La destabilizzazione del Medio Oriente porta pressioni fortemente rialziste sulle quotazioni del petrolio e spinge gli investitori a guardare verso beni rifugio (bond, usd, chf, jpy, oro)
Il conflitto israelo-palestinese ha riacceso la volatilità sui mercati modificando, come accade ogni volta che un grave evento geopolitico si abbatte sui mercati, le scelte di investimento. Ma quali asset class dobbiamo considerare quando sferzano “venti di guerra”? Azioni, bond materie prime? L’incertezza la fa da padrona, ma alcuni punti fermi possono essere individuati anche alla luce del fatto che non sappiamo ancora che dimensioni avrà questo nuovo conflitto, se rimarrà confinato nell’Area o coinvolgerà altri Paesi.
Chi sale
La nuova volatilità ha fatto salire i prezzi delle materie prime, petrolio e gas naturale premiando soprattutto i titoli della difesa, gli energetici, l’oro e il dollaro. L’oro è storicamente “il bene rifugio”, ma altri possibili investimenti riguardano anche i buoni del Tesoro, che offrono un rendimento certo e costante nel tempo; così come gli Eft che sono fondi che replicano un particolare indice di Borsa e che possono essere comprati e venduti proprio come un normale titolo. Sono poco rischiosi e garantiscono rendimenti costanti. Si possono anche considerare i piani di Accumulo che attenuano le oscillazioni di mercato.
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Chi scende
Scendono invece tutti i settori collegati ai consumi discrezionali, le compagnie aeree e i business legati al turismo. Gli esperti consigliano di non trattenere eccessiva liquidità sui conti correnti, visto che l’inflazione causa una consistente svalutazione del denaro; e di avere un portafoglio ben diversificato e bilanciato. Al di là dei settori da evitare, non è il caso nemmeno di investire solo in beni rifugio o titoli della difesa, soprattutto se l’evoluzione del conflitto è molto incerta.
La reazione delle asset class
-Azioni. Sul fronte azionario forti acquisti hanno riguardato in questi giorni i titoli del settore della difesa (Leonardo, Rheinmetall, Thales, Bae Systems) sulla scia di una potenziale aumento della domanda di armamenti.
-Bond. Sul fronte obbligazionario corrono Treasuries e Bund.
–Valute. Sul fronte valutario ottime le performance delle valute rifugio: dollaro statunitense, franco svizzero e yen giapponese. La valuta più debole è stata lo shekel israeliano che ha toccato nuovi minimi contro dollaro a 3,98. E’ dovuta intervenire la Banca Centrale di Tel Aviv per vendere dollari e stabilizzare la propria valuta (al momento coppia valutaria a USD/ILS a 3,92).
-Materie Prime. Sul fronte commodities vi è stata una super performance del petrolio. Il Wti Light Crude in area 84,30 dollari al barile, il Brent è oltre 86 dollari al barile.
-Oro. Molto bene la performance del bene rifugio per eccellenza, l’oro, che evidenzia un aumento di 1 punto percentuale a $1850 l’oncia.
Prospettive
Gli analisti di Ig prevedono che la volatilità rimarrà molto elevata nei prossimi giorni e che l’impatto sui mercati sarà sempre più profondo se dovessero essere coinvolti altri Stati, portando ad un’avversione al rischio e ad un sentiment di risk-off che potrebbero protrarsi a lungo. La destabilizzazione del Medio Oriente porta pressioni fortemente rialziste sulle quotazioni del petrolio e spinge gli investitori a guardare verso beni rifugio (bond, usd, chf, jpy, oro). Nonostante la delicata e complessa situazione “non riteniamo che si possa ripetere l’embargo petrolifero del 1973 in seguito alla guerra dello Yom Kippur”. È importante infatti notare che da allora l’influenza dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) sulla produzione globale è diminuita notevolmente. Inoltre, i colloqui in corso tra Arabia Saudita e Israele per normalizzare le relazioni tra i due Paesi gettano le basi per una situazione diversa rispetto a quella vista nel 1973.
Nel caso di shock energetico
Dal punto di vista degli investimenti, secondo Ubp per orientarsi in un contesto in rapida evoluzione e valutare il rischio di un nuovo shock energetico per l’economia globale, gli investitori dovrebbero concentrarsi su alcuni elementi:
-il coinvolgimento dell’Iran nella pianificazione e preparazione degli attacchi
-il tentativo di Hezbollah, sostenuto dall’Iran, di aprire un secondo fronte nel conflitto, che comporterebbe nuove restrizioni da parte degli Stati Uniti sulle esportazioni di petrolio iraniano e la riluttanza dell’Arabia Saudita a sostituire l”offerta iraniana sui mercati mondiali.
Per gli investitori che cercano di gestire in modo proattivo questi potenziali esiti, le posizioni di liquidità in dollari ad alto rendimento e le allocazioni in oro esistenti dovrebbero fornire protezione nel caso in cui dovesse emergere uno scenario di shock petrolifero. Nell’azionario, i titoli energetici dovrebbero offrire un relativo riparo agli investitori se questo scenario di rischio dovesse prendere forma nelle prossime settimane.