La quota di crediti deteriorati è diminuita in area 2%
Le banche lo scorso anno hanno messo a segno rialzi record sul listino: 40% la media
Sotto i riflettori Intesa, Bper e Unicredit
Secondo l’ultimo studio Ocse, nel corso dell’ultimo decennio la solidità finanziaria delle banche italiane è migliorata. La quota di crediti deteriorati è diminuita da oltre il 10% del totale dei crediti nel 2015, a meno del 2% nel 2022, in parte grazie alla relativa attività di cartolarizzazione su vasta scala sostenuta da garanzie pubbliche per tranches senior. Sebbene la quota di crediti deteriorati rimanga leggermente al di sopra della media dell’Ocse, attualmente essa si colloca al di sotto dei livelli precedenti la crisi economica e finanziaria del 2008-2009.
Le posizioni di liquidità restano adeguate e quelle patrimoniali si avvicinano alla media della zona euro, in parte per effetto delle misure prudenziali di regolamentazione e della robusta redditività. Gli stress test condotti dall’Autorità bancaria europea nel 2023 indicano che, in uno scenario macroeconomico avverso, la maggior parte delle posizioni patrimoniali delle banche sarebbe simile alla media della zona euro, anche se alcune banche sarebbero vulnerabili in presenza di una contrazione prolungata.
Il rischio di inadempienza
Malgrado le maggiori capacità delle banche italiane nel selezionare e gestire il rischio di credito, derivanti in parte dall’innalzamento degli standard di vigilanza, il rischio di inadempienza potrebbe aumentare in quanto alcuni debitori potrebbero avere maggiori difficoltà a onorare i propri impegni in un contesto caratterizzato dall’incremento dei tassi di interesse e dal rallentamento della domanda. In particolare, ciò potrebbe accadere nel settore delle costruzioni, dove la graduale eliminazione della possibilità di cedere il credito del Superbonus a terzi avviata all’inizio del 2023 ridurrà la liquidità e l’attività, sebbene una ripresa della spesa connessa al Pnrr possa limitare il rallentamento dell’attività economica.
Una scommessa possibile
In questo scenario, gli analisti scommettono ancora sui bancari italiani nonostante lo scenario macroeconomico, in particolare dei tassi di interesse, si prospetti meno favorevole per gli istituti. Banche che, lo scorso anno, hanno messo a segno rialzi record sul listino: 40% la media. La casa di investimento Ubs in un report consiglia l’acquisto di Unicredit, Intesa e Bper Banca. Neutrale la posizione su Bpm e Mediobanca. In generale, si stima che una progressiva riduzione dei tassi dell’Eurozona finirà inevitabilmente per farsi sentire su ricavi e utili, ma le valutazioni non sono ancora particolarmente care (5-7 volte il rapporto prezzo/utili) e la capacità di distribuzione del capitale interessante. La preferenza per Ubs va su Unicredit in virtù della resilienza degli utili, del consistente capitale in eccesso (stimato a 8-9 miliardi) che lascia spazio per un incremento dei dividendi e per operazioni straordinarie ma anche dei multipli di Borsa inferiori ai gruppi comparabili.
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ll 2024 si prospetta come un anno favorevole per il consolidamento del settore bancario italiano. La prospettiva di possibili fusioni tiene vivi i corsi azionari. In particolare Unicredit sarebbe pronta per un colpo ad effetto, supportata anche da un capitale in eccesso di 10 miliardi di euro. Intesa Sanpaolo, da parte sua ha già realizzato una significativa acquisizione nel 2020 con il colpo su Ubi. Popolare di Sondrio è al centro di voci di mercato come possibile preda dopo che Goldman Sachs ha costruito una posizione del 10% nel capitale della banca. Altri attori del settore bancario italiano che stanno attirando l’attenzione sono Mps, che aspira a una fusione, e Bper e che in primavera passerà dal rinnovo del consiglio di amministrazione.