L’estate 2024 verrà ricordata per le settimane di grande volatilità sui mercati finanziari globali a seguito de i numerosi eventi economici e geopolitici che hanno aumentato la generale incertezza che ha caratterizzato gli ultimi due anni, ma le cui ripercussioni potrebbero aprire le porte a un contesto economico più stabile e bilanciato, nota come economia “goldilocks“, non troppo calda né troppo fredda. Con Frédéric Leroux, responsabile del Team Cross Asset dal 2017 e gestore globale di Carmignac, analizziamo le implicazioni per gli investitori.
Un’estate turbolenta: incertezza geopolitica…
Il rallentamento della crescita economica statunitense è stato uno dei primi segnali che ha allarmato gli investitori. I dati del secondo trimestre hanno mostrato un calo delle previsioni di crescita degli utili per il secondo semestre, confermando i timori di una sopravvalutazione dei titoli azionari. Anche il settore dell’intelligenza artificiale, fino a poco tempo fa motore della crescita tecnologica, ha iniziato a mostrare segni di cautela. Questa prudenza ha scosso i mercati, che hanno reagito con vendite diffuse.
“La cautela espressa dai principali operatori del settore dell’intelligenza artificiale – spiega Leroux – ha fatto temere ai mercati di aver spinto eccessivamente al rialzo le loro quotazioni, o troppo rapidamente”
Anche la politica ha contribuito ad aumentare l’incertezza. Da un lato il ritiro di Joe Biden dalla corsa presidenziale ha ridotto le probabilità di politiche economiche pro-crescita, in particolare dal lato dell’offerta. Dall’altro, le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e l’immobilismo della Cina di fronte al proprio rallentamento economico hanno ulteriormente complicato il quadro. La Bank of Japan, dal canto suo, ha scosso i mercati con l’annuncio di voler rendere la sua politica monetaria meno accomodante, provocando un improvviso apprezzamento dello yen.
…e game over per il carry trade
Uno degli eventi più significativi per i mercati azionari è stata la fine del carry trade sullo yen, una strategia che ha dominato i mercati per oltre un decennio.
“La debolezza strutturale dello yen da oltre dieci anni a questa parte, alimentata da tassi costantemente pari a zero – osserva Leroux – ha indotto sempre più operatori di mercato a contrarre debito in yen per investire in altre valute o in altri asset ritenuti in grado di generare rendimenti più alti (carry trade). Apparentemente, la Bank of Japan ha posto fine a questo carry trade, che per anni ha fornito liquidità ai mercati finanziari.”
Quando Tokyo ha alzato i tassi nel luglio 2024, infatti, lo yen ha guadagnato circa il 10% in pochi giorni, costringendo molti investitori a chiudere rapidamente le loro posizioni.
Le conseguenze sono state immediate: il peso messicano, una delle valute più utilizzate nel carry trade, ha perso terreno, e i mercati azionari globali hanno subito cali significativi, con ribassi tra il 10% e il 15%. Persino l’indice delle banche giapponesi ha perso il 17% in un solo giorno. Tuttavia, nonostante queste correzioni, i mercati vulnerabili non hanno registrato grosse scosse. I mercati dei tassi di interesse non hanno subìto scossoni.
“Eppure, stranamente, l’indice di volatilità dei mercati azionari statunitensi ha registrato la terza impennata più significativa dal 2008 (shock di Lehman Brothers) e dal 2020 (ansia legata al Covid). Bisogna comunque tenere presente questo episodio di volatilità, anche se forse è sfuggito ai vacanzieri meno connessi attratti peraltro dal rapido rimbalzo dei mercati registrato appena prima di Ferragosto”.
Un autunno di speranze?
Paradossalmente, proprio in questo contesto di incertezza, si sono delineate le basi per uno scenario più ottimistico. Il calo dei tassi di interesse statunitensi, il rallentamento dell’inflazione, la debolezza del dollaro e la riduzione dei prezzi del petrolio indicano chiaramente che i mercati stanno anticipando un rallentamento economico negli Stati Uniti. La Federal Reserve, consapevole di questo cambiamento, ha tagliato per la prima volta dal 2020 i tassi di ben 50 pb, lasciando cautamente intendere che l’inflazione sia ormai sotto controllo e che l’obiettivo della banca centrale statunitense sia tornare a sostenere la piena occupazione.
“Questo mix di fattori – commenta Leroux – il contributo della propaganda elettorale che creerà sostegno fiscale, i tassi a lungo termine più bassi ulteriormente ridotti dal calo dei tassi a breve termine, l’indebolimento del dollaro indotto da un allentamento monetario più rapido che altrove, i prezzi del petrolio spinti al ribasso dal continuo rallentamento della Cina, e l’intenzione dell’OPEC di allentare leggermente la presa sulla produzione, costituiscono potenzialmente una combinazione di fattori molto positiva per i mercati finanziari. Questi aspetti rappresentano infatti il concretizzarsi di un’economia goldilocks che si traduce in un andamento molto positivo degli asset finanziari. Il coesistere di questi fattori racchiude inoltre in sé i catalizzatori atti a dare nuovo impulso alla crescita mondiale (dollaro, tassi di interesse e prezzi del petrolio più bassi), sulla scia del rallentamento economico statunitense che si sta delineando”.
La crisi è (forse) schivata, ma attenzione alla volatilità
Nonostante i segnali incoraggianti, il prossimo futuro non è privo di rischi. Seppure il debito di famiglie e imprese non stia dando segnali negativi, la fragilità del ceto medio statunitense rimane un elemento di preoccupazione. Posto il proseguimento della disinflazione, la capacità di mantenere livelli di consumo elevati sarà cruciale per evitare che un rallentamento economico si trasformi in una recessione più profonda. Inoltre, episodi di volatilità potrebbero ripresentarsi, soprattutto in un contesto di incertezza politica ed economica globale.
In conclusione
Il futuro prossimo, quindi, appare bilanciato tra speranze e rischi. La prospettiva di un’economia “goldilocks” è reale, ma per realizzarsi, sarà necessario un delicato equilibrio tra crescita economica, politica monetaria e sostenibilità dei consumi.