Secondo un’analisi dell’Area studi Mediobanca, nei primi nove mesi dell’anno i giganti del websoft sono cresciuti unicamente in termini di fatturato aggregato (+9,5%)
Il podio di Borsa è occupato da Microsoft (con una capitalizzazione di 1.735 miliardi di euro), Alphabet (1.219 miliardi) e Amazon (927 miliardi)
Debach: “Prevale l’idea per una visione a doppia velocità per il 2023, difensiva nella prima parte dell’anno e offensiva nella seconda”
Dopo aver raggiunto un picco in termini di capitalizzazione a dicembre 2021, pari a 8.628 miliardi di euro, le big tech chiudono i primi nove mesi dell’anno in frenata; incassando un crollo in Borsa del 29,2% al 18 novembre. Stando a un’analisi dell’Area studi Mediobanca sulle 25 maggiori websoft internazionali – con ricavi superiori ai 12 miliardi di euro, di cui 11 hanno sede negli Stati Uniti, nove in Cina, due in Germania e in Giappone e una in Corea del Sud – nello stesso periodo risultano in contrazione redditività operativa (-5,5%), utili netti (-42%) e liquidità (-11,9%). A incassare un crollo in doppia cifra in termini di ricavi sono in particolare Activision Blizzard (-21,8%), Qurate (-14,1%), Vipshop (-13,9%) e Wayfair (-12,8%). Abbiamo dunque chiesto a Gabriel Debach, market analyst di eToro, e Marco Bernardeschi, head of investment advisory di Banca Ifigest, cosa attenderci per il 2023 per i titoli growth. Tra pericoli di recessione e possibili tagli dei tassi.
“Il settore tecnologico è stato chiaramente sotto gli occhi di tutti il motore trainante del bull market degli ultimi 20 anni. Ma da novembre 2021 stiamo assistendo a una rotazione secolare, che ha favorito energy e finanziario”, racconta Bernardeschi. “Il repricing delle azioni tech, quest’anno, è stato esclusivamente legato ai tassi d’interesse. Essendo il prezzo di un’azione classicamente derivato dall’attualizzazione dei flussi di cassa futuri, è chiaro che aumentando i tassi i prezzi siano diminuiti in maniera ampia e consistente”. Il rischio, avverte Bernadeschi, è tuttavia di una seconda ondata “relativa a un riprezzamento degli utili che oggi sono ancora troppo ottimistici”.
“Il settore tecnologico, big tech incluse, continua a faticare in un contesto di rialzi dei tassi e di aspettative su una possibile futura recessione”, conferma Debach. “Alla luce di un tale scenario, e nonostante la recente e decisa correzione, risulta pertanto non ottimale valutare una maggiore esposizione del portafoglio sul tech”. La situazione potrebbe mutare nella seconda parte del 2023, aggiunge, con la Fed attesa giungere al suo tasso terminale (o perfino a possibili tagli dei tassi). “In questo senso, sono state ben accolte le parole del presidente della Fed, Jerome Powell, che al Brookings Institute ha indicato come un ritmo più lento dei rialzi dei tassi potrebbe arrivare già nella riunione di dicembre”, continua Debach. Sottolineando come prevalga dunque l’idea per una visione a doppia velocità per il 2023: “difensiva nella prima parte dell’anno, con un focus su comparto sanitario, beni di prima necessità e utilities insieme a stili focalizzati sulla qualità (pensiamo a titoli con crescita stabile degli utili, bilanci solidi e bassa leva finanziaria), e offensiva nella seconda, quando si potrebbero valutare spostamenti su settori quali, appunto, tecnologia e comunicazione”.
A intravedere spiragli di opportunità per i titoli tecnologici nella seconda parte dell’anno è anche Bernardeschi. “Prima di tornare sul tech, però, dovremmo assistere a un ripiegamento deciso dei rendimenti obbligazionari a medio-lungo termine. Solo quando vedremo le obbligazioni a medio-lungo termine ritornare su livelli bassi di rendimento (dal 4,5% al 2%) perché si sconta una recessione, un rallentamento globale, un cambiamento di politica da parte delle banche centrali e un abbassamento dei tassi d’interesse, allora il settore tech potrà avere di nuovo senso”, avverte tuttavia l’esperto.
La frenata dei giganti del websoft: chi vince e chi perde
Guardando con lo specchietto retrovisore al 2022, come anticipato in apertura, nei primi nove mesi dell’anno i giganti del websoft sono cresciuti unicamente in termini di fatturato aggregato (+9,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Guida l’America Latina con il +24,9%, seguita da Nord America (+13,7%), Europa (+8,2%) e Asia (+6,6%). La redditività operativa risulta in calo del -5,5% mentre gli utili netti crollano del -42%. La liquidità si porta al -11,9% complici i maggiori investimenti per crescita interna (+20% sui primi nove mesi del 2021) ed esterna attraverso operazioni di fusione e acquisizione (+15%) e di acquisto di azioni proprie (+12%). Il focus sui singoli gruppi vede rimbalzare in termini di ricavi Uber (+99,3%), Booking (+63,5%) ed Expedia (+43,2%), seguite dalla coreana Coupang (+14,4%) e dalla giapponese Rakuten (+13,7%). In negativo invece Activision Blizzard (-21,8%), Qurate (-14,1%), Vipshop (-13,9%) e Wayfair (-12,8%). L’analisi della redditività industriale mostra alla guida Microsoft (41,2%) accompagnata da Adobe (35,1%), Oracle (33,4%) e Nintendo (33%). Il podio di Borsa è occupato infine da Microsoft (con una capitalizzazione di 1.735 miliardi di euro), Alphabet (1.219 miliardi) e Amazon (927 miliardi).