“Ora il focus della Fed è tutto sull’inflazione; di conseguenza, il possibile calo dei listini azionari e rialzo dei tassi di mercato non la preoccupano per ora”, ha dichiarato a We Wealth il chief global strategist di Intermonte, Antonio Cesarano, “si tratta di un vero e proprio guanto di sfida contro i mercati”
Finora il nuovo corso di politica monetaria ha “punito” titoli tecnologici e biotech, riportando fra le preferenze dei gestori alcuni comparti che erano rimasti indietro come quello petrolifero
Chi osserva i mercati con gli occhi del senso comune, difficilmente riesce a cavarne una logica. Nei due anni segnati dalla pandemia e dalla peggiore recessione dal secondo dopoguerra l’S&P 500 ha accumulato una performance del 60%, nonostante il crollo verticale del marzo 2020. Ora che, invece, l’Organizzazione mondiale della sanità si è spinta ad affermare che la variante omicron potrebbe essere un passo verso la fine della pandemia e che l’economia procede a pieno ritmo, la Borsa americana ha realizzato il peggior inizio anno di sempre. Una logica in tutto questo, però, c’è.
Con la progressiva riduzione degli stimoli monetari che hanno sostenuto, fra le altre cose, anche l’acquisto di azioni, infatti, il vento sta cambiando direzione. La Federal Reserve, nella sua riunione del 26-27 gennaio, ha lanciato ulteriori segnali di forte determinazione nel voler moderare l’inflazione più elevata che gli Usa abbiano visto negli ultimi quarant’anni. Una settimana dopo, la Bce è apparsa decisamente più possibilista sul fatto che un rialzo dei tassi possa prendere forma già nel 2022. Aumentare i tassi d’interesse riduce la circolazione di moneta e raffredda l’economia, gli utili aziendali, oltre che i prezzi.
Non solo: la liquidità che la Fed ha iniettato con il suo Quantitative easing, l’acquisto di titoli con moneta di nuova emissione, potrebbe iniziare a cambiare segno già da quest’anno. Non c’è da stupirsi se tutto questo sta spingendo gli analisti ad aspettarsi, dopo due anni favolosi, ulteriori perdite sul mercato azionario. “Ora il focus della Fed è tutto sull’inflazione; di conseguenza, il possibile calo dei listini azionari e rialzo dei tassi di mercato non la preoccupano per ora”, ha dichiarato a We Wealth il chief global strategist di Intermonte, Antonio Cesarano, “si tratta di un vero e proprio guanto di sfida contro i mercati simile a quello che Powell lanciò nel dicembre 2018 quando, in tema di riduzione di bilancio, dichiarò che sarebbe andato avanti con il pilota automatico, incurante della reazione dei mercati stessi, salvo poi cambiare idea il mese successivo”.
Secondo Roberto Rossignoli, portfolio manager di Moneyfarm, “la Fed si trova tra due fuochi: gli analisti e gli operatori di mercato che hanno paura di un ‘policy mistake’, un rialzo eccessivo dei tassi che potrebbe minare occupazione e crescita economica, dall’altro politici e opinione pubblica che vedono i prezzi dei beni aumentare a un passo inatteso e quindi chiamano un interventismo più sostenuto”.
Finora il nuovo corso di politica monetaria ha “punito” titoli tecnologici e biotech, riportando fra le preferenze dei gestori alcuni comparti che erano rimasti indietro come quello petrolifero. A testimoniare questa rotazione è l’esito dello storico confronto fra growth e value, da inizio 2022. Al 27 gennaio il Russell 1000 value ha segnato un calo del 4,9% contro un rosso del 14,3% dell’omologo indice growth. La gran parte degli analisti, sulla base dell’esperienza storica, vedono più opportunità sui titoli value in un contesto in cui i tassi d’interesse sono crescenti e l’inflazione elevata. Mentre la Fed ha monopolizzato l’attenzione, sull’altro versante dell’Oceano la Bce e i mercati europei hanno attraversato la prima parte del 2022 con movimenti meno drastici. Al 27 gennaio, l’Euro Stoxx 600, pur avendo perso il 4% da inizio anno, ha sovraperformato l’S&P 500 di 5,8 punti.
Se si allarga lo sguardo, l’economia globale, nel suo complesso appare un po’ meno in salute rispetto a quanto non si fosse previsto fino a qualche mese fa. Le ultime stime dell’Fmi hanno rivisto al ribasso la crescita globale del 2022 di mezzo punto, al +4,4%. Sul primo trimestre di quest’anno peserà l’impatto della variante omicron. L’escalation di tensioni in Ucraina potrebbe provocare un conflitto militare e colpire le forniture di gas in Europa, i cui approvvigionamenti dipendono al 35% dalla Russia. La stessa stretta monetaria potrebbe rallentare il ritmo della crescita. Cesarano è da tempo convinto del fatto che un rallentamento dell’economia ammorbidirà l’orientamento della Fed più avanti nel corso dell’anno. “Se ora l’unica campana ascoltata dalla Fed è (giustamente per ora) l’inflazione, successivamente dovrà ascoltare anche la campana della crescita”, ha affermato, “come diceva Eduardo De Filippo in una celebre commedia, le campane sono due e devono suonare insieme”. Quando questo avverrà, ha aggiunto l’esperto di Intermonte, anche il mercato azionario potrà recuperare. Anche secondo Gabriel Debach, market analyst di eToro, le prospettive di una stretta monetaria più netta negli Usa andranno a deteriorare le prospettive immediate per l’azionario. “Con cinque previsti rialzi dei tassi, dove non sono neanche esclusi rialzi maggiori ai 25 punti base, i mercati si devono adattare sempre di più ad una fase finale di un ciclo espansivo, con la volatilità che potrebbe comunque restare un problema (opportunità) durante l’anno”, ha affermato Debach in un’intervista rilasciata a We Wealth.
A supportare l’azionario in una prospettiva più ampia, però, resta la scarsità di altre opzioni in grado di offrire rendimento: “Uscire per…? Con le altre asset class che non riescono neppure a coprire il costo dell’inflazione, per quanto si possa aver timore dei mercati, non si trovano alternative. Il cash rappresenta la scelta peggiore, visto che in circa venti anni si vedrebbe dimezzato il relativo potere di acquisto”, ha concluso Debach. La debolezza del mercato azionario, dunque, potrebbe essere intensa, ma anche di breve durata.