- Si stima che la creazione di valore dell’intelligenza artificiale potrebbe sfiorare i 1.200 miliardi di dollari entro il 2027
- Ubs gwm: “Ci aspettiamo che la Cina sviluppi un ecosistema Ai diverso dal resto del mondo, con un notevole potenziale di monetizzazione”
Le stime sul mercato dell’intelligenza artificiale sono diverse: secondo Bloomberg varrà 1.300 miliardi di dollari entro il 2035, per McKinsey 4.400 miliardi. Ad ogni modo, la maggior parte concorda sul fatto che i ricavi annuali correlati potrebbero raggiungere la soglia del trilione di dollari nel prossimo decennio. Il chief investment office di Ubs global wealth management, in una nuova analisi dal titolo Artificial intelligence: sizing and seizing the investment opportunity, parla di una “delle più grandi opportunità di investimento nella storia dell’umanità”. Ma come inserirla in portafoglio?
Chi opera nell’intelligenza artificiale
Il report parte da una suddivisione delle aziende della catena del valore dell’intelligenza artificiale in tre cluster: società abilitanti, società di intelligence e società di applicazioni. Le società abilitanti si occupano della produzione di semiconduttori e chip, di servizi cloud, data center e alimentazione elettrica. Quelle di intelligence sono attive nello sviluppo di modelli linguistici di grandi dimensioni (anche noti in inglese come “Large language model”, ovvero sistemi di intelligenza artificiale capaci di comprendere e generare linguaggio umano elaborando enormi quantità di dati) o che trasformano serie di dati in loro possesso in informazioni utili. Infine, le società di applicazioni attribuiscono un utilizzo specifico agli strumenti sviluppati dalle società di intelligence; si tratta di una categoria, quest’ultima, che secondo le stime di Ubs gwm possiede il maggior potenziale di redditività nel tempo, sebbene sia ancora presto per definirne i confini.
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Fonte: Ubs, dati al mese di maggio 2024
Le applicazioni più promettenti, sostiene la banca di investimento, riguardano co-pilot, assistenti di programmazione, pubblicità digitale, call center, attività di ricerca e sviluppo nella sanità, cybersecurity e fintech. L’obiettivo di questa ripartizione è infatti offrire agli investitori un supporto per comprendere come investire la propria liquidità nel settore e ottenerne un profitto. In più, sebbene si ritenga che l’Ai dovrebbe avere un impatto positivo o al massimo neutro sui margini operativi della maggior parte dei settori, occorre tenere conto che potrebbe avere un effetto deflazionistico su determinati prodotti e prezzi. Di conseguenza, alcune aziende dovranno essere capaci di modificare velocemente i loro business model per restare competitive. Senza dimenticare che è probabile che un numero crescente di aziende tenterà di espandersi in diversi segmenti della catena del valore. Per esempio, Amazon ha già progettato i propri chip di intelligenza artificiale (Trainium e Inferentia) mentre Microsoft sta lavorando al suo chip per uso interno (Athena).
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Fonte: Ubs, dati al mese di maggio 2024
4 regole per investire nell’Ai adesso
Fatte queste premesse, il chief investment office di Ubs gwm individua quattro fattori (e suggerimenti) di cui dovrebbe tenere conto chi intende cavalcare il trend dell’intelligenza artificiale. Innanzitutto, essere sufficientemente investiti. “Molti investitori hanno costruito almeno una certa esposizione all’intelligenza artificiale negli ultimi mesi. Tuttavia, in virtù della crescita vertiginosa del settore molti portafogli sono complessivamente sottoinvestiti”, evidenziano infatti i ricercatori. In secondo luogo, prediligere le società abilitanti, che offrono “la migliore combinazione di profili di crescita degli utili interessanti e alta visibilità, solido posizionamento competitivo, ottime opportunità di reinvestimento e valutazioni ragionevoli”; in questo comparto, la private bank predilige società di semiconduttori che trainano gli investimenti nelle infrastrutture per l’Ai legate ai centri dati e all’edge computing (modello di calcolo distribuito nel quale l’elaborazione dei dati avviene il più vicino possibile a dove i dati vengono generati, ndr).
C’è poi il tema dei colossi del tech, finora favoriti dalla corsa dell’Ai. “Ci aspettiamo che il mercato dell’intelligenza artificiale sia dominato da un oligopolio di monoliti e fonderie a integrazione verticale lungo la catena del valore. Pertanto, oltre ai semiconduttori puntiamo anche sugli oligopoli posizionati in vari segmenti delle dotazioni tecnologiche, tra cui chip, cloud computing e modelli e applicazioni di Ai generativa”, scrivono i ricercatori. Ricordando infine come le opportunità di investimento non si trovino unicamente negli Stati Uniti, ma anche nella Terra del Dragone. “I monoliti tecnologici cinesi scambiano ancora a valutazioni simili ai livelli registrati prima del lancio di ChatGpt, eppure stanno anche effettuando ingenti investimenti in intelligenza artificiale”, dicono gli esperti. “In ultima analisi, ci aspettiamo che la Cina sviluppi un ecosistema Ai diverso dal resto del mondo, con un notevole potenziale di monetizzazione”.