I prossimi cinque anni saranno cruciali per il passaggio generazione della ricchezza. E per i wealth manager si fa sempre più pressante l’esigenza di strutturare una strategia efficace per conquistare i figli di quelli che oggi sono i clienti tipo, ovvero per lo più over 60. È un tema mainstream di cui tutte le banche si stanno occupando, promuovendo incontri inter-generazionali in seno alle famiglie imprenditoriali e assumendo banker della Gen Z. Ma non basta: e rischia di essere uno sforzo inutile se non ci è prima sviluppati quella che in psicologia si chiama “intelligenza culturale”, ovvero la capacità di comprendere e adattarsi a sistemi di valori diversi. I Millennial – gli eredi designati di patrimoni globali che sono stimati tra 30mila e 70mila miliardi di dollari – contano per un quarto della popolazione europea (e al 2030 per due terzi della forza lavoro), sono i primi globetrotter, in bilico tra mondo analogico e digitale e abituati ai cigni neri: una generazione diversa da tutte quelle che la hanno preceduta e che poi sfocia nei nativi digitali, i Gen Z, un mondo del tutto inedito e ancora da scoprire.
Riconoscere e integrare la diversità delle generazioni
“Nel contesto bancario, riconoscere e integrare la diversità delle generazioni è essenziale per fornire un servizio di qualità e una consulenza che si fondi realmente sui bisogni dell’interlocutore. Non basta incontrare il figlio insieme al padre per convincere il primo a proseguire sulla scia del secondo: bisogna capire quali sono le esigenze del figlio. Pertanto prima di intraprendere incontri intergenerazionali, è fondamentale acquisire una comprensione profonda delle divergenze culturali tra generazioni”, a dirlo a We Wealth è Silvio Malanga, founder e ceo di H2O-Human to organization, società di consulenza fondata nel 2016 e che annovera tra i clienti le maggiori banche (Unicredit, Credem – Banca Euromobiliare, Banca generali, Bper, Bnl) e assicurazioni italiane (UnipolSai, Generali).
“Nei prossimi anni, il passaggio generazionale sarà fondamentale per molte aziende e famiglie. Non è scontato che i figli abbiano le competenze per continuare l’attività o la volontà di farlo, e spesso si verificano tensioni tra le generazioni. Ma gli attriti nascono anche per via della differenza valoriale – continua Malanga – le nuove generazioni attribuiscono importanza a cose diverse rispetto alle generazioni precedenti. Quando un banker è punto di riferimento per i padri e le madri è anche grazie a un’affinità culturale, valoriale. Per diventare un riferimento anche per nuove generazioni ci si può trovare ad affrontare una discontinuità valoriale. Se le nuove generazioni sono diverse, il banker deve adattarsi: quello che era un valore per le precedenti generazioni potrebbe non esserlo per le nuove”. Un dato lo conferma. Come rilevato per esempio dall’ultimo EY Global Wealth Research Report, la propensione a cambiare o spostare denaro da un fornitore a un altro è più elevata nelle fasce di età più giovani. Il 60% degli investitori italiani (contro il 49% a livello europeo) prevede di aggiungere un nuovo intermediario, trasferire denaro a un altro intermediario o cambiarlo del tutto nei prossimi 3 anni. I millennial hanno più del triplo delle probabilità di spostare asset (85%) rispetto ai baby boomer (22%).
E allora che fare? Rinsaldare la fiducia e conquistare quella dei più giovani. Nella relazione banker – cliente la fiducia è cruciale e viene attribuita in modo diverso dalle nuove generazioni rispetto alle precedenti.
Come cambia la dinamica relazionale di generazione in generazione
“Mentre la vecchia generazione, per esempio, poteva basare la fiducia su incontri di persona e l’accoglienza, le nuove generazioni considerano generalmente affidabili chi sa usare i social media, chi parla con un linguaggio informale e chi utilizza modalità di comunicazione come videocall e WhatsApp. Questo aspetto già da solo cambia la dinamica della relazione tra il banker e il cliente. Il banker deve essere disposto a formarsi e adattarsi ai cambiamenti. Anche perché le banche stanno assumendo giovani talenti, e i banker più anziani dovrebbero investire nella loro formazione”.
Il “rischio generazionale” insomma può trasformarsi in pregiudizi e bias che influenzano negativamente la relazione tra genitori e figli o tra banker e clienti più giovani. “Per gestire questo rischio, è essenziale lavorare sulle convinzioni e i pregiudizi, sviluppando l’intelligenza culturale – continua Malanga – Questa capacità ci consente di riconoscere e integrare la diversità, promuovendo una comunicazione aperta e rispettosa. Esistono strumenti appositamente progettati per misurare l’intelligenza culturale, sviluppati in origine per manager di multinazionali che affrontano sfide di adattamento culturale. Questi strumenti possono essere adattati e utilizzati anche nel settore bancario per valutare e migliorare le competenze di flessibilità e adattamento dei banker”. Una volta acquisite le competenze dell’intelligenza culturale, anche gli incontri intergenerazionali diventeranno maggiormente produttivi di risultati positivi. “Incontrare la famiglia per gestire il passaggio generazionale richiede anche una comprensione delle dinamiche interne, che derivano da differenze culturali. Inoltre, è fondamentale mantenere una prospettiva equilibrata e rispettosa quando si cerca di rilevare le esigenze delle diverse generazioni: se non si ha chiaro questo concetto, incontrare padre e figlio insieme può generare tensione anziché costruire armonia, focalizzandosi più sulla mediazione che sulla consulenza”.