Come tutti i fenomeni complessi, l’attuale guerra che si svolge sul territorio ucraino solleva contemporaneamente numerose questioni.
In prima battuta, quella umanitaria, per via delle vittime, anche civili, che il conflitto ha sinora mietuto; quella politica, che si manifesta nell’instabilità dei rapporti tra Est e Ovest; quella economica, in particolare attinente alle sanzioni adottate da Usa e Ue nei confronti della Russia e, infine, quella energetica, a fronte della necessità dei Paesi dell’Unione di rivolgersi a partner commerciali diversi dalla Russia.
Ebbene, nei risvolti di queste numerose questioni, particolare attenzione è stata dedicata agli oligarchi, vale a dire quei soggetti vicini al Cremlino che detengono il controllo di settori strategici dell’economia russa e che gestiscono smisurati patrimoni.
Come noto, questi soggetti sono risultati destinatari di sanzioni mirate da parte degli Stati europei e degli Usa, con il duplice intento, da un lato, di congelare e rendere inutilizzabili – almeno temporaneamente – i beni loro appartenenti (yacht, conti correnti, ville), dall’altro, di destabilizzare il sistema di potere delle élite vicina a Mosca.
E invero, come messo in evidenza da Icij, consorzio investigativo internazionale che ha dato avvio all’inchiesta Pandora Papers, sarebbero oltre 800 i cittadini russi impegnati nella gestione di società di comodo, trust, fondazioni, localizzate in oltre 200 giurisdizioni, molte delle quali off-shore, create per sfuggire alle sanzioni.
Ma le strategie volte ad evitare le sanzioni non sono iniziate certo in quest’ultimo periodo. Come emerge dall’inchiesta di Icij, le più grandi istituzioni finanziarie russe sono impegnate da anni nella salvaguardia dei beni degli oligarchi, i quali già a partire dal 2014 – periodo in cui si verificarono i primi episodi sanzionatori nei loro confronti, come risposta all’invasione della Crimea – hanno iniziato a trasferire beni e patrimoni nei paradisi fiscali.
Già nella precedente inchiesta denominata Pandora Papers, era emerso che amministratori delegati delle più importanti banche russe avevano utilizzato nel 2015 agenzie off-shore, ad esempio a Singapore, per far confluire in trust milioni di dollari.
Stando al parere di alcuni esperti nell’ambito dell’anticorruzione, colpire con le sanzioni i banchieri, i miliardari e gli uomini vicini al Cremlino, però, sarebbe attività se non vana, quanto meno insufficiente per assicurarsi di colpire davvero l’establishment economico russo.
Il direttore del Center for Financial Crime e Security Studies a Londra, come sottolinea Icij, ha messo in evidenza che le sanzioni non incidono davvero sull’enorme ricchezza accumulata da questi soggetti, i quali attraverso società schermo, e prestanome, riescono a proteggere la loro posizione e il loro patrimonio.
Inoltre, occorrerebbe prendere di mira non tanto gli oligarchi, ma anche i professionisti che consentono agli stessi di porre in essere, anche in questi momenti di forti tensioni politiche, tutte le strategie finanziarie e fiscali idonee a occultare la provenienza di patrimoni e beni.
I documenti trapelati dall’inchiesta Icij mostrano che per ogni strategia posta in essere dagli oligarchi ci sono una serie di professionisti che permettono agli stessi di compiere i passi giusti per sfuggire alle sanzioni, sottoscrivendo contratti, istituendo trust, costituendo veicoli societari, spostando conti bancari.