Una rinomata storiella indiana parla di sei saggi ciechi che vivono in un piccolo villaggio.
Qui, un giorno, arriva un principe straniero con il suo elefante. I sei saggi, non sapendo come fosse fatto un pachiderma, desiderano conoscere l’animale e allora giungono davanti al principe e cominciano a turno a toccare la bestia.
“L’elefante è come un enorme ventaglio rugoso”, dice il primo saggio. Gli aveva toccato le orecchie.
“Io dico che è come un paio di lunghe ossa”, sostiene il secondo. Gli aveva toccato le zanne.
“Assolutamente no. Assomiglia a una grossa corda”, interviene il terzo, dopo avergli toccato la proboscide.
“State scherzando? Piuttosto è compatto come un tronco d’albero!” disse il quarto, che gli aveva toccato le zampe.
E via fino al sesto. Ciascuno tocca una parte diversa dell’enorme mammifero e ne ha una percezione tutta sua, che inevitabilmente diventa la sua esperienza.
Quando analizziamo un problema da una sola visuale, noi siamo come uno di quei (poco) saggi indiani. Ci limitiamo a considerare una sola prospettiva, che è inevitabilmente quella di cui facciamo esperienza.
La programmazione neuro-linguistica e la rappresentazione della realtà
Gli studiosi di programmazione neuro-linguistica (Pnl) utilizzano la celebre frase “La mappa non è il territorio” proprio per sottolineare che la nostra rappresentazione della realtà – frutto della nostra esperienza soggettiva, limitata nel tempo e nello spazio, e delle nostre credenze – non coincide con la realtà stessa, ma è solo una sua possibile interpretazione.
Il fatto è che la nostra mappa finisce con il condizionare la nostra risposta comportamentale agli eventi. Detto in altre parole, il modo in cui agiamo è dettato da come leggiamo gli accadimenti della vita.
Prendiamo ad esempio due tennisti che si apprestano a giocare la finale di Wimbledon. La posta in gioco è altissima: si tratta della partita con cui verrà assegnato uno dei più prestigiosi premi di questo sport.
Il “peso” della finale è oggettivo.
Il primo tennista interpreta la partita come la più difficile della sua carriera. Probabilmente entrerà in campo già emozionato e durante il match spenderà un sacco di energie mentali, che si tradurranno in tensione emotiva ed errori dovuti alla mancanza di fiducia in sé.
Il secondo giocatore, invece, interpreterà quella partita come l’opportunità più grande della sua carriera. E allora entrerà in campo con il coltello tra i denti, deciso a fare quell’ultimo “passo” per guadagnare il titolo, completamente focalizzato su ogni giocata e in totale stato di “flow”.
Gli schemi mentali
La partita è la stessa, ma i due giocatori l’approcceranno in modo completamente diverso. I loro schemi mentali (ovvero il programma che la mente segue per rispondere agli stimoli esterni) sono diversi, porteranno a stati emotivi e a risultati tangibilmente diversi.
Ed è così per tutti noi. I nostri schemi mentali possono aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi, oppure auto-sabotarci.
La bella notizia è che noi possiamo riscrivere in ogni momento la nostra “mappa” e, di conseguenza, muoverci in modo diverso sul territorio.
Poiché la mappa è dettata dal nostro modo di vedere le cose, dobbiamo cercare di cambiare la nostra visuale. Se fossimo uno dei sei saggi dell’elefante, dovremmo provare a spostarci di posizione e conoscere l’animale dalle altre cinque possibili prospettive.
Quando ci sentiamo bloccati e pensiamo di non riuscire a risolvere una situazione che non ci piace, probabilmente il problema è proprio nel nostro approccio alla soluzione.
Esempi di modelli comportamentali
Noi siamo parte del nostro problema, ma dentro di noi c’è anche parte della soluzione.
La programmazione neuro-linguistica è nata proprio osservando i modelli comportamentali applicati dalle persone di successo, e ne ha fatto dei protocolli applicabili da chiunque.
Come pensano i grandi imprenditori?
Come gestiscono il loro tempo i grandi manager?
Come si allenano i campioni sportivi?
Come agiscono i grandi leader?
Come parlano i migliori opinion leader?
Come si relazionano agli altri le persone carismatiche?
Il segreto: cambiare approccio mentale
Ci sono schemi mentali vincenti che possono essere studiati e applicati da chiunque.
Vuoi diventare il migliore nel tuo campo ma fino a oggi non sei ancora riuscito ad ottenere i risultati che vorresti?
Vuoi risolvere quel fastidioso problema o uscire da quella logorante situazione?
Vuoi trarre vantaggio da quella che ora ti sembra un’avversità?
Spesso il segreto è proprio nel cambiare approccio mentale.
Certo, in alcuni contesti servirà sviluppare competenze e abilità specifiche. Ma in molti casi, il blocco è solo una questione di “mappa” (tra parentesi, molti nella loro “mappa” pensano di non essere in grado di imparare nuove abilità e gettano la spugna prima ancora di provarci. Cambiare mappa significa anche ritrovare fiducia in sé stessi ed essere disposti a imparare cose nuove).
Come fare per cambiare la propria mappa?
Innanzitutto dobbiamo essere consapevoli degli schemi mentali che stiamo utilizzando in un dato momento.
Come stiamo agendo?
Quali conseguenze hanno le nostre azioni?
Dov’è il nostro blocco?
A quel punto, dobbiamo mettere in discussione la nostra visione, il nostro punto di vista, le nostre credenze. E provare a reinterpretare, rielaborare. Per farlo, possiamo ispirarci a chi ha vissuto la nostra situazione prima di noi e l’ha già brillantemente superata o risolta.
Trovare esempi vincenti ci incoraggia e ci libera da molte credenze limitanti. Se qualcuno ce l’ha fatta prima di noi, allora possiamo farcela anche noi.
Adottare un atteggiamento che ci lascia aperti a esplorare altre possibili “mappe” ci permette di spostare il focus dalle cause esterne alla nostra crescita personale. Non dobbiamo più arenarci davanti a falsi alibi (“non sono capace”, “non ho tempo”, “non ho abbastanza risorse”), non dobbiamo più dare la colpa dei nostri fallimenti agli eventi, alle condizioni di contesto, ma diamo iniziare a lavorare su noi stessi (“Come posso imparare ciò che non so fare ora?” “Come posso ritagliarmi del tempo per questo progetto?” “Come faccio a trovare le risorse che ora non ho?”).
Sembra incredibile che con una domanda ben formulata il nostro cervello ci dia delle risposte? Eppure funzioniamo proprio così.
Per concludere: se vuoi cambiare i tuoi risultati, cambia te stesso. A partire dal tuo approccio mentale. Il problema può essere dentro di te, ma dentro di te c’è anche la soluzione.