che per alcune aziende sarà così, ma per molte altre no. Sembra probabile che ci saranno intoppi lungo il percorso per le aziende i cui prezzi delle azioni stanno già riflettendo le aspettative di crescita future legate all’intelligenza artificiale”.

3. I limiti delle risorse potrebbero rallentare l’introduzione dell’AI

Un altro aspetto da considerare è che l’infrastruttura legata all’intelligenza artificiale richiede molte risorse. In primis quelle energetiche, per far funzionare i centri dati. Non per niente, molti big tech, come Microsoft, si sono rivolti a fornitori di energia nucleare per soddisfare il loro enorme fabbisogno.

Non solo. C’è anche la necessità di persone in grado di costruire i modelli fondamentali da cui dipende l’AI generativa, così come quelle che sanno come implementarli nelle aziende. “I potenziali limiti di capacità suggeriscono che i data center di intelligenza artificiale potrebbero non essere in grado di crescere così rapidamente come alcuni si aspettano nei prossimi anni”.

4. Non è da escludere lo scoppio di una bolla

Difficile capire se l’intelligenza artificiale sia entrata nel territorio delle bolle, ma Capital Group avverte: “ci stiamo avvicinando sempre di più”. Rispetto alla famosa bolla di internet un aspetto sembra però essere diverso e riguarda il fatto che i recenti guadagni dei titoli tecnologici finora sono stati sostenuti dalla crescita degli utili.

“Nvidia e altri giganti tecnologici hanno registrato una forte crescita degli utili negli ultimi trimestri e dispongono di un maggiore supporto di valutazione rispetto ai titoli principali del 2000. Tuttavia, mi aspetto che nei prossimi 12-24 mesi si raggiunga una zona di disillusione in cui la crescita si arresta”.

Non sono da escludere dunque forti contraccolpi, anche se l’AI soddisferà le aspettative più ottimistiche sul suo potenziale. Inoltre, all’inizio di un grande ciclo di innovazione non è sempre chiaro quali aziende emergeranno come vincenti a lungo termine.

Giusto un flashback per capire meglio. Cisco Systems, che aveva visto le sue azioni salire vertiginosamente negli anni ‘90, diventando la società di maggior valore nell’indice S&P 500, con lo scoppio della bolla delle dot.com negli anni 2000 è crollata di quasi l’80% e non ha ancora recuperato i massimi di quel periodo.

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