Le italiane, nella media complessiva, riportano livelli di capitale maggiori di Francia e Germania nello scenario più severo.
In Europa, Intesa San Paolo è al nono posto con un cost income ratio del 42,19%
Le banche europee hanno ben superato gli stress test dell’estate e sono pronte a sopportare una grave recessione, un’inflazione molto alta per tre anni, disoccupazione che schizza e un crollo dei prezzi dell’immobiliare. E’ stato incoraggiante, in particolare per le italiane, il risultato degli stress test condotto dalle due autorità bancarie europee, l’Eba e la Bce, su 98 istituti vigilati, grandi e medi. Un’analisi che può essere oggetto di attenzione sul fronte degli investimenti perché scommettere oggi sul comparto creditizio del Vecchio Continente può essere una opportunità.
Perché investire
Ci sono almeno quattro ragioni che potrebbero spingerci a orientare il portafoglio verso quest asset class. Dai dividendi, alla valutazione di mercato:
1-Le valutazioni delle banche europee, che sono state in qualche modo poste sotto pressione dal sentiment negativo nei confronti delle banche regionali statunitensi più deboli all’inizio dell’anno, sono ora molto convenienti, sia rispetto alla storia in termini assoluti che in termini di mercato, e non hanno ancora riflesso questa nuova era di tassi più elevati. Sono dunque sottovalutate.
2- Il modello core è tornato a essere redditizio. Le banche europee sono molto orientate verso il vecchio modello del settore basato sulla raccolta dei depositi dei clienti e l’erogazione dei prestiti. Per questo motivo, durante il regime dei tassi d’interesse prossimi allo zero dalla crisi finanziaria globale del 2008, attraverso le varie mini-crisi dell’eurozona, fino al 2021, l’attività di deposito principale delle banche europee è stata in gran parte in perdita. Tuttavia, con i tassi d’interesse dell’eurozona tornati al 4%, il modello core è tornato a essere redditizio. Infatti, il rendimento del capitale proprio del sistema bancario è più che raddoppiato.
3- Stop accantonamenti. Dopo un decennio e mezzo di riduzione della leva finanziaria in tutto il settore – la cui fine ha eliminato l’impulso deflazionistico – le banche sono in ottima forma: ricche di depositi e, grazie a standard di prestito conservativi, con elevati accantonamenti per i crediti deteriorati.
4-C’è aria di ottimi dividendi. Con bilanci solidi e una crescita dei prestiti a livelli sani, le banche sembrano destinate a continuare a generare grandi quantità di liquidità, e la maggior parte dell’eccedenza può essere restituita agli azionisti.
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Le italiane
Le italiane, nella media complessiva, riportano livelli di capitale maggiori di Francia e Germania nello scenario più severo. In particolare mostrano un calo dell’indice di capitale all’11,5% (11,6 nel campione Bce che è allargato a istituti di minore dimensione) per tutti gli anni 2023-2025. Le banche tedesche invece scenderebbero al 10,6% nel 2023 e al 9,59 nel 2025. Le francesi a 10,5 quest’anno per finire al 9,15% nel 2025
La classifica
Il report di S&P Global Market Intelligence, che ha preso in esame 32 istituti di credito del Vecchio Continente, indica tra le banche più efficienti d’Europa cinque istituti italiani: sul podio ci sono Unicredit, che occupa il quarto posto della graduatoria continentale con un rapporto tra costi operativi e i ricavi pari al 39%. Intesa San Paolo è al nono posto con un cost income ratio del 42,19% seguita, al tredicesimo posto, dalla Monte dei Paschi di Siena. Quest’ultima è migliorata molto negli ultimi tempi: il cost income ratio, infatti, è del 46,2%, più basso del 6,6% rispetto al primo semestre e addirittura del 25,9% rispetto allo scorso anno. Alla posizione numero quindici della classifica troviamo, poi, Banco Bpm con un rapporto tra costi operativi e i ricavi pari al 47,8%.
Bper è al ventunesimo posto nella graduatoria generale; ed è la terza banca italiana per numero di filiali e la quarta per attivo.
In generale , tra le migliori ci sono la turca Türkiye Cumhuriyeti Ziraat Bankasi che è riuscita a tagliare il cost income ratio del 94% portandolo al 32,09%; la Dnb Bank(Norvegia) e la Swedbank (Svezia).