Salgono le previsioni degli analisti sul prezzo del petrolio per il resto del 2023, complice il maggior potere di mercato acquisito dall’Opec+ con il tramonto dello shale oil
Brindano i titoli energetici, anche a Piazza Affari, con lo slancio di Eni, Tenaris e Saipem – i migliori titoli del Ftse Mib questo lunedì
Saipem, Tenaris ed Eni sono i titoli che hanno accolto con maggior favore la decisione a sorpresa di nove membri dell’Opec+, che ridurranno la produzione giornaliera di petrolio di 1,66 milioni di barili nel tentativo di sostenere il prezzo del petrolio. I tre titoli collegati al settore energetico quotati sul listino italiano sono avanzati rispettivamente del 4, 3,7 e 3,6% adeguandosi a un prezzo medio più elevato del greggio che sosterrà i rispettivi ricavi. Il Brent e il Wti sono saliti di oltre il 7%, per poi rientrare a quota 84 e 80 dollari, con un rincaro intorno al 5,7%.
Lo Stoxx Energy, che mostra la reazione alla notizia del comparto energetico sulle Borse europee, è in rialzo del 3,60% lunedì 3 aprile. Fra i grandi nomi del settore in Europa, volano Total (6,67%) e Royal Dutch Shell (+3,98%).
Petrolio, il taglio a sorpresa
Il taglio alla produzione riconducibile al cartello dei Paesi esportatori e dei loro alleati, il cosiddetto Opec+, corrisponde a circa l’1% di tutta la produzione globale. Nel dettaglio, sono nove i Paesi membri del cartello che, in anticipo rispetto al meeting previsto per il 3 aprile, hanno annunciato i tagli volontari alla produzione – una scelta che ha colto di sorpresa i mercati, in quanto non vi erano state dichiarazioni che facessero pensare a una decisione di questo tipo nei giorni precedenti.
Se si escludono i 500mila barili giornalieri che saranno rimossi dalla produzione russa, già messi in conto, la componente inattesa del taglio si riduce a 1,12 milioni di barili a partire dal prossimo mese di maggio per tutto il resto dell’anno. Il grosso del taglio sarà effettuato dall’Arabia Saudita (500mila barili al giorno), con il contributo di Algeria, Gabon, Iraq, Kuwait, Emirati arabi, Oman e Kazakistan. Si tratterà di tagli “concreti”, in quanto molti Paesi che hanno annunciato la mossa stanno producendo in una misura assai prossima ai limiti delle rispettive quote concordate all’interno del cartello.
Se si verificherà un recupero dell’attività economica nel corso del 2023 l’effetto del taglio alla produzione sarà più evidente e sosterrà i prezzi del petrolio per il resto dell’anno. Tuttavia, la scelta di ridurre l’output potrebbe indicare un raffreddamento delle aspettative sulla crescita economica e sulla domanda di petrolio nei prossimi mesi. Al momento, comunque, la domanda di petrolio è in aumento grazie all’effetto della riapertura in Cina anche sul traffico aereo e la relativa domanda di carburante. Metà della crescita nella domanda di petrolio globale nel 2023, prevista a 2 milioni di barili al giorno, verrà proprio dalla Cina.
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Petrolio previsioni in aumento sui prezzi
Quella dei nove membri Opec+ è stata una “mossa strana” secondo il responsabile per le materie prime di ING, Warren Patterson, “i prezzi del petrolio si sono in parte ripresi dalle turbolenze registrate sui mercati finanziari in seguito agli sviluppi del settore bancario”, ha aggiunto, mentre “si prevede che i fondamentali del petrolio si rafforzeranno nel corso dell’anno”. ING ha innalzato l’ammanco previsto nella produzione di petrolio da 1,3 a 2 milioni di barili al giorno nel corso del secondo trimestre; di conseguenza anche il prezzo medio del Brent per la seconda metà dell’anno è stato rivisto al rialzo da 97 a 101 dollari.
Anche gli analisti di Goldman Sachs hanno innalzato le proprie previsioni da 90 a 95 dollari al barile per il Brent a fine 2023. La banca d’affari americana ha sottolineato come le previsioni assumano che non vi si alcuna reazione dai produttori di shale oil americano, in linea con l’idea che il potere di mercato dell’Opec+, in seguito al tramonto del petrolio estratto tramite fracking, sia notevolmente aumentato. “Il taglio a sorpresa è coerente con la nuova dottrina [Opec] nella quale si decide di agire preventivamente perché il cartello può farlo senza perdite significative di quote di mercato”, ha affermato Goldman Sachs.
L’incremento dei prezzi petroliferi ridurrà l’effetto positivo sull’inflazione, che nei primi mesi del 2023 è diminuita grazie a una riduzione dei costi energetici. Una riduzione meno rapida dell’inflazione potrebbe alimentare aumenti dei costi per altri beni e servizi, indicati nell’indice di fondo e, in ultima battuta, incoraggiare per più tempo una politica monetaria restrittiva. Anche per questo la decisione dell’Arabia Saudita e degli altri nove Paesi esportatori non potrà che essere politicamente sgradita negli Stati Uniti e in Europa.