Fino a qualche mese fa l’aria di recessione sembrava sempre più vicina e si pensava che l’unico modo per approcciarsi a un soft landing sarebbe stata una presa di posizione da parte delle banche centrali, finalmente pronte a tagliare i tassi, ma questo non è successo. A meno di sei mesi di distanza il panorama di fronte agli investitori è cambiato radicalmente, secondo Nikolaj Schmidt, Chief Global Economist di T. Rowe Price, la recessione è fuori discussione per almeno i prossimi sei mesi. Il consenso ora prevede una continua espansione, una ripresa delle pressioni inflazionistiche e un limitato allentamento da parte delle banche centrali.
Al via il taglio dei tassi (forse)
Le aspettative che sono state più deluse sono state proprio quelle relative alle banche centrali. La Banca centrale europea è stata la prima a dare il via al ciclo di riduzione dei tassi da parte delle principali banche centrali dei mercati sviluppati nella riunione di giugno. Inoltre, considerando la posizione ancora debole dell’economia dell’eurozona, l’esperto ritiene che ci saranno dei tagli per tutte le prossime riunioni, almeno fino alla fine del 2024, così da spingere verso la ripartenza dell’economia. A prendere esempio dalla Bce potrebbe essere la Banca d’Inghilterra, che dopo le elezioni del 4 luglio, sembra prossima a ridurre i tassi. La Federal Reserve, invece, rimane ancora neutra sui suoi prossimi movimenti, infatti a causa dell’inflazione vischiosa e un’economia piuttosto resiliente, è probabile che si limiterà a uno o due riduzioni dei tassi di 25 punti base in questi prossimi mesi.
Stati Uniti: eccezione o una delle tante economie?
Dopo una partenza incerta, per i prossimi mesi dell’anno l’esperto si aspetta una crescita sempre più ampia per l’economia mondiale. È forse arrivato il momento per gli Stati Uniti di perdere il loro eccezionalismo?
Non ci sono molti dubbi sul fatto che l’economia statunitense negli ultimi mesi si sia dimostrata ben più resiliente del previsto, anche grazie ad un forte mercato del lavoro e alla rapida ripresa dei consumi subito dopo il covid. L’espansione americana sicuramente continuerà, ma come già la crescita del primo trimestre ha deluso le aspettative, così il Paese potrebbe perdere la sua narrativa di eccezionalità economica. Questo perché l’Europa sta finalmente tornando in gioco: ci sono già vari indizi – come la ripresa del settore manifatturiero – che lasciano intendere che l’eurozona è pronta per confrontarsi di nuovo con gli Stati Uniti, anche se vanno ancora affrontate diverse sfide a medio termine, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto fiscale.
Dal 2024 al 2025, la strada è ormai breve
Ma partendo da oggi e considerando i cambiamenti della politica monetaria previsti entro la fine dell’anno, con che piede entreranno gli investitori nel 2025? Una riduzione dei tassi, anche se modesta, secondo Schmidt “potrebbe portare a una ri-accelerazione della crescita e dell’inflazione negli Stati Uniti, costringendo quindi la Fed ad alzare nuovamente i tassi l’anno prossimo”. Inoltre, come sempre, quello che accade nel mercato statunitense poi si espande a ruota anche nel resto del mondo, quindi sarebbe lecito immaginarsi che anche altre banche centrali tornerebbero con una politica monetaria molto rigida. Ma se questo non bastasse, iniziano già ora a vedersi fratture nel mercato del lavoro che sono solo destinate a espandersi, preparando i vari mercati alla prossima recessione.
Ma come possono muoversi gli investitori in un momento di così alta divergenza? Le implicazioni per i vari settori diventeranno chiare poco per volta, proprio per questo il consiglio dell’esperto è quello di optare per una gestione attiva del portafoglio, con un focus sull’analisi fondamentale e sul valore relativo, senza farsi prendere dall’entusiasmo per un settore specifico che al momento sembra sovra-performare tutti gli altri.