Per definire (e scovare) un talento non basta più analizzare un curriculum vitae, ma bisogna misurarne le capacità intuitive, analitiche e riflessive
Il curriculum vitae vale il 50% dell’analisi, mentre i tratti della personalità coprono un ulteriore 40%, per un totale pari al 90% di probabilità che si tratti di un buon inserimento
Mercuri Urval offre un servizio alle aziende che consente di identificare i migliori talenti sul mercato a partire da un’analisi dei tratti della personalità
Che cos’è il talento? La risposta potrebbe sembrare banale, ma non lo è. Dipende dall’industria che cerca quel talento e dal momento storico. Se in passato, per esempio, nelle nuove leve della consulenza finanziaria si ricercavano le abilità di vendita, nel contesto attuale in cui l’industria è bersagliata su più fronti (dalle autorità di regolamentazione al susseguirsi di scandali finanziari) la capacità di trasmettere fiducia diventa una delle chiavi del processo di assunzione. Insomma, per scoprire i nuovi talenti non basta più analizzare lunghe pile (o email) di curriculum vitae; ma serve piuttosto un “test” della personalità. Ne abbiamo parlato con Simone Bigatti, partner & financial services global sector lead di Mercuri Urval, società globale di leadership acquisition e advisory che supporta le aziende nella ricerca e selezione del personale attraverso una metodologia proprietaria basata su 28 variabili psicologiche.
“Se parliamo di financial services con la specifica del mondo della raccolta, dal nostro osservatorio sono tre le caratteristiche che identificano un talento: fiducia, stabilità e capacità di ascolto”, spiega Bigatti. “Un talento deve essere in grado di trasmettere la volontà di restare all’interno di un contesto lavorativo. E deve sviluppare un rapporto fiduciario anche verso il cliente. Parliamo di persone che sappiano ascoltare, gestire e fidelizzare la clientela, che abbiano tratti di empatia, che sappiano mettersi nei panni degli altri. L’industria vuole trasmetterla questa fiducia, specie in una fase come quella attuale”. Se un tempo un talento era infatti colui che era in grado di “piazzare il prodotto più costoso”, oggi stiamo assistendo a uno shift generazionale, sia lato professionisti che clienti, e anche le competenze e i bisogni dell’industria si stanno a loro volta evolvendo.
Il metodo Mercuri Urval aiuta in questa evoluzione. “Il nostro servizio riguarda sia i potenziali talenti junior che senior”, dice Bigatti. La differenza è che nel secondo caso si parte da un’analisi del cv, ovvero dei risultati ottenuti sul campo; “ciò che normalmente un’azienda fa in autonomia”, spiega. “Poi aggiungiamo i tratti della personalità, per offrire un hedge sul rischio: individuiamo le caratteristiche adatte a un determinato contesto professionale, tracciamo un benchmark e calcoliamo quanto un candidato possa essere più o meno allineato: il cv vale il 50% e i tratti della personalità coprono un ulteriore 40%, per un totale pari al 90% di probabilità che sia un buon inserimento”, racconta Bigatti. Nel caso dei talenti junior, invece, un’analisi predittiva consente di scoprire come si comporteranno in un determinato ambiente, esaminando le loro capacità intuitive, analitiche, riflessive, ma anche di prendere decisioni con una certa velocità o la necessità di avere obiettivi fissati in anticipo dall’azienda o di essere affiancati da un capo presente. “Lavoriamo nel settore pubblico con soggetti come l’Onu o la Bce, ma anche con boutique di wealth management, pb e reti. Ogni anno effettuiamo una due diligence sulle società più sexy, con cui stringiamo degli accordi e utilizziamo le altre aziende più in difficoltà come risorse per le candidature, dove pescare i talenti”.
(Articolo tratto dal magazine We Wealth di giugno 2023)