Negli Stati Uniti, l’indice Russell 2000, che allarga il cono d’osservazione anche alle imprese più piccole, ha recuperato l’11,4%, mantenendo il passo con l’indice di riferimento S&P 500: ciò è un segno di recupero atteso, ma non scontato, dopo mesi in cui le piccole società quotate avevano sofferto, non riuscendo a catturare la stessa attenzione delle grandi società tecnologiche che avevano guidato il mercato azionario principale. Nell’ultima fase di mercato, inoltre, non è solo il settore tecnologico a trainare l’S&P 500: secondo quanto osservato dal Wall Street Journal, quasi una società su cinque all’interno dell’indice ha raggiunto i nuovi massimi degli ultimi 12 mesi negli ultimi giorni, la quota più elevata dal maggio 2021. In generale, gli analisti ritengono che sia un segnale di fiducia sull’andamento dell’economia quando un numero più ampio di società, e non solo quelle di maggiore peso sull’indice, incrementa il proprio valore di Borsa. Lo stesso vale quando un indice più ampio come il Russell 2000 riprende a crescere senza più perdere terreno sulle blue chip.
Small cap italiane in ritardo
Sul mercato italiano, tuttavia, non si nota la stessa dinamica quando si confronta il Ftse Mib con il Ftse small cap: nonostante un novembre favorevole alle piccole aziende quotate, negli ultimi sei mesi l’indice principale ha prodotto un rendimento del 17%, contro il 2,7% dell’indice small cap. Da inizio anno fino all’11 marzo, il divario negativo resta molto ampio, con il Ftse Mib in salita del 9,4% contro il ribasso del 2,8% dell’indice small cap. Se per gli Stati Uniti il miglioramento delle prospettive economiche e lo spettro sempre più lontano della recessione sta incoraggiando acquisti più diversificati sull’azionario, per l’Italia gli ultimi aggiornamenti sulle previsioni di crescita sono stati al ribasso. Lo scorso febbraio la Commissione europea ha ridotto dallo 0,9% allo 0,7% il tasso di crescita italiano atteso per il 2024, confermando il +1,2% previsto per il 2025.
Aspettando la riscossa
Da diversi mesi, si prevede che le valutazioni interessanti delle società a piccola capitalizzazione possano recuperare terreno. A gennaio, una nota di Ubs suggeriva di aggiungere alle azioni “core” di qualità un’esposizione alle small cap americane, le cui valutazioni risultavano ancora al di sotto dei livelli precedenti alla crisi delle banche regionali del marzo 2023. Valutazioni analoghe, tuttavia, sono emerse già dalla fine dell’estate, con outlook positivi sulle small cap espressi da T. Rowe Price e Bnp Paribas Am.
Per quanto riguarda il mercato italiano, le considerazioni sulle valutazioni contenute delle small cap avevano spinto società come Kairos e Intermonte a prevedere sin dalla fine dell’estate un possibile recupero, dopo mesi di costante sotto-performance. Mentre a novembre sembrava iniziare il recupero, il rimbalzo delle small cap italiane sembra essersi arenato rapidamente.
Oltre alla solidità dell’economia, potrebbero sostenere le small cap negli Stati Uniti anche le sempre più elevate valutazioni delle azioni del listino principale, che potrebbero portare a una limitazione delle scommesse: azioni molto costose, infatti, rischiano di registrare cadute più brusche, rappresentando maggior rischio per i possessori. Mediamente, le azioni nell’S&P 500 hanno un prezzo pari a 21 volte gli utili attesi a 12 mesi, un valore superiore alla media di lungo periodo pari a 18 volte.