Le aspettative dei trader su un possibile rialzo dei tassi Fed entro fine anno sono salite da un 28% di probabilità a quasi il 40%
L’euro, scontando le maggiori chance di politiche restrittive Oltreoceano, è sceso fino a quota 1,0548 sul dollaro, cedendo oltre mezzo punto
L’inflazione americana è aumentata leggermente più del previsto a settembre: su base mensile l’aumento è stato dello 0,4%, contro il +0,3% previsto dagli economisti sondati dal Wsj, con un tasso annuo del 3,7% non destagionalizzato. In linea con le previsioni è stato, invece, l’andamento dell’inflazione di fondo, che esclude le componenti più volatili del paniere: l’aumento è stato dello 0,3% mensile e del 4,1% annuo.
Per l’indice generale il rincaro dei costi abitativi ha pesato per oltre la metà dell’incremento nei prezzi, l’incremento su base mensile è stato dello 0,6%, il più elevato dallo scorso maggio.
Ancor più importante per la Federal Reserve è l’accelerazione dei rincari osservata nel settore dei servizi, quello può indicativo dell’impatto delle retribuzioni sui prezzi: il tasso mensile è passato dal +0,4 al +0,6%, il più elevato da maggio, con un incremento anno su anno del 5,7%.
In rapporto alle aspettative, i dati sull’inflazione americana continuano a indicare una diminuzione, anche se probabilmente i progressi osservati rimangono ancora non sufficienti a far cambiare rotta alla Fed. L’euro ha perso immediatamente lo 0,4% sul dollaro a 1,0576, nell’aspettativa che gli ultimi segnali lanciati dall’inflazione Usa aumentino le probabilità di un ultimo rialzo da parte della Fed, uno scenario ritenuto finora meno probabile dagli investitori. In linea con questa interpretazione, il Treasury decennale ha mostrato uno scossone che ha fatto risalire i rendimenti al 4,625%.
“Il dollaro è di nuovo in vantaggio dopo la notizia di oggi pomeriggio sull’inflazione negli Stati Uniti, che ha mantenuto viva la possibilità di un ultimo rialzo dei tassi della Federal Reserve entro la fine dell’anno. Mentre continuiamo a vedere segnali di progresso nella misura core, che è scesa al livello più basso degli ultimi due anni, il tasso principale, più volatile, è rimasto inaspettatamente invariato, dopo che gli investitori avevano previsto un calo modesto”, hanno affermato gli analisti di Ebury.
“Data la natura relativamente banale della sorpresa al rialzo, ci chiediamo se i mercati non si stiano lasciando trasportare dalla forza dei dati odierni”, hanno proseguito da Ebury, “riteniamo che la notizia di oggi non sia in grado di cambiare troppo le cose e che la Fed manterrà i tassi fermi, prima di allentare la politica in qualche momento nel 2024. I mercati dei futures, tuttavia, sono tornati a prezzare circa il 40% di possibilità di un altro rialzo a dicembre”.
Inflazione Usa, come siamo arrivati fin qui
L’aggiornamento dell’Ufficio di statistica è arrivato all’indomani di un rialzo superiore alle attese anche per i prezzi alla produzione, aumentati a un passo mensile dello 0,5% a settembre. Mercoledì 11 ottobre i verbali dell’ultima riunone del Fomc avevano messo in luce le divisioni del comitato sulla necessità di operare ancora un rialzo dei tassi, con una maggioranza che si era espressa a favore di questa opzione. Gli ultimi indicatori macroeconomici sembrano sfidare la relativa sicurezza degli investitori, che per ora ritengono più probabile che, alla fine, il rialzo non ci sarà.
La scorsa settimana l’economia americana aveva fornito l’ennesima dimostrazione di forza, nonostante i rialzi dei tassi, con una creazione di 336mila nuovi posti di lavoro che ha quasi doppiato le attese degli economisti sondati da Dow Jones (a 170mila). La crescita mensile e annuale delle retribuzioni è stata leggermente inferiore alle attese, a 0,2% e 4,2%, rispettivamente. In seguito a questa notizia le probabilità implicite nelle posizioni dei future indicavano le chance di un ultimo rialzo dei tassi Fed al 43%. Nei giorni successivi segnati dal nuovo conflitto in Israele, però, l’orientamento degli investitori si è spostato. A poche ore dalla pubblicazione dei dati sull’inflazione i trader prezzavano a meno del 28% la possibilità di un ultimo rialzo da parte della Federal Reserve, a dicembre, mentre le chance di un rialzo a inizio novembre erano ridotte all’8,6%.
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