Fra identità e culto: la collezione Raffaello Biagetti nelle cure di Open Care

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Nata da un imprenditore visionario con l’obiettivo di tracciare l’evoluzione del design, la Collezione Raffaello Biagetti – Museo dell’Arredo Contemporaneo di Ravenna costituisce una delle raccolte private più importanti d’Italia in quest’ambito. Open Care, punto di riferimento per la conservazione delle opere d’arte, lavora a fianco dell’istituzione per far sì che ogni pezzo ritrovi il suo splendore originale e sia sempre pronto per una nuova esposizione

Coniugando forma e funzione, il design nasce con la vocazione di introdurre nel quotidiano la dimensione estetica, avvalendosi delle potenzialità della tecnologia e della produzione seriale. Rispetto all’opera d’arte figurativa, la sfida è quella di riprodurre questo valore aggiunto dato dall’estetica non in opere uniche, ma in una produzione accessibile a più collezionisti, costituita da opere frutto della visione dell’artista designer. La ricerca e innovazione del design hanno avuto molteplici effetti, inducendo un cambiamento del gusto che ha penalizzato l’arredo antico e l’antiquariato, prima apprezzati perché frutto di maestria artigianale e testimonianza di una ricchezza familiare tramandata nel tempo.

Questo cambiamento è particolarmente evidente nel passaggio generazionale. Se il design è entrato nelle case di tutti, si è assistito nel contempo a un fenomeno per certi versi opposto. La valenza identitaria degli oggetti di design, diventati in alcuni casi oggetto di culto, il progressivo riconoscimento dell’autorialità del designer, la storicizzazione e rarità delle prime produzioni hanno portato nel tempo alla creazione di un mercato collezionistico elitario, alla ricerca di pezzi rari se non unici per datazione, serie, autenticità.

Lo testimoniano le riviste di arredamento, in cui gli oggetti di design sono presentati come fulcro del progetto decorativo delle case e quali segni distintivi dell’identità e della personalità di chi le abita. Le opere d’arte stesse non di rado vi figurano come complementi d’arredo. Le fiere d’arte aprono sessioni dedicate al design da collezione e le case d’asta si contendono i pezzi migliori. In questo contesto il design sembra avere in parte tradito la vocazione egalitaria degli esordi, rilanciata dal design radicale italiano, per diventare teatro di una dinamica di valorizzazione simile a quella degli altri comparti collezionistici in cui il valore è determinato dalla rarità del pezzo e dalla domanda dello stesso creatasi.

Raccoglie i frutti di questa trasformazione chi ha acquistato e conservato il design per passione, evitando di seguire le mode passeggere, forte della consapevolezza di chi sa intuire i pezzi destinati a diventare iconici e quali designer si sarebbero imposti come personalità in grado di interpretare la contemporaneità e di lasciare il segno nella storia.

Non meno importante si è dimostrata la lungimiranza di chi ha saputo conservare con cura e attenzione i pezzi che per la pluralità dei materiali e la loro natura di oggetti di arredo di uso quotidiano, quindi soggetti a particolare usura.


Charles Rennie Mackintosh, scrittoio per Hill House (1902 circa). Courtesy Museo dell’Arredo Contemporaneo Ravenna

LA COLLEZIONE RAFFAELLO BIAGETTI E OPEN CARE

Ha intuito tutto questo la Collezione Raffaello Biagetti, che rappresenta una eccellenza nella scelta degli oggetti di design, di conoscenza delle firme storiche e di capacità di conservarli nel loro stato originale, valorizzandoli con un progetto museale.

Nata a Ravenna da un imprenditore visionario con l’obiettivo di tracciare l’evoluzione del design, ha raccolto più di 158 opere dei maggiori maestri del design internazionale, che costituiscono una delle collezioni private più importanti d’Italia in quest’ambito. Nel 1988, per conservare questa collezione storica indivisa, nasce il primo Museo del Design in Italia. Ideato e fondato da Raffaello Biagetti (Firenze 1940 – Ravenna 2008), con la collaborazione di Giovanni Klaus Koenig, Giuseppe Chigiotti e Filippo Alison, il Museo costituisce un affascinante viaggio attraverso 100 anni di storia dell’arredo, compresi tra il 1880 e il 1980, grazie a un display museale di valenza teatrale disegnato da Piero Castiglioni.

Il percorso è articolato in isole cronologiche che trasformano gli oggetti della collezione in testimonianze storiche e geografiche. Dal nucleo più storico della collezione costituito dall’Art Nouveau, il percorso prosegue attraverso la Scuola Viennese e il Bauhaus. Approda poi ai fertili anni ‘50 mettendo in luce le opere più emblematiche dei grandi progettisti francesi, scandinavi e americani arrivando agli anni ‘60, caratterizzati dal boom economico italiano. Infine, si conclude con le espressioni rivoluzionarie del design radicale e la nascita dei movimenti Alchimia e Memphis, che chiudono l’itinerario della mostra, offrendo una panoramica completa e affascinante dell’evoluzione del design nell’arco di un secolo.

Come scrisse Alessandro Mendini dopo la sua prima visita alla collezione: “Tu non sei un designer se non hai visitato il Museo del Design 1880-1980”.

Come ogni opera d’arte, anche il design richiede una conservazione adeguata che possa preservarne il valore quale testimonianza culturale, con un valore storico e artistico significativo. Conservare questi pezzi attraverso operazioni di manutenzione consente alle generazioni future di comprendere e apprezzare l’eredità artistica e storica. È qui che entra in gioco Open Care, un punto di riferimento per la conservazione delle opere d’arte. Il Museo dell’Arredo Contemporaneo ha affidato a Open Care la missione di preservare la Collezione Raffaello Biagetti, garantendo che ogni pezzo ritrovi il suo splendore originale e sia pronto per una nuova esposizione.



Poltrona Proust, Alchimia (1978). Courtesy Museo dell’Arredo Contemporaneo Ravenna

LA CONSERVAZIONE DEGLI OGGETTI DI DESIGN

I materiali sono molteplici, da quelli organici come legno e rivestimenti in pelle ai materiali plastici più o meno deperibili: si pensi ad esempio al poliuretano utilizzato per diversi oggetti iconici, come quelli disegnati da Gaetano Pesce. Verniciature colorate e finiture delle superfici sono esposti a particolare usura, così come le parti in tessuto. In particolare, alcuni dei prodotti degli anni d’oro del design italiano risalgono ormai a diversi decenni fa e diversi fattori possono avere contribuito a formare segni di degrado: l’età o l’incuria derivata da diverse vicende nel corso degli anni, come imballaggi, spostamenti, urti accidentali o se sono stati oggetto di frequenti esposizioni.

Altrettanto, i pezzi conservano nel tempo il loro valore se ancora dotati dei tessuti originali e non hanno subito interventi radicali. Inserendosi a metà fra produzione artistica e industriale, fra creatività e innovazione, con un chiaro obiettivo funzionale e sociale e non solo estetico, il design è maggiormente soggetto rispetto all’opera d’arte ad essere interessato dal veloce cambiamento delle mode che ha portato a volte all’uso di materiali più deperibili, legati ai costi di produzione.

Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza della necessità di preservare una tale testimonianza tangibile dell’evoluzione creativa del contemporaneo attraverso iniziative volte alla conservazione, al restauro dei pezzi e alla buona gestione delle collezioni, siano esse di proprietà private oppure conservate presso i musei e gli archivi di impresa.

In particolare, ci si ritrova di fronte a una pluralità di soggetti che conservano i pezzi iconici, dagli archivi dei designer alle aziende che li hanno nel corso degli anni messi in produzione. Gli operatori specializzati nella conservazione e nel restauro delle opere di design di Open Care – Servizi per l’arte raccolgono dunque la sfida di intervenire sulla pluralità di materiali che abbiamo evidenziato, con approcci specifici, oltre a promuovere un aggiornamento costante delle pratiche conservative data la rapida introduzione delle innovazioni tecnologiche che hanno caratterizzato, nel secolo scorso e negli ultimi anni, la produzione di design d’autore.



Gaetano Pesce per Cassina & Busnelli (oggi B&B Italia), poltrona UP7 (1978). Courtesy Museo dell’Arredo Contemporaneo Ravenna




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