“Inizialmente, l’intelligenza artificiale sarà utilizzata internamente dai banker, per poi essere gradualmente estesa ai clienti man mano che si svilupperanno regolamentazione e fattori di privacy, creando modelli di assistenza ibridi”: l’entrata dell’AI generativa non sarà brusca, ma probabilmente sarà inevitabile, visto il forte interesse degli investitori verso il suo utilizzo anche per scopi finanziari. Lo ha mostrato una nuova ricerca presentata da Andrea Dones, Capital Markets Industry Lead Italy di Accenture, nella cornice dell’evento “AI Revolution”, organizzato da We Wealth e dalla stessa Accenture, al quale hanno partecipato sette top manager delle maggiori reti di consulenza finanziaria attive in Italia. “Il sistema finanziario deve assumersi la responsabilità di guidare questa trasformazione, educando sia gli investitori che i professionisti all’uso dell’IA”, afferma Dones, “similmente a quanto avviene per l’educazione finanziaria”.
Come vedono l’IA gli investitori
La ricerca di Accenture ha coinvolto 500 individui della categoria affluent, suddivisi per genere, con età inferiore ai 50 anni e portafogli fino a 250 mila euro, perlopiù concentrati tra i 50 e i 160 mila euro.
Dall’analisi emerge chiaramente una propensione verso soluzioni digitali moderne, con un’esperienza utente fluida e in linea con gli standard attuali, che prevede “un’alimentazione di dati quasi in tempo reale e un’integrazione cross-device, tra telefono, PC e tablet”, spiega Dones.
Del 90% di utenti digitali, “il 60% richiede soluzioni personalizzate, come pianificazione finanziaria su misura o comunicazioni informative personalizzate”, afferma Dones. In questo sottogruppo “emerge un forte interesse per un modello di assistenza ibrido, che combini relazione umana e digitale”.
La relazione umana è ancora la strada preferita per risolvere preoccupazioni, spiegare i piani di investimento e ascoltare i progetti personali dell’investitore, mentre la relazione più digitale sarebbe gradita per ottenere risposte a domande puntuali e assistenza 24 su 24.
Quasi il 60% degli investitori si considera già utente esperto o abbastanza esperto dell’IA generativa e la utilizza principalmente per traduzioni ed elaborazione testi. L’80% non ha “sindrome da pagina bianca” nell’interagire con l’IA, ritiene di saper fare le domande corrette e di mantenere l’algoritmo entro certi limiti. “Il 20%”, precisa Dones, “dichiara di usarla già per investimenti, ad esempio per identificare fondi performanti o costruire piani di risparmio personalizzati”.
Cosa fanno i banker con l’intelligenza artificiale
Il campione di banker intervistati da Accenture si compone di 150 professionisti, con età media sopra i 53 anni. Fra i consulenti finanziari “emerge il timore della disintermediazione, che l’uso dell’IA possa amplificare il desiderio di autonomia degli investitori, specialmente quelli più giovani”, dice Dones, e “l’83% dei professionisti non è disposto a condividere la propria relazione con un assistente virtuale, temendo di non poter prevedere le risposte dell’IA”.
Piuttosto, c’è apertura da parte del 62% ad adottare l’IA come supporto back-office. Otto consulenti su dieci già la utilizzano non solo per attività amministrative, ma anche per tematiche tecnico-finanziarie come analisi di portafoglio e simulazioni di scenari, afferma il managing director di Accenture.
In generale, per sei consulenti su dieci l’IA rappresenta più un’opportunità che un rischio, in termini di miglioramento della preparazione e della qualità espositiva ed “è interessante notare che il 63% dei banker e il 73% degli investitori sarebbero propensi a lavorare con una banca che offra strumenti potenziati dall’IA”.
“Il consiglio per gli operatori del settore è di non ostacolare questo processo, ma di assecondare il cambiamento uscendo dalla zona di comfort”, chiude Dones, “la relazione rimarrà saldamente nelle mani dell’umano, in quanto una macchina non sarà mai in grado di dare risposte condizionate da elementi emotivi”.