La rincorsa delle “piccole” aziende americane del Russell 2000 potrebbe essere già finita. La decisa apertura della Federal Reserve al taglio dei tassi a settembre, che pareva essere lo scenario propulsivo per le small cap, ha dato in verità più benzina al Nasdaq dei colossi tecnologici.
Se si confrontano i livelli di Borsa fra il 30 luglio e l’apertura di giovedì 1 agosto, un intervallo che in mezzo vede proprio la riunione della Fed, l’S&P 500 ha guadagnato l’0,9%, il Nasdaq Composite l’2,2%, mentre il Russell 2000 ha ceduto l’1%. Nel mentre, cinque Magnifiche su sette hanno fatto un balzo ancora più ampio dell’indice di riferimento.
La seduta di giovedì, tuttavia, in generale è partita con un piede poco favorevole, con tutti e tre gli indici in rosso alle ore 17 italiane – in particolare proprio il Russell 2000.
Meta sotto i riflettori
Protagonista a Wall Street nella seduta di giovedì è Meta, che ha aperto un salto del 9% dopo la pubblicazione dei conti finanziari di ieri sera a Borse chiuse. La società guidata da Mark Zuckerberg, si conferma, fra le Magnifiche sette, la seconda società più performante sui mercati da inizio anno dopo Nvidia. Ciononostante, il balzo di Borsa di giovedì ha ridato slancio a Meta, dopo che quest’ultima aveva perso terreno nei mesi successivi alla pubblicazione dei dati sul primo trimestre.
I risultati del secondo trimestre hanno mostrato una crescita dei ricavi a 39,07 miliardi contro i 38,31 miliardi attesi delle stime Lseg, mentre l’utile per azione si è attestato a 5,16 dollari contro i 4,73 attesi. L’utile netto è così aumentato del 73% a 13,47 miliardi. Fra le buone notizie registrate dalla ex Facebook vi sono l’aumento dei ricavi pubblicitari del 22% sull’anno, contro il +11% messo a segno dalla concorrente Alphabet. Prosegue, poi, la politica di riduzione dei costi del lavoro con 21mila posti di lavoro eliminati dalla fine del 2022, pari a un -19% del personale complessivo (nonostante le assunzioni dell’ultimo trimestre). I ricavi per dipendente, rispetto alla fase pre-tagli sono cresciuti del 51%.
Grazie alla robusta crescita dei ricavi pubblicitari del trimestre, gli investitori sono sembrati assai meno preoccupati della prospettiva di “significativi aumenti nella spesa in conto capitale” che Meta ha annunciato, in concomitanza con i suoi investimenti nell’intelligenza artificiale. Non era stata la stessa musica quando nel 2022 montò lo scetticismo sul focus di Meta sul metaverso, la cui divisione nota come Reality Labs, peraltro, continua a perdere quasi 4,5 miliardi di dollari.
La rotazione cambia di nuovo senso di marcia?
Nei giorni scorsi si era dibattuto su quanto sarebbe potuta durare la sovraperformance delle small cap e la correzione sulle grandi società tecnologiche. Secondo l’ipotesi formulata nei giorni scorsi, un taglio dei tassi eseguito in pieno atterraggio morbido dell’economia si sarebbe rivelato il contesto più favorevole per la ripresa degli utili delle società nell’indice Russell 2000. Ancora oggi, se si osserva il bilancio delle ultime tre settimane, dall’11 luglio al 1 agosto, l’indice delle small cap prevale con una performance superiore al 10%, mentre il Nasdaq è in rosso del 3,9%. Il divario si fa già più sfumato se si allarga l’osservazione all’ultimo mese, con una performance via via più favorevole ai due indici maggiori man mano che si allarga l’orizzonte.
Nel frattempo, le trimestrali delle grandi imprese americane inserite nell’S&P 500 hanno pubblicato risultati trimestrali fin qui robusti: secondo i dati Lseg basati sui dati di 283 società su 500, il 78,4% ha riportato utili superiori alle attese del consenso (contro una media di lungo termine del 66%). I ricavi, invece sono stati migliori delle attese nel 57% dei casi.