Avvicinare i giovani alla professione di consulente finanziario, la cui età media supera abbondantemente i 50 anni, è un obiettivo sempre più importante per le reti. Capire come trasmettere la conoscenza dei professionisti più esperti e limitare la perdita di clientela quando i banker più anziani arriveranno alla pensione è solo uno dei tanti punti importanti collegati al ‘passaggio del testimone’. Ma come si scelgono i giovani promettenti, con quali competenze e offrendo loro quali prospettive? Abbiamo approfondito questo tema con Federico Gerardini, direttore commerciale di Zurich Italy Bank, una delle reti che ha avviato programmi di reclutamento strutturati, inserendo decine di giovani.
Dottor Gerardini, cominciamo dall’attualità: come sta andando la domanda di risparmio gestito in questa prima parte del 2024?
Si sente ancora l’effetto della crescita del risparmio amministrato del 2023. In questo ambito ha giocato un ruolo da protagonista il Btp, un prodotto che ha un trattamento fiscale vantaggioso ed è percepito come sicuro per la cultura italiana, storicamente ancorata ai titoli di Stato. Le prime indicazioni di una leggera inversione di tendenza a favore del risparmio gestito si sono viste già a dicembre del 2023; lo scorso febbraio, per esempio, è stato un mese di raccolta gestita che sicuramente ha visto dei segnali di ripresa. Dobbiamo fare anche noi la nostra parte. È qui che entra in gioco il consulente, che deve spiegare al risparmiatore di tenere in considerazione vari aspetti, come l’orizzonte temporale, il profilo di rischio, gli obiettivi di investimento e, non da ultimo, il significato dell’utilizzare anche il risparmio gestito e la protezione assicurativa negli investimenti.
Le reti di consulenza hanno bisogno di ricambio generazionale: voi come vi state muovendo? Alcuni mesi fa abbiamo lanciato il progetto Talent NextGen, in cui crediamo molto. Prevediamo una serie di incontri di selezione con coloro che si candidano autonomamente al progetto, o con i giovani che vengono presentati dalla nostra rete, durante i quali consideriamo e diamo importanza non tanto alle competenze tecniche, bensì alla capacità di sapersi gestire e di programmare la propria attività. Un elemento molto importante, poi, è l’empatia. Non dimentichiamoci che si tratta di uno dei fattori che permette di instaurare un rapporto di fiducia tra consulente e cliente. Servono, inoltre, indipendenza e capacità di ascolto. Strutturiamo le interviste per cogliere questi aspetti e trovare le chiavi di lettura per individuare i talenti che potrebbero avere i prerequisiti per avere successo. Alla formazione tecnica, poi, ci pensiamo noi.
Fate formazione anche sulle competenze relazionali?
Sì ci occupiamo anche delle soft skill, che ad esempio aiutano ad affrontare determinati periodi difficili, quando i mercati scendono: è lì che bisogna essere bravi di fronte ai clienti. È molto importante imparare sul campo, affrontando i clienti affiancati da chi lo fa da molto tempo. Abbiamo individuato dei tutor sul territorio che affiancano i giovani, favorendo un lavoro in team, che dal nostro punto di vista è fondamentale.
Perché c’è una crisi di nuove vocazioni in questo lavoro? I consulenti sono davvero a rischio estinzione?
Secondo me è indubbio che siamo di fronte a una situazione in cui l’età media avanza oltre i 50 anni, mentre il numero di consulenti finanziari attivi varia di poco. Penso che il problema sia che, paradossalmente, questa professione è poco conosciuta fra i neolaureati, anche per chi ha completato studi di tipo economico. Dobbiamo comunicare di più questa professione, a partire da noi società mandanti: con il nostro progetto Talent Next Gen abbiamo ricevuto centinaia e centinaia di candidature e abbiamo inseriti già più di trenta professionisti.
Pesa anche una cattiva reputazione del consulente finanziario come figura?
Secondo me non più. Le masse gestite dalle reti di consulenza negli ultimi anni sono passate da 200-300 miliardi a 700-800 miliardi. Ormai, devo dire la verità, sono tanti anni che lavoro in questo settore e ho visto come la professione del consulente finanziario abbia guadagnato attrattività agli occhi delle nuove generazioni.
Per chi comincia a fare il consulente, spesso non è facile ingranare. Cosa può fare il modello di lavoro in team per inserire le nuove figure?
In Zurich Bank abbiamo introdotto il lavoro in team già un po’ di anni fa e adesso sta diventando una modalità di lavoro sempre più apprezzata. Abbiamo due tipologie di team: i classici team orizzontali, dove professionisti di lunga esperienza, ma con competenze diverse, possono condividere alcuni clienti. Ad esempio chi possiede competenze particolari sulla pianificazione successoria, potrà supportare il cliente di un professionista specializzato in altre materie. Ciò richiede peraltro molta fiducia fra le persone che lavorano in team sugli stessi clienti – che sono il vero patrimonio del consulente. I team verticali, invece, sono uno dei pilastri del nostro progetto sui giovani. In questo caso un giovane consulente si inserisce all’interno di un team senior. Nel momento in cui il consulente più senior decide di andare in pensione, il cliente non si troverà di fronte una persona nuova, ma un professionista che è stato formato negli anni e che rappresenterà la continuità nella gestione del proprio risparmio. Un altro aspetto interessante è veder instaurarsi una fiducia, ad esempio, tra i figli del cliente e i consulenti più giovani.