Sembra che la rotta per riformare le pensioni sia ormai tracciata: a luglio dovrebbe essere pubblicato un documento del Cnel (Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro) sul riassetto della previdenza, mentre entro il 20 ottobre si entrerà nel merito della riforma con la presentazione alle Camere della bozza della Legge di Bilancio.
Nel frattempo il rapporto dell’Ufficio Parlamentare di bilancio mette in evidenza cosa servirebbe nell’ambito della previdenza in Italia:
• maggiore flessibilità in uscita con soglie per l’accesso alla pensione meno rigide di quelle attuali per favorire il turnover generazionale e la stabilizzazione degli occupati
• minore aggravio sui conti pubblici con riduzione degli assegni pensionistici.
Non sono obiettivi semplici. Al contrario. Questi obiettivi sembrano porsi su fronti contrapposti, e proprio per questo trovare la giusta misura e il compromesso è operazione difficile.
Sul punto, l’Ufficio Parlamentare di bilancio pone l’accento sul fatto che la flessibilità in uscita non si autofinanzia con nuovi contratti, e che di conseguenza sarebbe necessario formulare un ricalcolo contributivo per la sostenibilità dei conti.
Negli ultimi dieci anni, infatti, per ogni cessazione di rapporto di lavoro c’è stato un incremento di 0,7 nuovi occupati a tempo determinato e una trasformazione di 1,7 contratti da tempo determinato a tempo indeterminato.
Per quanto positivo questo è un risultato non sufficiente, che sottolinea come sia importante intraprendere nuove strategie volte a favorire il ricambio generazionale.
Cosa potrebbe cambiare?
Sono diverse le proposte sul tavolo a cui sta lavorando il Governo, con l’obiettivo di introdurre delle deroghe alla Legge Fornero.
• Alcune forze politiche come la Lega provano a riportare in auge Quota 41 e la proroga di Quota 103: il primo strumento faciliterebbe l’uscita dal mondo del lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Il secondo, prevede la possibilità di andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi. Occorre evidenziare che con Quota 103 la pensione verrebbe calcolata con il sistema contributivo.
• L’esecutivo discute invece di un ritorno del modello Dini: l’uscita dal mondo del lavoro sarebbe compresa tra i 64 anni e i 72, con 9 scaglioni di età per il pensionamento e assegni più alti per chi posticipa l’uscita dal lavoro.
Pensione di vecchiaia e anticipata
Il paletto è fissato a 67 anni di età per la pensione di vecchiaia mentre per la pensione anticipata fino al 2026 dovrebbero rimanere invariati i requisiti.
I requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia sono i seguenti:
• dal punto di vista anagrafico il lavoratore deve aver compiuto 67 anni di età
• dal punto di vista contributivo il lavoratore deve aver maturato 20 anni di contributi
I requisiti per accedere alla pensione anticipata sono i seguenti:
• il lavoratore deve aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi
• la lavoratrice deve aver maturato 41 anni e 10 mesi di contributi
La spesa pensionistica in Italia: un problema sempre aperto
Al di là delle riforme in vista, un problema ormai cronico e certamente non risolvibile nel breve-medio periodo è quello legato all’invecchiamento della popolazione e il blocco della natalità.
La somma di questi due fenomeni determina senz’altro un aumento della spesa pensionistica, sempre meno sostenibile per le casse dello Stato.
Il presidente del Civ (Consiglio di indirizzo e vigilanza) dell’Inps mette non a caso in evidenza che la spesa pensionistica è in continua crescita.
Quali potrebbero essere le conseguenze in vista, anche alla luce del più ampio contesto di inflazione? L’inadeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici, che potrebbero essere rivisti al ribasso, e una carriera lavorativa meno breve.
(Se vuoi saperne di più in materia di pensioni We Wealth ha scritto questo articolo. Se vuoi conoscere i vantaggi della previdenza complementare We Wealth ha predisposto questo approfondimento)