Secondo uno studio pubblicato nel 2015, la produzione di una sola batteria di una Tesla P85D genera 6 tonnellate di CO2, ossia l’equivalente di 45.000 km percorsi da una vettura con motore a scoppio di medie dimensioni. Se i metalli presenti in questa batteria non possono essere riciclati, né la batteria può essere riutilizzata, l’impatto ambientale di quest’ultimo ne risentirà notevolmente…
Partendo da ipotesi abbastanza prudenti, l’Agenzia internazionale dell’energia prevede che nel 2030 saranno in circolazione 38,5 milioni di veicoli full-electric.
Considerando che la batteria di una Renault Zoe pesa 300 kg per 40 KWh di energia, mentre quella di una Audi e-tron pesa 700 kg per 95 KWh di energia, è ragionevole stimare che da qui al 2030 milioni di tonnellate di batterie di veicoli elettrici (qui di seguito VE) giungeranno al termine della loro vita utile. Per queste batterie bisognerà trovare una soluzione per il loro riciclaggio o l’eventuale rigenerazione. Tuttavia, allo stato attuale, non esiste una regolamentazione sistematica a livello locale, né è partita alcuna iniziativa a livello mondiale, per garantire che queste batterie non finiscano per essere conferite in discarica, come già avviene con una parte delle batterie che alimentano strumenti elettronici come i telefoni cellulari. Per questi ultimi si stima che solo il 15% delle batterie siano riciclate in Francia.
Di conseguenza, il settore automotive ha di fronte una triplice sfida.
1) Una tecnologia standardizzata
Anche se la tecnologia agli ioni di litio si è imposta presso la maggior parte dei produttori di auto elettriche, attualmente non esiste nessuno standard di progettazione per queste batterie, cosa che ne agevolerebbe il riciclaggio. Pertanto ogni modello di batteria richiede modalità differenti per essere riciclata.
Una batteria per auto elettrica è composta da centinaia di celle. Il riciclaggio delle batterie prevede che queste siano disassemblate e che i diversi metalli in esse contenuti siano separati, in modo da isolare le materie prime. Tuttavia, anche se oggi è possibile recuperare il litio dalle batterie, ciò richiede un processo di fusione e di successiva estrazione, il cui costo spesso supera il valore di mercato dei metalli recuperati.
2) Rendere economicamente sostenibile il riciclaggio delle batterie
Questo è indubbiamente il modo migliore per garantire che le aziende del settore automotive si decidano a farlo. Uno studio conclusosi di recente in Svezia ha rivelato che nel 2030 il riciclaggio delle batterie dei VE in Europa potrebbe permettere il recupero di nichel, cobalto, alluminio e litio per un importo stimato tra i 400 e i 550 milioni di Euro, in funzione dei diversi scenari. Una cifra che dovrebbe toccare i 2 miliardi di Euro nel 2040. Il solo cobalto rappresenta la metà di questo importo, ma la questione non è limitata all’aspetto puramente finanziario: l’estrazione del cobalto è nota per i problemi legati alle condizioni di lavoro e allo sfruttamento minorile, senza dimenticare le conseguenze per l’ambiente dell’attività mineraria nella Repubblica Democratica del Congo (il primo produttore mondiale di cobalto).
3) Spingere per la creazione di un quadro legislativo favorevole
Un quadro che, indipendentemente dalla redditività generata dal riciclaggio delle batterie, spingerebbe i costruttori a tenere conto di questo aspetto dalla fase di progettazione dei veicoli fino al loro fine vita e al riciclaggio. In Europa, la Direttiva 2006/66/CE prescrive già che le batterie agli ioni di litio dei veicoli elettrici debbano essere riciclate almeno al 50%, senza peraltro specificare la priorità tra le diverse parti della batteria da riciclare. Possiamo quindi immaginare che i metalli più redditizi o più facili da estrarre (in particolare alluminio, cobalto e rame) siano riciclati per primi. Sotto questo punto di vista l’Europa è in vantaggio sugli Stati Uniti, poiché la direttiva sul riciclaggio emessa dall’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente non fa riferimento alle batterie agli ioni di litio.
Riciclo di batterie: quali sono le risposte oggi?
Prima o poi, queste batterie dovranno essere riciclate. E le capacità industriali disponibili sono ancora ben lontane dal poter far fronte ai volumi previsti. In Europa, Umicore si posiziona al centro delle iniziative in questo campo, con uno stabilimento per il riciclaggio delle batterie Li-ion ubicato a Hoboken, in Belgio. Qui si possono trattare 7.000 tonnellate di batterie l’anno, ossia l’equivalente di circa 35.000 batterie di VE. In Europa sono presenti altre realtà, come Batrec in Svizzera, Euro Dieuze in Francia e G&P Batteries nel Regno Unito. Eppure nessuna di queste imprese detiene una capacità produttiva paragonabile a quella di Umicore
Sommando i volumi delle società che abbiamo menzionato, le capacità di trattamento restano ben al di sotto di quelle necessarie per il 2030, pur considerando solo i veicoli venduti in Europa entro il 2020 e che presumibilmente giungeranno a fine vita nel 2030. Anche se consideriamo il solo mercato europeo, siamo molto lontani dai 38,5 milioni di VE che dovrebbero essere in circolazione nel 2030 (vedi sopra). Questi squilibri non sono una ragione sufficiente per abbandonarsi alla rassegnazione. È vero il contrario! Nel 2018 diverse case automobilistiche hanno annunciato di aver intrapreso delle iniziative volte a farsi carico delle batterie dei VE giunte a fine vita, in genere attraverso il riuso. E si capisce bene perché: i primi dati disponibili sulla perdita di capacità delle batterie Li-ion montate sui VE mostrano che l’80% della loro capacità iniziale è ancora disponibile dopo una percorrenza di centinaia di migliaia di chilometri.
Anche Renault ha firmato nel marzo 2018 un «Innovation Deal» sotto l’egida della Commissione Europea. L’accordo mira a incoraggiare l’innovazione per facilitare il riciclaggio e il riuso delle batterie dei VE. Quest’iniziativa è stata seguita nel mese di settembre dal lancio di un progetto di stoccaggio dell’energia, volto a costruire entro il 2020 un impianto pilota che impiega le batterie usate dei VE come mezzo di accumulo e immagazzinamento.
Il sito riutilizzerà 2.000 batterie di VE e metterà a disposizione una capacità di riserva per la rete elettrica, risultando utile nel ridurre lo scarto tra consumo e produzione e favorendo inoltre l’uso delle energie rinnovabili nella rete.
BMW, da parte sua, ha stipulato un accordo di partenariato con Umicore per dare una nuova vita alle batterie dei VE del marchio. Così è nato un consorzio tra BMW, Umicore e la svedese Northvolt, volto a progettare delle batterie più riciclabili possibili e offrire al contempo una vita operativa lunga e un’impronta ambientale controllata in fase di produzione. Daimler ha annunciato nel 2018 la riconversione di una vecchia centrale a carbone in un centro per lo stoccaggio dell’energia elettrica che fa uso delle batterie dei VE. Negli Stati Uniti, in assenza di una legislazione vincolante sul riciclaggio delle batterie dei VE, si contano meno iniziative. Tuttavia, Tesla ha assunto l’impegno di integrare il riciclaggio delle batterie nella sua Gigafactory. Nel frattempo l’azienda ha affidato all’impresa californiana Kinsbursky Brothers Inc il riciclaggio delle batterie esistenti.
Veicoli elettrici: i grandi dell’auto si stanno muovendo
Come si può ben vedere, le diverse realtà del settore iniziano a mobilitarsi per creare le infrastrutture necessarie al riciclaggio delle batterie dei veicoli full-electric. Si tratta di un elemento fondamentale per la credibilità dell’auto elettrica privata come la soluzione ai problemi derivanti
dalla transizione energetica. Se non saranno riciclate, queste batterie finiranno per essere incenerite o in fondo a una discarica, e stiamo parlando di altri milioni di tonnellate di minerali. Uno di questi, il cobalto, oltre all’innegabile impatto sull’ambiente dovuto alla sua estrazione e al trattamento, comporta delle problematiche legate al rispetto dei diritti umani.
Giungere a una migliore comprensione della produzione e del riciclaggio delle batterie è un problema fondamentale nell’analisi dell’impatto ambientale dell’industria automobilistica, così come la riduzione del peso dei veicoli. Eppure, anche se l’ambiente costituisce un elemento estremamente tangibile dell’analisi extra-finanziaria del settore, non può essere l’unico punto da valutare: i pilastri Social e Governance sono altrettanto importanti nella valutazione di un titolo in vista della sua integrazione in un portafoglio sostenibile. Il caso di Carlos Ghosn in Renault-Nissan è l’esempio dell’importanza di attenersi strettamente alle regole di governance delle imprese. È proprio questo lavoro, frutto di una metodologia esclusiva e attuata con successo da più di 20 anni, che i quindici analisti dell’équipe di Ricerca ESG di Candriam applicano nel quotidiano alla valutazione extra-finanziaria dei 1600 titoli di cui ci occupiamo.
David Czupryna, Head of Esg Client Development – Candriam